ATTUALITÀ
L'Arte muore: cronaca dell'agonia del Teatro Biondo
Il Teatro Biondo Stabile di Palermo non riesce a chiudere i bilanci. Dietro i cancelli dove sono barricati i dipendenti la situazione è sempre più dura e drammatica
Con fiducia smisurata nei confronti dell’arte, l’“Idiota” (di Dostoevskij,) sostiene che “La bellezza salverà il mondo“. Ci sarebbe da correggere le aspettative di tutti quanti, perché al momento la via della salvezza non prende in considerazione le strade che conducono alla cultura e al sapere, né a nessun’altra possibile declinazione della magnificenza.
I fatti oggi raccontano dell’agonia dei più maestosi simboli dell'antico splendore della città, a cui si aggiunge, giorno per giorno,la triste cronaca che ruota attorno alla Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana, al Teatro Massimo e al Teatro Biondo Stabile di Palermo: nessuno dei teatri riesce a chiudere i bilanci. Al turista, gonfio dei racconti su una Palermo settecentesca, meta per artisti ed intellettuali desiderosi d’arte e splendore, non resta che scattare una foto e girare i tacchi, o osservare perplesso gli striscioni che incorniciano gli ingressi del Teatro Biondo e che dichiarano definitivamente morta la cultura.
Oltre i cancelli, tanta amarezza per i 47 lavoratori da più di una settimana in Assemblea permanente con un presidio continuo. «Non riceviamo lo stipendio da tre mesi – spiega Lucia Spicuzza, Direttore di scena dello Stabile – e quasi tutti i dipendenti si trovano in una situazione di monoreddito, con un mutuo e una famiglia alle spalle». Inoltre ai 160 tra amministrativi e orchestrali della Foss è stato sottoposto un taglio della spesa di oltre due milioni di euro.
Dai tecnici ai datori luci, passando per le sartorie, negli ultimi anni tutti hanno stretto i denti, consapevoli delle direttive ministeriali e regionali che chiedevano sacrifici, imponendo rivisitazioni ai bilanci; tutti si sono dimostrati disponibili ad ogni tipo di straordinario per mantenere in vita lo Stabile, accettando anche il taglio di molte voci del salario. Ma adesso la situazione è disperata.
«È una tragedia. – dice Maurizio Rosso, Segretario generale della SLC- CGIL di Palermo – Mancano le risorse e i dati sono disarmanti: negli anni, il Teatro Biondo è passato da programmazioni da 13 milioni di euro a interi cartelloni artistici costruiti con 7 milioni. Adesso tutto è fermo, non è possibile approvare un bilancio e di conseguenza non si può programmare una nuova Stagione».
Cosa comporta tutto ciò? Se un cartellone artistico si programma solo due o tre mesi prima del suo avvio, ci si dovrà accontentare di compagnie scadenti. E tutto ciò va ovviamente a discapito del prestigio dei Teatri e della città. Dopo le dimissioni del direttore artistico Pietro Carriglio e del sovrintendente Ester Bonafede, le speranze sono tutte racchiuse in quel che deciderà l’Assemblea Soci – composta da Regione, Provincia, Comune e la rappresentanza della Fondazione Teatro Biondo – che potrebbe sbloccare finalmente i finanziamenti provenienti dalla Pubblica Amministrazione.
«Ma questo non basta, – continua Rosso - Come Cgil abbiamo proposto un’operazione di riorganizzazione del Teatro. Serve un tavolo tecnico e l'elaborazione di un programma credibile che coinvolga anche Confindustria e Confartigianato. Palermo è una delle poche città in cui non esistono bookshop all'interno degli Stabili, nè ristoranti all’interno dei teatri. Tra le più inconcepibili note dolenti c’è poi la chiusura dei Teatri palermitani proprio in estate, la stagione di maggiore affluenza turistica: una decisione che stride enormemente con il recente sostegno dell’Ars per la candidatura di Palermo a “Capitale europea della Cultura 2019”».
«Come può una città in cui muore il cine-teatro di prosa più importanti della sua storia, essere presa ad esempio per la promozione della cultura europea? Bisogna rielaborare un piano artistico di programmazione che richiami il pubblico, perchè dove c'è cultura c'è turismo». Negli ultimi sette-otto anni, il Teatro Biondo è tragicamente passato da 11 mila abbonati a soli 2 mila tesserati. Segno di un’allarmante disaffezione che incide pure nell’economia della città, dato che gran parte degli spettatori provengono da fuori.
Le proposte non mancano, e si fa spazio l’idea di una collaborazione attiva ed intelligente tra i tre teatri palermitani, specie sulle attività comuni, che possono fare abbattere i costi: i cori di un teatro potrebbero esibirsi in un altro e scambiarsi numerose prestazioni o scenografie. «Per troppo tempo le Fondazioni palermitane sono state abituate a pensare solo per la propria bottega», constata Maurizio Rosso.
Intanto tra i dipendenti incatenati ai cancelli di ingresso, mentre ci si prepara alle iniziative di protesta, tra concerti in strada e fiaccolate, lo spirito è quello di una composta rivoluzione “che non stia solo nei nuovi nomi a cui affidare la direzione”. In via Roma, sede del Biondo, le dimissioni di Pietro Carriglio, non sono ancora state prese in considerazione dal presidente del consiglio di amministrazione dello Stabile, Gianni Puglisi.
Eppure si pensa alle nuove nomine “per un semplice fatto di pluralità culturale”, dato che Carriglio è da quattordici anni alla testa del Biondo. Tra i nomi più ricorrenti, ritorna quello di Emma Dante, portavoce, qualche anno fa, di una petizione per la trasparenza nella gestione del teatro stabile di Palermo: «È assurdo che, in tutti questi anni in cui la carica del direttore del teatro stabile è diventata un vitalizio, caso unico in Europa, nessuno di noi si sia indignato per la malagestione del teatro della nostra città», così tuonava la regista palermitana. Da allora, lo scenario è diventato ancor più desolante, e gli spazi di bellezza da raccogliere sono ancora più sparuti: mai eredità culturale è stata così ingombrante e precaria allo stesso tempo.
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