TRADIZIONI
Un'antica ricetta racconta l'astuzia di una palermitana: il delizioso cacio all'argentiera
La storia della nascita di questo piatto è legata ad una famiglia di argentieri e alle doti culinarie della capostipite che fece "schiattare" di invidia le vicine per anni
Il cacio all'argentiera
Lo scrittore Gaetano Basile raccontò la storia del "Cacio all'argentiera" in un'intervista: «Gli argentieri erano considerati ricchissimi, perchè lavoravano oro e argento, in realtà erano poverissimi perchè era il committente a fornire la materia prima, poi si doveva consegnare il lavoro finito, più i ritagli e le limature».
«Il tizio veniva pagato solo per l’opera. Però all’occhio di tutto il vicinato erano ricchi. L’unica cosa che li distingueva dal popolo minuto era che questi avevano sempre il luce addrumato (ndr: il fuoco acceso), perchè il fuoco serviva per lavorare, mentre gli altri non se lo potevano permettere».
«Si mette una fetta di caciocavallo un filo parsimonioso d’olio, un pochino di aglio, origano e due gocce d’aceto, ora che cosa succede, che l’odore che sprigiona è identico a quello del coniglio alla cacciatora, per cui tutte le vicine, pensavano che l’argentiera cucinasse coniglio, invece era solo formaggio, da qui nacque il cacio all’argentiera».
La ricetta: tagliare il caciocavallo semistagionato a fette di un certo spessore (circa 1 cm, sicuramente non meno) e posizionarlo in una terrina con uno spicchio d'aglio, olio extravergine d'oliva, una spruzzata di aceto e spolverizzare con l’origano e metterlo in forno a 180 gradi per circa dieci minuti. Il nostro profumatissimo e stuzzicante cacio all’argentiera è pronto: servire caldissimo.
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