ITINERARI E LUOGHI
Tra la storia e il mare di Sicilia: un sentiero panoramico tra centinaia di gigli marini
Un posto che rimane impresso nella mente. Bisogna attraversare tutta la spiaggia per raggiungere, con un breve viottolo, la recinzione del sito archeologico
La spiaggia della Pizzuta (Foto di Carmelo Sgandurra)
Poi, d’un tratto, come se un muro invisibile avesse fermato la loro avanzata, il cemento e l’asfalto lasciano il posto alla natura che torna a regnare sovrana.
Una collina separa il cuore pulsante del turismo balneare netino da uno dei pochi tratti di costa siciliana ancora integri dove poter apprezzare la bellezza rassicurante del nostro paesaggio: siamo nella località di Eloro.
Per raggiungerla conviene parcheggiare in corrispondenza dell’ultimo grande albergo e imboccare il viottolo, inizialmente nascosto tra i canneti, in direzione del mare. Sulla scogliera cresce tenace la tipica vegetazione ad arbusti della macchia mediterranea.
Vicino al mare, spruzzati dall’acqua salata delle mareggiate, troviamo il finocchio di mare, la salicornia, il timo, e la palma nana.
Se ne trovano anche sul mare e qualche villeggiante che non ama la sabbia le adibisce a solarium. Qui vennero estratti i blocchi per la costruzione delle mura di Eloro, meta della nostra passeggiata.
Sul sentiero risaltano, dove l’usura del tempo non li ha cancellati, dei lunghi solchi paralleli. Sono le carraie provenienti dal sito di Eloro, binari incassati nella roccia che avevano lo scopo di garantire stabilità al percorso dei carri.
Poche centinaia di metri di sentiero e, doppiato il promontorio, si apre alla vista l’ampia spiaggia della Pizzuta, di fronte la collina su cui sorgeva la città di Eloro.
Il luogo è di quelli che rimangono impressi nella mente, sono solo dieci minuti di cammino ma la sensazione è di essersi allontanati per chilometri dalla baraonda dei lidi attrezzati.
Da luglio a settembre il giglio marino fiorisce sulle basse dune che chiudono la spiaggia, ne sbocciano a centinaia e, fortunatamente, gli avventori nel tempo hanno imparato a rispettarli. Le tartarughe Caretta caretta nidificano frequentemente, anche con più di un nido nella stessa stagione.
Bisogna attraversare tutta la spiaggia per raggiungere con un breve viottolo, la recinzione del sito archeologico.
Eloro fu fondata alla fine dell’VIII secolo a.C. dai siracusani, una cittadella all’apice della collina, cinta da mura, importante snodo commerciale lungo la via Elorina, l’arteria di comunicazione tra Siracusa e Kamarina.
Fu edificata in una posizione strategica, vicino alla foce dell’omonimo fiume, oggi Tellaro, come avamposto a Sud della città aretusea, con cui ha condiviso la storia ed i destini per molti secoli.
Durante la seconda guerra punica, assieme a Siracusa, cadde nelle mani dei Romani guidati dal console Marcello. Venne distrutta dagli arabi durante la conquista dell’Isola nel IX secolo. Il sito archeologico non è visitabile da molti anni, ma molti turisti, incuriositi, ne percorrono il perimetro esterno, costeggiando il mare.
È l’unico modo per ammirare alcuni tratti delle mura difensive e, verso la fine della cancellata, sostare davanti ai ruderi della torre Stampace, risalente al XIV secolo. È una delle torri di avvistamento del sistema difensivo che gli aragonesi intensificarono lungo tutta la costa.
Il sentiero molto panoramico termina con un affaccio su un'altra perla del territorio, la spiaggia di Eloro, quella che accoglie la foce del fiume Tellaro.
Ricade all’interno della Riserva di Vendicari, se la si vuole visitare è necessario tornare indietro, recuperare l’auto, e seguire le indicazioni per l’area protetta.
È il modo migliore per chiudere la breve esplorazione di questa località ed anche l’occasione per ammirare ancora due testimonianze dell’antica polis greca.
Lungo il breve tratto di provinciale da percorrere per raggiungere l’ingresso di Vendicari, fa bella mostra di sé la Colonna Pizzuta, un monumento funerario che si trova a nord ovest del sito archeologico. Entrati in Riserva, rimane ancora da vedere il Teatro Greco.
È ubicato lungo il viale di accesso, a metà circa tra il gabbiotto della forestale e il mare, seminascosto dal canneto. Un osservatore attento noterà che la cavea non è semicircolare ma si presenta monca, come interrotta, e noterà pure una saja scorrervi sotto.
Si stenta a crederlo, o forse no, ma negli anni trenta del secolo scorso, per liberare la zona dagli acquitrini si è pensato bene di fare saltare in aria un pezzo di teatro che intralciava il passaggio di un canale di bonifica. La spiaggia è ormai vicina, non ci può essere epilogo migliore di un bagno ristoratore.
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