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Vive al Nord ma va via per un futuro migliore: Francesca, arpista sicula in Olanda

Ora che è una studentessa del secondo anno magistrale di arpa presso il Royal Conservatory dell’Aia ha ora l’opportunità di affinare la sua arte. La storia

Jana Cardinale
Giornalista
  • 10 dicembre 2024

Francesca Campo

Francesca Campo, 23 anni, ha una storia che affonda le radici in Sicilia, una terra che pulsa di antiche melodie e leggende. Crescere su quest’isola le ha permesso di ascoltare, sin da bambina, il sussurro del mare e il richiamo di una cultura millenaria, facendole comprendere quanto profondamente questo legame abbia forgiato il suo essere.

È proprio da questo profondo senso di appartenenza che nasce il desiderio di esplorare come la musica, elemento fondante dell’anima siciliana, abbia accompagnato il popolo nel corso della storia.

Nata in provincia di Pavia, da genitori castelvetranesi poi emigrati per motivi di lavoro, è cresciuta a Verona, ma conosce il dialetto siciliano perché i suoi nonni, come tutta la sua famiglia, glielo hanno tramandato.

«Vivere in un piccolo paese piccolo del nord, da siciliana, non è stato semplice – dice -. C’erano delle forme di razzismo, non posso negarlo, ma la mia forza è sempre stata la musica, e l’amore per le mie origini, il ricordo delle estati al mare a Selinunte».
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Francesca ha iniziato a suonare l’arpa in quarta elementare, perché il suo istituto era collegato a una scuola media a indirizzo musicale. Poi è approdata al Conservatorio con un percorso molto lungo vissuto a Verona, dove è stata seguita da Nazarena Recchia, e infine a Torino ha conseguito la Laurea triennale in arpa.

Come ultima tappa è arrivata l’ammissione, nel 2023, al Master in Arpa all’Aia, nei Paesi Bassi, dove adesso vive, seguita da Ernestine Stoop e Sylvain Blasel.

«Con questo Master di ricerca ho trovato tanto materiale per l’arpa nel sud Italia che non era mai stato troppo approfondito, e sto lavorando per costruire un repertorio. Il mio sogno – dice - è continuare con questa ricerca, perché c’è tanto da fare.

Vorrei portare questo patrimonio culturale in Sicilia e farlo apprezzare dai siciliani, anche agli artisti italiani, far conoscere loro i compositori che hanno scritto musiche molto belle ma che non sono studiate nei conservatori, e mi piacerebbe anche far parte di un’orchestra stabile».

Ora che è una studentessa del secondo anno magistrale di arpa presso il Royal Conservatory dell’Aia, dove ha, appunto, l’opportunità di affinare la sua arte e di dare voce a una passione che da sempre la accompagna, non si limita comunque all’esecuzione musicale.

La sua tesi di laurea rappresenta un viaggio nella storia musicale tra il 1800 e il 1900, un periodo in cui l’Italia, e soprattutto il meridione, vivevano profonde trasformazioni.

La sua ricerca indaga il passaggio dal Regno delle Due Sicilie all’unione d’Italia, attraverso la lente della musica, per scoprire come essa sia stata non solo riflesso delle vicende storiche, ma anche un potente mezzo di espressione per il popolo.

«Mi piace immaginare la musica di quel tempo come un’eco che, rimbalzando tra le colline siciliane, raccoglieva i sentimenti di chi soffriva, sperava, sognava – dice -. Questo concetto di ‘eco del popolo’ è al centro del mio lavoro, e grazie all’arpa, strumento che ha la capacità unica di evocare la delicatezza dei sentimenti più profondi, voglio raccontare questa storia.

Il mio obiettivo è portare questa ricerca dal piano teorico a quello pratico attraverso un concerto, un evento che non sarà solo una performance, ma un vero e proprio viaggio musicale, capace di trasportare il pubblico in quel momento storico, in cui la musica fungeva da veicolo delle emozioni collettive.

Per realizzare questo sogno, ho immaginato un luogo suggestivo e carico di storia: il Parco Archeologico di Selinunte.

Ho già preso accordi con il direttore del sito e ho il suo sostegno per utilizzare questo magnifico scenario come palcoscenico del mio concerto, che si terrà il 28 dicembre. Desidero far risuonare forte il messaggio che desidero trasmettere: la musica, oggi come allora, è il filo conduttore che lega passato e presente, storia e popolo.

Sarà un onore, per me, collaborare con chi vorrà credere in questo progetto e renderlo possibile, affinché le note della mia arpa possano risuonare tra le antiche pietre di Selinunte, portando con sé l’eco di un popolo e la sua storia».

Francesca ha sempre avuto un forte legame con la sua terra e ne è stata appassionata alle tradizioni.

In un mondo in cui talvolta si cerca di distaccarsi da esse e di allontanarle, lei cerca la bellezza nel ricordo di ciò che ci è stato lasciato.

Non la appassiona la tradizione solo perché "si è sempre fatto così e quindi va bene", le piace ricercare e comprendere le origini di questi modi consueti di fare. La sua identità all'estero è quella di ‘una ragazza italiana’ o una ‘musicista italiana’, ma in Italia non è sempre stato così facile definirne l’identità. Il divario tra nord e sud è molto ampio.

Da ragazza nata al nord, ma con genitori, nonni e cugini al sud, si è sempre chiesta con quale cultura è davvero cresciuta, con quali tradizioni, se quelle del sud o quelle del nord… Ha sempre raccontato che quando si entra a casa sua si entra in Sicilia, perché i suoi genitori le hanno tramandato il dialetto meridionale, i sapori, la cucina.

«Devo una parte importante a mio nonno; penso che attraverso di lui, i suoi occhi, i suoi racconti, ho conosciuto la Sicilia. Quando mi veniva a trovare in quella casa fuori provincia di Verona mi raccontava dei suoi tempi, delle filastrocche in dialetto e delle canzoni che si cantavano tra i giovani.

Quando ad agosto poi andavo in Sicilia per godermi il mare, rivedevo i gesti, le espressioni e tutta quella terra attraverso il filtro di quei racconti. E quando mi sono trasferita in Olanda mi sono rivista nei miei genitori: cosa avevano fatto quando avevano 30 anni, ossia lasciare la propria terra, la Sicilia, per un futuro migliore».
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