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Venerò Donna Franca, scrisse per L'Ora: la storia (controversa) tra D'Annunzio e i Florio

Il poeta non era certo avaro di adulazioni per la "Regina di Palermo", alla quale chiese (e ottenne) perfino un talismano. Ma i rapporti poi si incrinarono

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 18 ottobre 2024

Ignazio e Franca Florio

Nella vasta bibliografia dedicata alla famiglia Florio è ben noto il buon rapporto che si era instaurato tra questa e il poeta Gabriele D'Annunzio. Ignazio Florio assoldò alla guida del giornale L'ora di Palermo, da lui fondato, l'editorialista Edoardo Scarfoglio, già co-fondatore de Il Mattino di Napoli e altri giornali.

Il quotidiano palermitano fu fondato per tutelare dalla "cattiva informazione" il buon nome della famiglia Florio nonché il suo enorme patrimonio economico e industriale.

In virtù della passata collaborazione con Scarfoglio, anche per il giornale L'ora si prodigò la penna più famosa del momento, appunto Gabriele D'Annunzio.

Ospitato varie volte nel capoluogo siciliano proprio dai Florio, nacque inevitabilmente una buona amicizia.

Sul finire dell'Ottocento, Ignazio Florio, a causa della malattia della piccola Giovanna, affetta da una grave infezione polmonare, e su consiglio del medico Vincenzo Cervello, sente l'esigenza di realizzare a Palermo «un centro internazionale di talassoterapia, utile per le necessarie cure da apprestare a coloro che erano affetti dallo stesso male della piccola Giovanna».
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Con questo pretesto fu costruita Villa Igiea, inizialmente pensata come luogo di cura e di riposo. Il nome della villa non è casuale. Igiea è infatti la "salutis dea", la dea della salute, figlia del medico Asclepio.

Ma Ignazio Florio, consapevole che si trattasse di un personaggio della mitologia greca, ebbe dei dubbi sulla corretta ortografia del nome, sicché data la novella amicizia nata con D'Annunzio, chiese ad egli un parere che il vate non gli negò.

È difatti del 13 giugno 1899 una lettera che da Settignano, ove si trovava, il poeta inviò all'amico in risposta alla sua richiesta d'ausilio linguistico.

«Mio caro signore, ieri per caso mi venne sott'occhio l'inno orfico a Hygieia e ripensai alla domanda che ella fece intorno l'ortografia esatto di questo nome trasposto nella nostra lingua. Si rassicuri e non muti nulla. Il nome sta benissimo nella forma che ella ha già fatto incidere durevolmente: "Igiea"; la quale accosta alla forma originale molto più che non l'altra - "Igea". Le forme latine sono Hygea, Hygia. Dal greco ùylervos (hygieinos) derivano le parole italiane igiene, igienico, le quali appunto conservano il "gie".

Non muti dunque nulla nelle incisioni. Spero che questa lettere giunga in tempo. [...] Che la dea figlia di Asclepio sia sempre benigna a Lei, a Donna Franca, e a tutti i suoi cari. Spero di rivederla presto. Le stringo la mano cordialmente. Ave Gabriele D'Annuzio».

Oltre all'amicizia, è risaputa anche la venerazione di Gabriele D'Annunzio nei confronti della "regina di Palermo", Donna Franca Florio. Il poeta non era certo avaro di adulazioni per la più famosa dama della Belle Epoque e, scaramantico com'era, teneva in altissima considerazione la sua influenza esoterica, quasi che Donna Franca avesse veramente dei poteri occulti.

Ciò lo si evince da una richiesta che il vate avanza in occasione della "prima" della Francesca da Rimini, andata in scena al teatro Costanzi di Roma. La tragedia, scritta dallo stesso D'Annuzio, ha come argomento la vicenda di Paolo e Francesca, i due amanti resi celebri da Dante nel V canto dell'Inferno.

D'annunzio inviò in dono un ventaglio con incisa una frase a Franca Florio e, insieme a questo, una lettera autografa datata dicembre 1901 ove si legge: «Gentilissima Donna Franca eccoLe finalmente il ventaglio con alcune delle parole che Le rimasero nell'anima. Umile omaggio a una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino. Le mando anche il palco. Non m'è riuscito di trovarne uno più vicino al proscenio. Attendo il talismano infallibile e chiedo la gioia di rivederLa. Gabriele D'Annunzio».

Da come si legge, è curioso il fatto che D'Annuzio ritenesse Donna Franca davvero una dea e le chiede un pegno per la sua devozione, una sorta di protezione dalla nefasta imprevedibilità del caso, cioè della vita.

Temeva che le cose a teatro non gli andassero per il verso giusto. Infatti, il poeta chiede in cambio della sua venerazione un talismano, e Donna Franca non glielo negherà.

Ciò è riscontrabile da un successivo telegramma in cui D'annuzio replica la richiesta, desidera ancora un altro dono avendone già beneficiato una prima volta. Così riferisce a Donna Franca: «Ho sempre il grano di corallo. Ne domando un altro per domani sera. G. D'A».

L'amicizia tra i Florio e D'annunzio si incrinò quando, ormai risaputa la relazione extraconiugale tra Ignazio Florio e Lina Cavalieri, Donna Franca, essendosi stancata della mancanza di rispetto perfino pubblica del marito, organizzò una claque al teatro Massimo di Palermo durante la messa in scena della Bohème.

Fischi e urla investirono pesantemente "la donna più bella del mondo" che fu costretta a fuggire via dalla città.

Apparentemente passato il "rumore" dei salotti, Ignazio volle rivedere Lina Cavalieri in una villa che aveva comprato per lei in Toscana, a Firenze, ma seppe da una governante che l'attrice si era momentaneamente rifugiata alla "capponcina", la villa residenziale di Gabriele D'Annunzio.

(Per approfondimenti confronta Palermo Fin de siecle di Pietro Nicolosi; Sulle Orme dei Florio di Gaetano Corselli d'ondes e Paola D'Amore Lo Bue; D'Annuzio in Sicilia di Franco Pasquale; Archivi di famiglia: un omaggio a Palermo di Carlo Verga)
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