STORIE
Tra eremi e viuzze, "chitubbi e catapani": dov'è il borgo siciliano in cui regna la sciarra
Una storia da raccontare, tra avvenimenti importanti, chiese e grotte da visitare. Dietro a questa frazione la regia rivale di un antagonismo che va avanti da secoli
La frazione Sant'Anna
Non sono i classici "nomignoli" inventati, leggende tramandate o storielle fantastiche. Trattasi della forte rivalità tra gli abitanti di Caltabellotta e quelli di Sant'Anna, frazione posta ai piedi del borgo agrigentino.
È un distacco che si avverte sin dai primi passi mossi sulla SP 36 che conduce verso il piccolo centro di appena 683 abitanti. Dall'alto dei suoi 949 metri, Caltabellotta spodesta i chitubbi posti sulla sommità di "appena" 362 m.s.l.m.
Nonostante un'accesa competizione, la piccola e minuta località offre al curioso la possibilità di concentrarsi e visitare dei luoghi interessanti. Sin dal 1622, anno della sua fondazione ad opera di Francesco Alliata, la religione ha avuto/espresso un ruolo fondamentale all'interno della comunità.
Oggi, grazie all’architettura e l’arte, l’attenzione è volta alla ricerca delle bellezze mettendo da parte il concetto di campanilismo. Le verdi e fiorenti distese di uliveti e aranceti accompagnano gli ultimi istanti prima di addentrarsi nelle colorite abitazioni di Sant’Anna.
A circa 600 metri di distanza è ubicato l'Eremo di Santa Maria di Montevergine. I più fortunati possono fregiarsi della visita completa, mentre i volenterosi si "accontentano" della facciata esterna.
Adagiato su uno sperone, il panorama "offerto" si affaccia verso l'entroterra agrigentino e volge lo sguardo ai paesini di Burgio, Lucca Sicula e Villafranca Sicula.
I primi insediamenti monastici avvennero tra il V e l'VIII secolo quando, durante le invasioni da parte dei Vandali, i seguaci di Sant'Agostino giunsero in Sicilia. Alcuni di essi si fermarono nella suddetta zona e vissero all’interno delle grotte presenti.
La più importante (Grotta del Monaco) è quella che si trova nel promontorio di San Giorgio, nei pressi dell’eremo. La prima struttura conventuale fu costruita nel IX secolo.
Gli agostiniani rimasero fino al 1154, anno in cui (si presume) venne distrutta da un incendio. Successivamente divenne un Priorato di monaci Basiliani.
Di architettura semplice, la chiesa è composta da una singola navata con tre altari per lato poco profondi. Gli affreschi, venuti alla luce dopo un intervento di restauro, vanno "gustati" lentamente nelle profonde espressioni religiose. Inoltre sono conservati dei capitelli ritrovati nella zona (Chiesa di S. Giorgio?).
Stessa cosa dicasi del portale ogivale decorato e rozzamente manomesso dalla superficiale e inadatta mano umana. L’eremo è distribuito su due elevazioni. Al piano terra i locali non sono molto ampi, mentre nel piano superiore sono dislocate le celle e il piccolo campanile.
L'intero edificio è stato costruito nel territorio dove un tempo - secondo gli studi portati avanti da Luigi Rizzuti - sorgeva l’antica Trokalis. Quest'ultima rappresentava la seconda fase di Triokala.
Il complesso è arricchito da una fontana di forma circolare alimentata costantemente da una sorgente. È presente anche un crocifisso ligneo quattrocentesco veneratissimo dalla comunità.
Secondo la tradizione pare sia stato dipinto sulle tavole del letto di S. Brigida e sia stato portato dall’Africa (dai seguaci agostiniani). La passeggiata, lenta, si distribuisce tra ampi spazi puliti.
I prossimi obiettivi sono la Chiesa di S. Pellegrino e il Collegio (con chiesa) di Santa Maria del Fervore che conserva ai piedi dell’altare maggiore un frammento di mosaico romano databile tra la fine del V e l’inizio del VI secolo.
L'iconografia del frammento è molto rara. Nei singoli riquadri trovano spazio un canestro, due pelte contrapposte culminanti da doppia voluta e un motivo vegetale rappresentato da 4 fiori di loto stilizzati e alternati a quattro petali lanceolati.
L'ultima "prelibatezza" è di natura storica. I segni della civiltà sono ancora presenti. Pare - secondo i contenuti e approfondimenti storici - che quel territorio sia stato teatro della seconda guerra servile tra il 103 e il 99 a.C.
Anche e durante il combattimento aspro e sanguinoso di Ruggero Il Normanno nel 1090, i documenti indicano il luogo come campo di battaglia con l'apparizione di un cavallo bianco intervenuto al servizio del condottiero normanno. Tra aneddoti e tradizioni trasmesse dallo storico sambucese Giuseppe Giacone, Sant’Anna rimane tappa “dovuta” prima della visita di Caltabellotta.
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