SANITÀ
Zibibbo vs Corona: un tempo a Palermo non ci si poteva baciare, come ora in Vucciria
"Add'a passà a nuttata", come dicono a Napoli, ma intanto non c'è troppo da fare gli scaltri "alla palermitana", altrimenti finisce come a inizio Novecento con la "spagnola"
La Taverna Azzurra a Palermo
Guardavamo le immagini delle città chiuse, della gente in giro con la mascherina, abbiamo provato due minuti di compassione e poi: spallucce, scrollata di Facebook sul cellulare, e siamo stati distratti dai mille input.
In pochi giorni le cose sono cambiate radicalmente, i casi di Coronavirus in Italia sono aumentati e anche in Sicilia e a Palermo abbiamo avuto i primi contagi. È di pochissimi giorni fa l'infografica - esasperata - della CNN che fa apparire il problema tutto concentrato sull'Italia. Sembra che dal nostro paese parta e si dirami il virus per il resto del mondo.
Insomma, adesso non è più un problema della lontana Cina, adesso lo abbiamo dentro casa.
Non ci capitava di avere un problema simile dai primi del Novecento, quando scoppiò il caso dell'influenza spagnola, altrimenti conosciuta come la grande influenza o epidemia spagnola. Fu una pandemia influenzale, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo, la prima delle due pandemie che coinvolgono il virus dell'influenza H1N1.
Ad esempio, in Sicilia e a Palermo ci salutiamo con un bacio sulla guancia, quando eravamo piccoli era una specie di imposizione a casa dei parenti, "saluta la nonna", "saluta la zia". Quando mia madre mi faceva arrabbiare e sarei uscita volentieri da casa senza salutarla lei andava su tutte le furie: "Se ti succede o mi succede qualche cosa almeno rimaniamo salutate". Non so se è più inquietante mia madre o il Coronavirus, ma noi il bacetto e l'abbraccio ce l'abbiamo nel Dna.
Vaglielo a spiegare a mia madre che non ci possiamo baciare.
Purtroppo però arriva un momento in cui prendere le cose sotto gamba e "alla palermitana" non è più conveniente per nessuno, sdrammatizzare fa bene a tutti ma fottersene completamente non va assolutamente bene, nel rispetto degli altri, ma soprattutto per noi stessi. "Add'a passà a nuttata" dicono a Napoli, deve passare questo periodo di paura e di incertezza, e perché passi velocemente senza che crei troppi danni bisogna attenersi alle regole date dal ministero della salute e la protezione civile (ne abbiamo parlato qui), sono degli accorgimenti e se siete influenzati o raffreddati curatevi a casa.
Il Coronavirus ha frenato molte cose a Palermo come in altre città: le scuole chiuse, tutti gli eventi annullati, i monumenti chiusi, solo la movida pare immutata, in particolare quella della Vucciria, come se il virus non scendesse le scale della via Roma, o avesse paura del fumo delle stigghiola e delle balate bagnate.
Purtroppo non è così. Una foto, pubblicata sulla pagina Facebook Erasmus Palermo che ritrae proprio tantissimi giovani in taverna è finita nel mirino del noto virologo Roberto Burioni che su Twitter tuona: «Questo è il risultato della sottovalutazione, del "Non vi preoccupate è solo un'influenza", del "non ci fermiamo".
L'epidemia non si ferma da sola, dobbiamo fermarla noi». Secondo Burioni i provvedimenti anche drastici come la chiusura delle scuole sono "giustissimi". «Se non fermiamo questa epidemia - ha detto più volte - siamo nei guai». Da qui la disapprovazione, per usare un eufemismo, verso l'atteggiamento se non altro di poca preoccupazione mostrato soprattutto dai più giovani in città.
Non c'è da avere paura, ma solo da rispettare le regole e non eluderle perché dobbiamo fare a tutti i costi - e come al solito - gli scaltri, stiamo allerta per gli anziani, per chi è ammalato, per gli altri, ma ripeto, soprattutto per noi stessi. Mia nonna diceva sempre: "Nella vita le cose succedono una volta sola", quindi state attenti e non siate troppo fatalisti.
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