ITINERARI E LUOGHI
Una casetta sperduta tra i sentieri: quel luogo suggestivo nei boschi in Sicilia
Esiste un paesaggio abitato sin dall'antichità e in un punto sembra quasi di essere nella casa di un noto cartone animato: vi portiamo in un luogo mozzafiato in Sicilia
Alle "idi di marzo" con il gruppo Valli Basiliane siamo giunti a Pellegrino frazione di Monforte San Giorgio comune tirrenico a 30 chilometri da Messina.
È questo un luogo di pellegrinaggio dal momento che c'è un famoso santuario e non potevamo mancare proprio noi che siamo sempre piedi piedi.
Questa è comunque una zona che è stata abitata fin dall’antichità, i primi insediamenti risalgono all’età del bronzo, ma adesso che molte coltivazioni non risultano più redditizie anche qui si assiste a un vistoso spopolamento, tanto che interi caseggiati sono vuoti.
Proprio nel punto in cui abbiamo iniziato l’escursione, appena più giù della sterrata, abbiamo notato un intero rione con le casette dai tetti rossi immerso nel completo silenzio e nell’oblio.
Dopo un paio di chilometri in cui la montagna che ci sovrastava e ci impediva di vedere oltre, siamo giunti in un luogo più aperto dove abbiamo visto un paesaggio dal territorio accidentato, i rilievi pur poco elevati (montaruozzi in siciliano) erano intervallati da pareti scoscese.
Ciò perché gli strati superiori di argilla (terra vera e propria) poggiano su altri di rocce arenarie. Più accentuate sono le pendenze e più velocemente con le piogge scivolano giù.
Perciò avevamo questi versanti “double face”: rocciosi in alto, terrosi in basso.
Anche il paesaggio che scorgevamo sui monti un po’ più in lontananza era tutt’altro che uniforme ma aveva delle curvature a schiena d’asino e delle gibbosità che ricordavano le gobbe dei cammelli.
Su uno sperone roccioso abbiamo fatto il percorso in discesa del sentiero Sant'Anna transennato con delle staccionate in legno ormai ingrigite perché vetuste ma fondamentali per la sicurezza.
Percorso suggestivo, camminavamo in mezzo a delle siepi di erica in candida fioritura. Lasciato questo sentiero ne abbiamo intrapreso un altro simile in salita, ma con una denominazione più consona alla sua principale pertinenza: "il sentiero delle capre".
Dopo siamo giunti in un luogo più aperto dove non abbiamo potuto non ammirare un sito grandioso e di una sua nuda ma arcana bellezza, un’alta parete di pietra arenaria color vinaccia splendente sotto i raggi solari con in basso al suo interno delle grotte scavate come delle stanze.
Sul davanti altre costruzioni autonome, i resti di alcune colonne e un possente muro in pietra. È questo il monastero di contrada Maurici di origine bizantina dove i monaci si erano rifugiati e l’avevano eletto come luogo di culto ma anche come fortezza.
Al di là, prima dello stretto solco del torrente Bagheria che abbiamo attraversato in equilibrio su dei massi, c’erano dei poderosi monoliti evidentemente staccatisi dalla parete.
Più avanti il paesaggio cambiava completamente, lasciava le asperità per assumere le sembianze di un ampio, morbido prato di tenera erbetta.
Questa era talmente bassa e regolare da sembrare tagliata col tosaerbe, ma non vedevamo balle di fieno nei dintorni, abbiamo invece visto una mandria di bovini che invece coscienziosamente e diligentemente l’avevano ripulito.
Lasciato l’altopiano dell’Inadà ci siamo diretti più in alto dove non c’erano più prati, ma delle basse siepi.
Abbiamo continuato l’ascesa su dei sentieri rocciosi in cui la vegetazione era via via più stentata ed assomigliava a quei ciuffi arbustivi che si vedono nei deserti.
Ciò avveniva non per la siccità, ma perché non c’era più terra perché questa completamente dilavata dalle piogge se n’era andata tutta a valle.
Non c’era più alcuna traccia di sentiero, ci stavamo dirigendo verso monte Vuoto camminando su versanti di nuda pietra completamente levigata fino ad assumere delle forme rotondeggianti a uovo, uno spettacolo per certi versi buffo come se fossimo nella casa dei Puffi.
Procedendo con la dovuta cautela perché non essendoci alcuna vegetazione non c’erano appigli a cui trattenersi, siamo giunti al culmine di una cupola simile a quella delle moschee, una cupolona più grande l’abbiamo ammirata dal basso perché non c’erano le condizioni per salirci in sicurezza.
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