MISTERI E LEGGENDE
Un'anima irrequieta che infesta le stanze: è il "fantasma del turco" che vaga a Palermo
In alcuni casi la presenza dei fantasmi è accennata sotto forma di apparizioni fugaci e lamenti prolungati. Pare sia questo il caso del fantasma di cui vi sveliamo la storia
Palazzo del Castillo di Sant'Isidoro a Palermo
A pronunciarle, queste parole, quasi in tono sommesso, è Rosario La Duca, uno dei più grandi conoscitori della storia – anche segreta – di Palermo. Tra le altre cose, a lui si deve la vicenda misteriosa di un fantasma che aleggia dentro un vecchio palazzo nobiliare, senza pace. Ma andiamo con ordine.
Siamo tra via sant'Isidoro alla Guilla e via del Celso - che alla loro intersezione formano un piccolo slargo -, in un palazzotto che ha mantenuto il suo bellissimo portone monumentale, ed è proprio lì che ha dimora “il Turco”.
Il suo nome non deve trarre in inganno, perché non si tratta realmente di un uomo originario della Turchia, quanto piuttosto di un riferimento – per certi aspetti ancora presente in un remoto immaginario palermitano – che riguardava anticamente i non battezzati, gli uomini di colore e i musulmani.
Il Turco sarebbe stato portato prigioniero da don Juan de Austria – condottiero e diplomatico spagnolo – nel 1573 e tenuto lì fino alla sua morte, seppellito in una parte del palazzo andata distrutta dai bombardamenti del 1943. Trascorsi i secoli e mutata la storia, il re non ha tuttavia trovato pace finendo per vagare – secondo la leggenda popolare – per quelle stanze, infestando con la sua anima irrequieta le sorti stesse di un continuo presente.
Se in taluni casi i fantasmi sono oggetto di manifestazioni circostanziate e di testimonianze che si dicono certe, in altri la loro presenza è appena accennata, al più riferita indirettamente, sotto forma di una sommaria tassonomia fatta di apparizioni fugaci e di prolungati lamenti.
Pare sia questo il caso del “turco”, al di là delle cronache storiche che lo stesso La Duca riferisce sulla fonte dei resoconti di due cronisti palermitani dell’epoca, Filippo Paruta e Niccolò Palmerino, che riferiscono che il 9 ottobre 1573 veniva portato come prigioniero di guerra il re di Tunisi Mulè Amida, figlio di Muley Assan.
I termini di questa reclusione erano tuttavia assai curiosi, dacché il re viveva con la sua famiglia godendo della massima libertà, fra banchetti e cene, al punto che la sua morte improvvisa avvenne dopo due anni ma non dentro una cella bensì a Termini Imerese, dove fu imbalsamato e seppellito – fuori le mura della città – per poi essere trasferito a Tunisi, passando per Palermo, e infine tumulato nel sepolcro reale.
Se ciò fosse vero, e non esiste alcun motivo per non ritenerlo tale, a chi apparterrebbe l’anima del fantasma del Turco del palazzotto signorile di via Isidoro La Lumia? L’ipotesi più probabile è che sia il figlio di Mulé Amida, di nome Ajajà, che si era recato a Palermo per recuperare le cose del padre.
Per una strana ironia della storia, Ajajà non era nemmeno un “turco”, giacché si era convertito al cristianesimo, e, secondo quanto riporta Gaspare Palermo nella sua “Guida istruttiva per Palermo e suoi dintorni” del 1816, dopo la morte fu seppellito nelle Catacombe dei Cappuccini con il teschio coronato dal serto regale, «dentro magnifici bauli, e casse foderate di drappi, ed ornate di frange d’oro, e di argento, si racchiudono i cadaveri di diversi nobili, e titolati […] e di più vicino la finestra, che allo scendere resta a destra, vedesi il teschio fregiato di corona reale di Ajajà figlio di Amida re di Tunisi, che volendo abbandonare il maumettanismo venne a Palermo, ed abbracciò la religione Cristiana, assumendo nel Battesimo il nome di Filippo d’Austria e morì in questa capitale a 20 settembre 1622», laddove però non si trovano più le ossa del tunisino.
Il fantasma dovrebbe aggirarsi proprio da queste parti, e però è improbabile, cioè verosimile che ci sia ma infattibile che la sua presenza si scorga fra quella di decine d’altri in questi corridoi umidi e imperscrutabili, allegorie di una Palermo oscura e sotterranea.
O invece sarà proprio nel Palazzo De Cordoba, trasferito da quella parte di casa, sul giardino, che oggi non esiste più, caritando un recesso di pace, custode sgradito alla soglia di una porta che nessuno apre, e nutrendo di leggenda il cuore nobile e straccione di Palermo.
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