STORIE
Torna a Palermo e trasforma un mestiere in arte: il fabbro che crea sculture in metallo
Ciò che sorprende, sopra ogni altra cosa, è come la materia grezza, ricambi e lastre di metallo, possa essere plasmata in figure tanto precise. La storia di Salvo Vella
E poi il volto di Catwoman e il Mandaloriano, il personaggio della serie Star Wars, a figura intera.
Non è una sala del Museo del cinema di Torino ma l’entrata della bottega di Salvo Vella, in arte Saweldart, con le sculture in metallo ordinate su due mensole, a destra e a sinistra. Ci sono pure Atlas, alto cinquanta centimetri, che regge un globo stilizzato, il gufo Anacleto con l’ala bionica, una libellula gigante.
«Era l’albero a camme di un’auto» spiega Salvo «non sapevo cosa sarebbe diventato fino a quando non ho iniziato a lavorarci. Poi è venuta fuori una libellula. Anche i gufi sono fatti con pezzi di ricambio di macchine».
Lo scultore, in videochiamata, continua il tour del suo laboratorio. «Questa era l’officina di mio padre. Qui sono cresciuto e ho imparato il mestiere di fabbro» racconta. Dopo aver lavorato a fianco del genitore, Salvo si trasferiva in Inghilterra per continuare l’attività e costruire cancelli e cassoni, per cinque anni.
Nel frattempo maturava l’idea di tornare a Palermo e dedicarsi alla scultura. Nel 2017 comincia così la sua esperienza artistica.
«Le prime opere erano figure classiche, come Perseo o la Nike. Poi ho iniziato a fare figure originali in versione steampunk e cyberpunk, stili che si addicono ai pezzi utilizzati».
In fondo alla seconda stanza, che è il cuore della bottega, una collezione di ingranaggi è appesa alla parete. «Dai meccanici prendo i pezzi di scarto, faccio una cernita, scelgo i più interessanti».
Le opere di Saweldart trascendono la materia prima: per la curiosità del soggetto, la forma e il dettaglio, il fascino dell’interpretazione; sono idee mutuate dall’arte antica (il busto di Nefertiti o il cavallo), dal cinema (Alien, il Mandaloriano) oppure suggestioni fantascientifiche come l’arciere dal braccio cibernetico (dal nome Riddick, dalla trilogia filmica con Vin Diesel).
Ciò che sorprende, sopra ogni altra cosa, è come la materia grezza, ricambi e lastre di metallo, possa essere plasmata in figure tanto precise.
«Non faccio disegni preparatori ma lavoro direttamente il materiale. Guardo il pezzo, vedo la forma e mi viene l’idea. La cosa più importante è vedere il pezzo finito. Poi bisogna sagomare a caldo e la forma non viene mai al primo colpo; bisogna tagliare, fare tentativi, poi ti riesce un pezzo, un braccio per esempio, e lo metti da parte. Con la lamiera da forgiare i tempi sono più lunghi».
Salvo mostra Anais, il busto di androide donna quasi a grandezza naturale. La testa e il volto sono fatti di lamiera, forgiata e levigata; un carburatore è incastonato dentro lo sterno; rotelle d’ingranaggio hanno preso il posto degli organi; il tutto è saldato. La materia prima utilizzata può avere origini diversissime.
Salvo inquadra un gruppo di estintori nell’angolo: «Con la superficie di un estintore ho realizzato una scultura a forma di cuore, dopo averla piegata e smerigliata».
Una coccinella, invece, possiede ali di alluminio realizzate a partire da vecchie padelle. Un rettangolo del pavimento è tracciato con il nastro adesivo: serve a calcolare lo spazio per lo stand che Salvo allestirà alla prossima fiera di Parma, dove esibirà, tra le opere, i suoi Bronzi di Riace. Prima ancora, ha esposto in occasione della Biennale di Firenze e di Paratissima, festival di Torino.
Quando gli viene chiesto se si avvale di aiuti, Salvo riprende attorno a sé: «Vedi? Siamo io e loro (inquadra le altre sculture)».
E scherza: «Ogni tanto, spesso, chiacchieriamo». Nel corso del tour, l’artigiano mostra i suoi strumenti di lavoro: un carrello, cioè un tavolo mobile, una saldatrice con più di quarant’anni, la sega a nastro e la forgia a carbone dove i pezzi vengono scaldati prima di essere lavorati sull’incudine, che Salvo inquadra: «Come puoi vedere è piegata dai colpi, ha il suo vissuto» dice con un po’ di orgoglio. Immaginando il lavoro di un artigiano del metallo viene da pensare a colpi possenti e bruschi, ma le opere suggeriscono anzitutto la cura dell’artista nel ritoccare il pezzo finito.
«Quando mixi i materiali non tutti riescono a saldarsi, servono pezzi di giunzione. Ma cerco di non far vedere le saldature». Le sculture di Salvo sono rifinite con premura, al punto che è difficile immaginare che prima di mani, zampe e teste ci fossero oggetti destinati a usi differenti.
Salvo mostra infine il riccio, dove le spine sono fuse così bene da fare un corpo unico, e spiega: «Gli aculei erano resti di uno spingidisco (un pezzo della frizione dell’auto)».
Qual è il mestiere di Salvo, allora? Fabbro, artigiano, artista?
«Faccio quello che mi ha insegnato mio padre» risponde «sono un artigiano. L’artigiano fa arte con il cuore. E se lavori con il cuore, diventi artista».
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