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Specie intatte dall'800 con una formula segreta: il museo a Palermo unico al mondo

Fra i primi studiosi ad interessarsi della fauna siciliana, c'è un docente universitario ottocentesco, che emigrò dalla Dalmazia per raggiungere Palermo

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 12 marzo 2023

Il museo di Zoologia "Pietro Doderlein"

Nell’anno appena iniziato, si stanno susseguendo una serie di iniziative atte a favorire la divulgazione della fauna autoctona della nostra regione.

Considerando inoltre l’importanza enorme che stanno assumendo le scienze naturali per la nostra città, con l’istituzione del Centro internazionale per la tutela dell'ambiente presso l’ex Istituto Roosevelt, sembra doveroso ricordare quali sono stati i passaggi storici fondamentali che hanno permesso a Palermo di divenire un fiore all’occhiello della ricerca botanica e zoologica.

Fra i primi studiosi ad interessarsi della fauna siciliana e in generale del Mediterraneo, abbiamo un oggi quasi sconosciuto docente universitario ottocentesco, che emigrò dalla Dalmazia per raggiungere prima Modena e poi Palermo, per insegnare varie branche delle scienze naturali, fra cui la zoologia.

Il suo nome era Pietro Doderlein e i più navigati sapranno che a lui è dedicato il Museo di Zoologia dell’Università di Palermo, che in effetti fondò nel 1863, pochi anni dopo l’unità d’Italia.
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Pietro Doderlein nacque a Dubrovnik nel 1809, nell’epoca in cui la costa orientale dell’Adriatico era ancora sotto l’influsso politico e culturale francese ed italiano.

Per studiare si trasferì prima a Zara e poi nel Veneto ed è qui che comincia seriamente a intraprendere la carriera la scientifica, laureandosi in Medicina e Chirurgia nel 1835 a Padova.

Quello che distinse subito il giovane Doderlein furono il suo impegno politico, rivolto interamente verso l’unificazione della nazione che l’aveva accolto - assunse il comando del battaglione universitari nella prima guerra d'indipendenza, durante la battaglia di Governolo, che vide il Regno di Sardegna scontrarsi con l’impero Asburgico – e la sua straordinaria capacità nello studiare le forme di vita che erano presenti all’interno del territorio.

Già a Modena, dove fu assunto come docente universitario nel 1839, Doderlein si sforzò per costituire un museo moderno che fosse in grado di soddisfare le richieste degli studiosi interessati a studiare la fauna della regione.

Il vero salto di qualità dei suoi studi si verificò quando però si trasferì a Palermo nel 1862, dove fu invitato dal Ministro della pubblica istruzione Carlo Matteucci.

Qui infatti lo zoologo di origine Dalmata avrebbe passato il resto della sua vita e avrebbe compiuto le scoperte principali relative alla zoologia del Mediterraneo e alla tassidermia.

Un museo unico al mondo. Rifletteteci. Potreste immaginare oggi di vedere il fiume Oreto pieno di Storioni lunghi anche più di un metro? O veder solcare il cielo di Palermo da Grifoni o Aquile, mentre le campagne attorno erano pieni di altre specie come il Capovaccaio o il Lupo siciliano?

Se oggi sappiamo che nel corso dell’Ottocento la Sicilia presentava queste specie, in un numero molto superiore a quello odierno, è anche grazie a Doderlein.

Giunto infatti in Sicilia, quello che fece fu istituire da subito una sede operativa, presso il Collegio Massimo dei Gesuiti, dove poter accumulare tutti gli esemplari di animali che studiava della fauna locale.

Nel corso degli oltre trent’anni di carriera che svolse a Palermo, Doderlein studiò infatti centinaia di specie, descrisse l’avifauna dei Monti di Palermo, costituì una scuola nell’Istituto di Zoologia di Palermo, che vive tutt’oggi, aprendo le porte dei suoi studi e delle sue teche a decine di studenti e a migliaia di colleghi che raggiungevano la Sicilia pur di vedere i suoi progressi.

Quello che però gli fece raggiungere la celebrità accademica fu l’invenzione di un nuovo sistema di imbalsamazione, che permetteva agli scienziati di conservare più a lungo e meglio tutti i reperti, soprattutto quelli particolarmente viscidi come i pesci o molto delicati come gli uccelli.

Per questa ragione, già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, il suo museo divenne famoso e definito unico, poiché permetteva di studiare una serie di specie che era impossibile trovare in altre aree dell’Europa e forniva dei campioni così bene conservati che sembravano essere stati pescati o catturati solo da poco. La produzione di Doderlein da questo punto di vista è invidiabile.

All’interno del museo, trasferitosi in Via Archirafi nel 1913 per volontà dell’allora direttore, sono infatti presenti 1100 esemplari di pesci preparati a secco o in liquido lavorati direttamente dallo stesso Doderlein, alcuni provenienti da ambienti non più esistenti come quelli inerenti l’Oreto o il Papireto.

Comprende anche circa 1000 esemplari di rettili, fra cui uno Scinco gigante, raccolto da una missione italiana a Capo Verde ed oggi estinto, e oltre 1000 esemplari di uccelli. La collezione poi si arricchisce di mammiferi e conchiglie, seppur in questo caso molti degli esemplari presenti oggi all’interno del museo appartengono a collezioni successive al lavoro dello scienziato italo-dalmata.

Poi nel corso della sua carriera accademica di docente di scienze naturali, Doderlein ebbe modo di pubblicare varie opere su materie inerenti alla geologia, all’anatomia comparata, alla paleontologia, raccogliendo oltre 40 000 fossili provenienti da diversi siti di scavo del Mediterraneo e da epoche geologiche diverse.

A metà degli anni Settanta dell’Ottocento, infine, iniziò a trattare i suoi animali con un trattamento chimico segreto, che ha permesso a questi esemplari di rimanere intatti fino ad oggi, la cui formula è perduta.

Questo grande scienziato ha insomma cambiato le sorti delle discipline zoologiche in Italia e sarebbe il momento di riscoprirlo una nuova volta, per celebrare il suo impegno che ci ha permesso di avere chiaro come fosse la natura della Sicilia alla sua epoca.
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