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Un tesoro antichissimo scoperto in Sicilia: riportato alla luce un villaggio romano

Qui, immersi nel paesaggio siciliano, i signori vivevano nel lusso, circondati da bellezze architettoniche e artistiche, ma anche vicini alle loro fiorenti terre

Erika Diliberto
Giornalista
  • 22 ottobre 2024

Immagine dall'alto del villaggio romano ritrovato in Sicilia

La Sicilia, crocevia di grandi civiltà e punto strategico del Mediterraneo, è un vero e proprio scrigno di tesori archeologici, molti dei quali, in buona parte, ancora sepolti sotto le sue fertili terre.

L’Isola ha visto il passaggio di numerose culture - dai Sicani e Siculi agli antichi Greci, dai Fenici ai Romani, fino ai Bizantini e agli Arabi – ciascuna delle quali ha lasciato tracce indelebili del proprio passaggio.

Ed è di questi ultimi giorni la notizia su di una sensazionale scoperta nei pressi del Comune di Vizzini, nel catanese. Un’importante campagna di scavi, portata avanti dagli archeologi dell’Università di Gottinga, ha riportato, infatti, alla luce del sole, i resti di una spettacolare domus romana con tanto di pavimentazione a mosaico risalente al II – IV secolo d.C. Secondo quanto emerso, la costruzione era ubicata a quasi 500 metri sul livello del mare, sulla punta sud-orientale della Sicilia, ed era inserita all'interno di un contesto ben più ampio: un intero villaggio romano.
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A darne notizia sono stati gli addetti ai lavori, che, durante il corso di una conferenza presso l’aula consiliare del Comune di Vizzini, hanno reso pubblici quelli che sono i risultati fino ad adesso ottenuti nel contesto del territorio sopracitato.

Gli scavi, ancora in corso d’opera, sono stati resi possibili grazie ad una importante collaborazione tecnico-scientifica tra il Comune di Vizzini, l’Università George-August di Gottinga, in Germania, e la Soprintendenza dei BB.CC.AA. della città di Catania.

La campagna archeologica, ratificata il 16 novembre del 2021 nella Convenzione di Gottinga ha dato il via ad una serie mirata di scavi da compiersi e completarsi nell'arco di tempo che va dal 2021 fino al 2026.

I primi riscontri, circa l’eventualità di strutture sotto-esistenti, si sono avuti grazie ad una serie di lunghe passeggiate sul territorio, così definite dall’archeologo Johannes Bergemann, durante il corso delle quali, gli addetti ai lavori, hanno avuto modo di individuare siti già conosciuti ma mai attenzionati e oggetto di scavi in precedenza e siti in parte scavati.

Alle indagini dei luoghi prescelti è seguita poi, nel 2023 una vera e propria indagine geofisica che ha subito rilevato delle particolari anomalie nel campo geomagnetico della terra e sono state così create delle immagini dettagliate del sottosuolo senza dover necessariamente scavare materialmente.

Le "passeggiate", le indagini col radar poi, hanno condotto i ricercatori ad un vero e proprio scrigno di tesori, un edificio la cui superficie complessiva è all'incirca di 400 metri quadri.

La struttura si colloca all'interno di quello che è un complesso sistema abitativo comprendente diversi altri edifici di differenti dimensioni, che si estendono su di un territorio ampio ben più di 9 ettari. Particolare attenzione, questa estate, è stata data ai lavori che pian piano hanno riportato alla luce una Villa romana databile II/IV sec, d.C.

Di questa sono stati individuati diversi ambienti, all'interno dei quali sono stati rinvenuti frammenti appartenenti a pregiate ceramiche, vasche e colonne e quel che rimane di un pavimento a mosaico che lasciano più che ipotizzare che l’insediamento era caratterizzato da un’alta cultura abitativa, dove con tutta probabilità vi dimoravano delle persone appartenenti ad un alto ceto sociale.

Il professore Bergemann, durante il corso della conferenza, tenutasi pochi giorni fa, ha sottolineato circa l’esistenza di similitudini tra i resti di ceramiche rinvenute a Vizzini e quelle appartenenti alle costruzioni della famosa e tristemente nota Pompei. Questa scoperta offre un raro sguardo sulla vita quotidiana in una zona periferica rispetto ai principali centri urbani dell’Impero Romano.

Il villaggio sembra essere stato un insediamento agricolo o una piccola comunità rurale legata alla produzione agricola, e rappresenta un esempio significativo di come si svolgeva la vita in una regione remota dell’Impero.

Il rinvenimento del sito romano a Vizzini rappresenta una straordinaria testimonianza del passato della Sicilia e della sua integrazione nell'economia e nella cultura dell’Impero Romano.

Questa scoperta non solo arricchisce il patrimonio archeologico dell’isola, ma offre anche nuove prospettive per lo studio delle dinamiche socio- economiche e della vita quotidiana nelle aree rurali durante il periodo imperiale.

La villa, risalente probabilmente al I e al III secolo d.C., è un esempio emblematico di quella che era la vita nell'antica Roma, anche in una provincia lontana dai fasti di Roma stessa. Qui, immersi nel paesaggio siciliano, i signori della villa vivevano nel lusso, circondati da bellezze architettoniche e artistiche, ma anche vicini alle terre che garantivano loro ricchezza e prosperità.

“In loco, tra il II e il IV secolo d.C. circa, vivevano persone di ceto elevato: c’erano colonne fatte di mattoni rotondi, ricoperte di stucco e ben dipinte, simili a quelle di Pompei”, dice Bergemann.

"Abbiamo trovato resti di fontane con vasche di marmo e ceramiche romane di lusso. Le città greche stanziate sull'isola vennero sostituite nei secoli a seguire in epoca romana da un nuovo sistema abitativo fatto da grandi insediamenti rurali e “ville”, ovvero strutture di produzione agricola romana, in grado di generare grandi rendite.

Bergemann è propenso ad affermare che: “Questo nuovo sistema insediativo, collegato all'interno tramite arterie stradali, esistette solo per pochi secoli.La casa che abbiamo scoperto nei pressi di Vizzini è un’importante testimonianza di quest’epoca".

Durante il corso del convegno ha preso parola anche la dottoressa Rebecca Klung e in ultimo il dott. Giuseppe Moschella, della R.E.S.CO. Engineering s.r.l, i quali hanno illustrato ai presenti l’importanza delle ricerche geofisiche in ambito archeologico, grazie alle quali è possibile effettuare degli scavi senza necessariamente dover scavare materialmente e violare inutilmente così il territorio.

Coi georadar, infatti, è oggi possibile ottenere delle immagini aeree con infrarossi e tecniche simili, individuando così l’area di interesse nello specifico, e permettendo inoltre agli addetti ai lavori di stilare delle mappe precise e dettagliate che trovano poi riscontro e conferma negli scavi effettivi.

Immaginare come, secoli fa, questa villa fosse piena di vita, con schiavi, lavoratori e aristocratici intenti nelle loro attività quotidiane, aggiunge un tocco di fascino a una scoperta già di per sé eccezionale. Il profumo del pane appena sfornato, i rumori delle attività agricole e il vociare dei banchetti sembrano quasi risuonare ancora tra quelle mura silenziose.

Il rinvenimento della villa romana nei pressi di Vizzini è molto più di una scoperta archeologica: è una finestra aperta sul passato, che ci permette di comprendere meglio la complessità e la raffinatezza della civiltà romana in Sicilia. In ogni mosaico, in ogni frammento di affresco, possiamo ritrovare tracce di un’epoca lontana, ma che ancora oggi sa parlare al nostro immaginario, affascinandoci con la sua bellezza e il suo mistero.

E chissà quanti altri siti di interesse storico attendono pazienti e silenziosi in questa nostra isola, magari nell'entroterra, di ritornare ad avere una voce. Una voce che sappia raccontarci di un passato più che glorioso.

Un passato che potrebbe riemerge proprio dal territorio nisseno e nella fattispecie da Milena, dove, negli anni a cavallo tra il 1978 e il 1993 il professore e archeologo Vincenzo La Rosa dell’Università di Catania, fu a capo di un importante campagna di scavi archeologici che riportò alla luce, seppur brevemente, quel che doveva essere un antico casale romano.

Ciò che emerse dal terreno sottostante, in Contrada Amorella, venne, purtroppo, ricoperto nuovamente per mancanza di fondi. A testimonianza di ciò venne rivenuta, oltre a ceramiche, tegole, vetri e diversi oggetti metallici, una tavoletta sulfurea, testimonianza certa dell’estrazione di zolfo nei dintorni di Milena, un tempo territorio di Sutera.

L’importante reperto, oggi conservato all’interno del Museo comunale, arreca il nome del “liberto imperiale” M.Aurelio Commodiano. Ma questa è un’altra storia!
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