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Un viaggio in Sicilia nelle Terre del Mito: si va fra castelli, faraglioni e un mare da favola

Un tour pazzesco tra luoghi che hanno fatto da sfondo a capolavori della letteratura, acque cristalline, paesaggi mozzafiato e golose specialità culinarie

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 8 agosto 2024

Rocca di Aci Castello

Aci può sembrare un “prefisso” un elemento che precede la parola base, ma dietro queste 3 lettere c’è un mito quello di Aci e Galatea. In Sicilia di Comuni che questo prefisso ce ne sono 9 da Acireale Aci Castello, Aci Trezza, Aci Catena, Aci San Filippo ecc. Tutti intorno a Catania, tutti accomunati dalla storia riportata da Ovidio nelle "Metamorfosi", dove racconta l’amore Tra Aci e Galatea, distrutto dalla furia di un mostro, Il Ciclope Polifemo che innamorato della ninfa, uccise Aci tirandogli dei massi.

Come in tutti i miti, la storia non finisce qui la ninfa trasformò il sangue di Aci in un fiume, oggi scomparso e dallo smembramento del corpo in nove parti naceranno i 9 comuni. Sul terzo personaggio di questo Idillio infranto, il Ciclope, avremo modo poi di parlare.

Sono ad Aci Castello in un lungomare mozzafiato su un mare cristallino interrotto dalla piazzetta da cui si accede al meraviglioso Castello Normanno in pietra lavica. Scuro si protende nel mare, dove i minerali riflettono i raggi del sole accendendosi in particelle di luce.
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Costruito su un piccolo promontorio di pietra basaltica, costituitosi da diverse colate laviche sottomarine emerse, originariamente era un isolotto posto a guardia del territorio. Il lavoro incessante delle eruzioni l’ha poi collegato alla terra ferma dandogli quest’aspetto strepitoso.

La prima fortezza fu costruita dai bizantini, probabilmente riutilizzando una fortificazione Romana con l’arrivo dei Mussulmani, fu distrutta da un Califfo per poi essere ricostruita, appena qualche anno dopo, da un altro.

Con l’arrivo dei Normanni su questa fortezza fu edificato il Castello.

Con Guiscardo e Ruggero che segnano l’inizio del feudalesimo, il Castello e il territorio fu concesso al Vescovo di Catania. Il geografo Al-Idrisi nel Libro di Ruggero lo ricorderà come un territorio di alto valore strategico. Da qui passeranno nel 1126, le reliquie di Sant’Agata portate da due cavalieri. Fu oggetto di contesa tra vari “ospiti” dell’Isola, passando di mano tra discendenti e nuovi proprietari.

Il Castello oggi bene del Comune ha all’interno ha un bel museo diviso in mineralogia, paleontologia e archeologia. Visitarlo consente inoltre di raggiungere l’apice da cui osservare un panorama incredibile, ammirando l’area marina protetta “Isole dei Ciclopi” che comprende i famosi faraglioni di Aci Trezza, l’isola di Lachea le punte di Aguzza e Capo Mulini.

Sedersi appoggiata alla pietra lavica nella parte bassa con gli immancabili lucchetti sul parapetto, all’ombra del maniero, si può godere della brezza del mare lasciandosi avvolgere dalla magia del posto, trasportati dall’infrangersi del mare sulle rocce.

Qui non si può fare a meno di gustare il pesce spada declinato in tutte le sue portate dalla parmigiana, alla caponata, dalla pasta al secondo se non fosse che qui è nato il gelato e la granita, entrati in questo "trip" di piacere, potrebbe essere accettabile anche un gelato a questo gusto.

Da qui racconta la tradizione che partì Francesco Procopio dei Coltelli per la Francia. Benché sia contesa la nascita tra Palermo e Aci Trezza, è possibile che sia vissuto nel borgo marinaro, frazione di Aci Castello, dove grazie alla neve dell’Etna avrebbe inventato il Gelato.

Comunque sia andata impossibile resistere a gelati e granite, quella di gelsi per me pura poesia, come il mito poetico che racconta la frazione di Aci Trezza , legata al terzo personaggio della storia tra Aci e Galatea: il terribile gigante da un occhio solo, il Ciclope Polifemo.

È un personaggio primitivo mostruoso senza alcuna forma di civilizzazione e moralità, ripetitivo e prevedibile, nonostante la forza bruta e dopo aver divorato ben 6 compagni di Ulisse, sarà raggirato dall’astuzia di Ulisse, come racconta Omero nel IX canto dell’Odissea: bestialità contro Intelligenza.

La Sicilia nel poema è, una terra straordinaria ricca e abbondante, affascinante e incontaminata, quindi piena d’insidie. Un'Isola dove i ciclopi vedono crescere grappoli d’uva, ma non sanno che farsene, non conoscendo il vino e neanche l’uso della spiga per ricavarne pane. Elementi che rappresentano un passaggio importante di civilizzazione.

Polifemo dopo essere stato ubriacato e accecato da Ulisse, lancerà contro l’eroe dei massi che diventeranno gli incredibili faraglioni di Aci Trezza. Qui il mito diventa quasi reale con quei sassi lanciati dall’ira di un mostro ferito nell’orgoglio e nella carne, tutto mentre bagnanti gli nuotano intorno.

Mi sono fatta cullare da ricordi scolastici legati al mito, ma non passo dimenticare che qui fu ambientato uno dei capolavori della Letteratura Italiana: “I Malavoglia” di Verga. La sfortunata famiglia di pescatori che cercherà di ribellarsi a un destino segnato, andando incontro alla rovina.

I vinti dice Verga non hanno alcuna possibilità e capacità di mutare la loro condizione come un’ostrica che soltanto restando al suo scoglio potrà sopravvivere, staccarsi dal suo destino la metterà a rischio di predatori e tempeste. Una metafora Verghiana che vuole che solo rimanendo legati alla propria vita e tradizioni si può sopravvivere.

Ad Aci Trezza è stata immaginata “la Casa del Nespolo” dei Malavoglia, che ci riporta al XIX secolo, dove è ambientata la vicenda. Nelle stanze, vi sono fotografie del Film di Visconti “ la Terra Trema”, testimonianze dei pescatori Trezzoti, utensili, foto scattate personalmente da Giovanni Verga e una raccolta di lettere.

Mentre mi attardo guardando il Castello e i sassi lanciati dal Ciclope, mi torna in mente lo storico Timeo, il quale raccontò che Galatea tornò da Polifemo, dalla loro relazione nacque Galas (ritenuto il capostipite dei feroci Galli), come a dire che in amore le donne sono mutevoli e che l’amore è proprio “ceco”.

Il viaggio continua.
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