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Vuole sposarla, poi ci ripensa e lei lo uccide: una (brutta) storia nella Palermo del 1877

Per gli amanti del sacro misto al profano, ecco la storia di un delitto d'onore per mancato intervento delle "anime vaganti". I protagonisti sono Rosalia e Michelino

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 29 febbraio 2024

Monica Vitti in "La ragazza con la pistola" (1968)

A voi amanti del sacro misto al profano, vi racconto una storia, seguitemi man mano. Il fatto è questo: un delitto d'onore per mancato intervento delle "anime vaganti".

Che ci crediate oppure no, in passato le orazioni si facevano, ed erano ritenute cose serie. Ci si rivolgeva alle "comari", donne esperte del settore, ma quando il rito non funzionava, per vendicarsi si usavano le vecchie maniere.

E così, Rosalia Leone, ragazza di vent'anni appena, ammazzò Michelino Pagano con sei colpi di rivoltella il 12 maggio 1877.

Partiamo dall'inizio. Tre anni prima un cugino di Rosalia, Lorenzo, le rivelò il suo amore apertamente. Rosalia, e con lei la sua famiglia, acconsentì a sposarlo, ma non avendo egli un lavoro che garantisse loro un futuro sicuro, decise di imbarcarsi come cameriere presso i piroscafi della Compagnia di navigazione Trinacria di proprietà dei Florio.

Dopo due anni di navigazione, Lorenzo, ricevette una formale lettera dalla famiglia di Rosalia nella quale gli venne comunicato lo scioglimento della promessa di matrimonio in quanto Rosalia stava per ricevere l'anello nuziale da un professore di Palermo, un tale Michelino Pagano.
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Lasciamo un momento il povero Lorenzo da parte, per narrare dell'avvenuto infatuamento tra Rosalia e Michelino. Mentre Rosalia era la “semplice” figlia di un assistente sanitario, Michelino era figlio di un magistrato e lavorava come professore nelle scuole elementari dell'istituto di Sant'Anna presso la contrada di "Colonna rotta".

L'incontro tra i due amanti avvenne alla villeggiatura estiva nel "casino La Rosa". Da quel momento iniziò una corrispondenza amorosa, all'insaputa di Lorenzo. Entrambi usavano parole romantiche e mentre Michelino innalzava Rosalia come una donna angelo, questa lo spingeva sempre di più a fare il desiato passo: chiedere la mano della fanciulla.

Per pungolare maggiormente Michelino, Rosalia, inavvertitamente, confessò la rinuncia all'amore di Lorenzo per lui.

A questo punto Michelino tirò i remi in barca, cominciò a sospettare della sincerità di Rosalia, il suo sentimento puro andò scemando e cominciarono a nascere in lui sospetti di gelosia. Lorenzo nel frattempo disperato, cercò di correre ai ripari e ritornò in patria. Si presentò col cuore in mano davanti a Rosalia, quasi in lacrime le chiese di tornare con lui, ma questa, indefessa, non tornò sui suoi passi.

Come ultima speranza, Lorenzo, si rivolse dunque a Michelino, pestando sotto i suoi piedi l'orgoglio di amante tradito. In ginocchio scongiurò Michelino di lasciare libera Rosalia, poiché aveva fatto a lui una promessa di matrimonio.

Narrata tutta la vicenda, con freddezza Michelino liquidò Lorenzo dicendogli che se Rosalia l'avesse amato ancora sarebbe tornata da lui, se non l'aveva fatto egli non aveva colpa. Sconfitto, Lorenzo decise di abbandonare Palermo per sempre e s'imbarcò per terre sconfinate.

Nonostante la partenza di Lorenzo, i dubbi in Michelino lo arrovellavano tanto da vedere in ogni uomo vicino a Rosalia un possibile amante, persino in uomini di chiesa.

Rosalia vedendo svanire pian piano l'amore di Michelino tentò di riconquistarlo a suon di lettere. Ma nulla, Michelino era fermo nelle sue decisioni. Ed è ora che Rosalia chiede aiuto all'occulto.

«In affari di matrimonj secondo le volgari credenze, è Santo Antonino auspice e protettore competente, sempre che l'affare fosse semplice e di altro non si trattasse che di trovare uno sposo. In casi di amanti infedeli e casi simiglianti Santo Antonino è giudice “incompetente” e l'affare va rimandato a San Francesco di Paola, che armato siccome egli è del suo bastone, è supplicato a fare (di notte già s'intende) le vendette della divota che lo invoca nelle sue orazioni a piè dell'altare.

Ma quando la faccenda è brusca assai e ne va di mezzo l'onore, oppure l'affare tocca il difficile, allora San Francesco Di Paola, malgrado il suo nodoso bastone (parte del quale si trova nella sua cappella all'interno della chiesa di San Francesco di Paola a Palermo) declina ancor egli la sua competenza e occorre invocare un Collegio intero, non men che nove tra le anime vaganti fuori del Purgatorio che [...] aspettano la grazia di Dio, operando prodigi in favore dei miseri mortali, e specialmente in favore delle povere donne tradite.

Il Collegio dei nove, secondo codeste strane credenze del volgo, si compone di nove anime appartenenti in vita a nove corpi morti per morte violenta: tre impiccati, tre uccisi e tre annegati.

Il Collegio dei nove martiri è invocato regolarmente e periodicamente ciascheduna sera , e la divota che invoca, aspetta che il santo Collegio delle anime avesse ad investire l'amante e così fortemente batterlo da convertirlo e renderlo mansueto come un agnello, e devoto e sommesso ai voleri dell'amante tradita».

Ovviamente, non sortendo alcun effetto le invocazioni di Rosalia, ella pensò bene di passare alle maniere forti. Fece un ultimo tentativo pregando Michelino di crederle e di sposarla comunque, ma all'ulteriore rifiuto, Rosalia rivelò un altro particolare non da poco, aspettava un figlio, quindi se il matrimonio non poteva essere celebrato per amore, doveva avvenire per "riparazione".

Michelino, saputa la nuova, ancor di più si impuntò sulla propria posizione e non solo negò che il figlio potesse essere suo, ma accusò di tradimento Rosalia, la quale avvilita dalla situazione uccise Michelino sparando sei colpi di rivoltella dei quali quattro andarono a segno uccidendo colui che tanto aveva desiderato sposare proprio «nel vestibolo delle scuole elementari di Sant'Anna».

Al processo, Rosalia invocò il "diritto d'onore", ma le prove e le accuse a suo carico non supportarono la sua difesa. Lei insieme alla madre vennero condannate al carcere, mentre il povero nascituro quando nacque venne consegnato alla “ruota dei trovatelli”, chissà se mai il piccolino venne a conoscenza del dramma da cui ebbe origine.
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