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Vista mozzafiato su Palermo e antichi dolci: la torre del monastero di Santa Caterina

La torre è stata appena restaurata e rientra nella fruizione generale del complesso monumentale di Santa Caterina: lo storico monastero famoso per gli antichi dolci

Balarm
La redazione
  • 4 settembre 2019

La veranda della Chiesa di Santa Caterina (foto A. Ardizzone)

Si aggiunge un altro importante tassello a quello che è ormai diventato il museo del monastero di Santa Caterina d'Alessandria, così adesso oltre alla magnifica visuale sui tetti di Palermo che si può ammirare dai tetti del complesso monumentale che si trova ad angolo tra piazza Bellini e piazza Pretoria, al museo con tutti i suppellettili e gli ornamenti del museo di clausura e i superbi dolci che si producono seguendo le antiche ricette delle monache (leggi di più sulla storia dei dolci), adesso si può visitare anche un'antica torre annessa al complesso.

Ammontano a circa 100mila euro i finanziamenti messi a disposizione del Fec (Fondo edifici di culto), proprietario del monumento.

Soldi che arrivano direttamente dal ministero dell’Interno e così, grazie a questi interventi, i solai lignei, che erano ormai degradati, sono stati restaurati. A occuparsi dei lavori di consolidamento e messa in sicurezza è stata la Soprintendenza ai Beni culturali.
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Adesso la torre è pronta a far parte delle attività culturali che ormai da circa cinque anni si svolgono all'interno del monastero di Santa Caterina, uno dei conventi più importanti della città e storicamente abitato dalle religiose in arrivo da nobili famiglie.

Un po' di storia: il monumento nacque dopo il 1310 per volontà di Benedetta Mastrangelo, dama palermitana, vedova e senza figli, e della madre Palma Mastrangelo, sulle case che la famiglia possedeva sul Cassaro e che erano già state dell’ammiraglio di re Ruggero II, Giorgio d’Antiochia Nel XVII secolo il monastero era diventato per ricchezza ed estensione uno dei più prestigiosi.

Al suo interno si conservano opere affascinanti e d’interesse storico, come il portale trecentesco dell’aula del Capitolo o la fontana in marmo con la statua di San Domenico, creatura di Ignazio Marabitti.

Il convento era famoso per la sua produzione dolciaria e fino agli anni Ottanta del ventesimo secolo era possibile acquistare le paste delle monache attraverso una ruota di metallo, accedendo dall'ingresso di piazza Bellini. La vendita dei dolci fu per molto tempo l’unico mezzo di sostentamento delle religiose.

Le ultime tre domenicane, ormai anziane, hanno lasciato il complesso di Santa Caterina nel 2014, per trasferirsi nel convento di Santa Agnese, a Rieti. Il progetto della Soprintendenza, del Fec e della Diocesi ha trasformato il monastero in un vero e proprio museo, aperto al pubblico.

«La torre adesso potrà rientrare nella fruizione generale del complesso di Santa Caterina. È uno spazio recuperato e può diventare elemento di ampliamento per i luoghi dedicati alle attività culturali, che all'interno del convento si stanno programmando», spiega la soprintendente ai Beni culturali Lina Bellanca.

Come spiega Bellanca, «le deformazioni dei solai consentivano all’acqua di filtrare e quindi i vari piani sottostanti erano in pessime condizioni. Il lavoro di recupero è stato tutto concentrato sulla messa in sicurezza dei livelli di orizzontamento. Le travi sono state consolidate e abbiamo operato con la rimozione del pavimento per il rifacimento dell'impermeabilizzazione della terrazza di copertura. E poi le maestranze si sono occupate del rifacimento, della messa in sicurezza e del consolidamento di tutti i livelli di solaio».

I turisti però, per ammirarla dovranno ancora attendere: «L’idea finale è quella di aprirla ai visitatori - spiega la soprintendente Lina Bellanca - anche perché dalla terrazza c’è una vista piacevole».

«Ma ancora non è stato avviato questo percorso. Intanto è stata inserita la scala di collegamento verticale, per mettere in connessione tutti i livelli. I soldi a disposizione per i lavori sono stati appena sufficienti per avviare questo cantiere. In realtà ci vorrebbero altri finanziamenti per intervenire sulle rifiniture, come gli infissi».
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