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Sogno o son fesso? Nessuno l'ha mai vista, la (presunta) storia di Villa Angiò a Bagheria

I baarioti conoscono via Angiò, un tempo «tutta campagna», perché l'hanno sentito dire almeno una volta nella vita. Eppure la storia della villa rimane un mistero

Sara Abello
Giornalista
  • 2 giugno 2022

Il punto di via D'Angiò in cui si potrebbe ipotizzare si trovasse Villa Angiò

Bagheria l’apellativo di “città delle ville” se lo è guadagnato sul campo, e su questo non ci piove. Che fosse luogo di sollazzo della nobiltà palermitana settecentesca, al punto tale che per un bel lungo periodo si sia diffusa la moda di farsi costruire la villona delle vacanze, non può essere messo in discussione...nonostante ora quelle stesse costruzioni siano state avvolte dalle case e inglobate dalla cittadina tutta.

Pensandoci bene, si potrebbe anche creare un percorso turistico, alternativo di sicuro, della “Baaria fantasma”, perchè effettivamente alcune di queste ville sono state nel tempo distrutte e di qualcuna non rimangono che poche tracce architettoniche o testimonianze scritte. Una di quelle che però dalle mie personali ricerche sembra essere stata fantasma davvero è Villa Angiò.

Noi baarioti, oggi conosciamo via Angiò, un tempo «tutta campagna», non negatelo perchè ce lo siamo sentiti dire tutti almeno una volta nella vita, e in generale tutta la zona detta “nni Anciò”. Sulla ristampa anastatica della “Guida illustrata Bagheria Solunto”, che di recente mi ritrovo spesso tra le mani, si legge: «L’antica strada Palermo - Messina ora via vallone Spucches - lasciata a sinistra la Certosa - si interseca con la via Angiò.
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Accanto ad un caratteristico e pittorico gruppo di casette, due pilastri segnano l’antico ingresso alla villa - che verso la metà del secolo XIII - il duca d’Angiò possedeva e dove aveva costruito un’elegante palazzina. Ora la villa appartiene in parte al Sig. Mangione ed in parte ai Sigg. Verdone; della casina resta solo qualche rudero e pochi frammenti di mosaico. Anche da questo posto si gode il panorama incantevole del golfo terminese. Poco lungi, ai piedi della collina Serradifalco, sorge una chiesetta ora dedicata a S. Antonino, ove ogni anno, in giugno, accorre tutta Bagheria per una graziosa festa campestre. Alla chiesetta - dal 1898 - sta annesso un vasto convento di frati minori.»

Appello per gli autoctoni: andiamo per gradi e ripercorriamo insieme la strada. Chiesa dedicata a Sant’Antonino ce l’ho, convento di frati minori ce l’ho, festa dedicata a Sant’Antonino il 13 giugno ce l’avevo prima del Covid, la Certosa l’abbiamo avuta, via de Spuches, via Angiò, la collina Serradifalco e i pilastri di ingresso alla villa, uno solo ormai, li abbiamo...il problema è tutto il resto!

Innanzitutto, tentando di documentarmi su questo duca d’Angiò, nell’averne individuati diversi vissuti nel XIII secolo, e transitati dalla Sicilia, uno che per sbaglio sia passato da Bagheria non lo pesco. E dire che ne trovo tracce a Sciacca, Catania, Caltabellotta, ma a Bagheria neanche l’ombra. Questo però non significa nulla, un Angiò di qua dovrà esser passato per forza, e ammetto i miei limiti. Dei due pilastri che un tempo indicavano l’accesso alla presunta villa, oggi ne resta uno, inglobato “giustamente” ad una casa.

Se è successo ad uno dei pilastri monumentali di Villa Palagonia lungo il Corso Umberto, di cosa dovrei stupirmi ancora? Sino agli anni ‘60 del secolo scorso, pare vi fosse anche, oltre all’altro pilastro di Angiò, un vero e proprio cancello, che una proprietà doveva delimitarla per forza. All’epoca però, tutta la zona che da questi pilastri arrivava sino a quasi l’attuale ingresso autostradale, era dedicata alla trebbiatura del grano, quindi alla separazione da parte di contadini e agricoltori tra il frumento e altri cereali, dalla paglia e dalla restante “munnizza”.

Poi, come fu, come non fu, un bel giorno del cancello non ne restò nulla, e pure dell’altro pilastro, e ovviamente tutta quella che era campagna oggi è un insieme di case e casuzze, alcune delle quali neanche terminate, ma che sembrano essere sorte quasi come riempitivo. Sia mai che si lasci un pezzetto di natura da queste parti!

I miei dubbi nascono fondamentalmente da due fattori. In primis, è mai possibile che di questo palazzetto non si trovi nulla ma proprio nulla? Non una descrizione scritta, un quadro, uno schizzetto, nulla? Alla faccia del tramandare ai posteri! E poi, elemento da non trascurare, lì intorno si trovavano le mura di cinta che delimitavano altre proprietà, basti pensare alla vastissima, un tempo almeno, villa Trabia, o Villa Butera dall’altra parte.

Le opzioni più plausibili potrebbero, se non addirittura portarci a pensare che questo Palazzo Angiò non sia mai esistito, e che di lui sia solo rimasta un’intenzione concretizzata meramente nella costruzione del cancello monumentale di accesso, all’ipotesi di una gran confusione che si è sedimentata nel tempo.

Se in realtà quella che per molti era Villa Angiò fosse stata un’altra delle ville lì intorno? E magari per un certo periodo un Angiò l’ha pure posseduta per carità, non voglio pensare ai nostri antenati baarioti completamente svalvolvati. Se ci riflettete neanche tanto distante c’è ancora oggi Villa de Spuches, e non molto distante Villa Serradifalco, chi lo sa, magari questo era il suo ingresso o quello di un’altra proprietà inglobata ad altre maestose ville della zona che vi ho citato prima.

Insomma il mistero si infittisce...poi c’è sempre l’ovvia opzione che la villa sia stata distrutta e amen, questo poi non è proprio impossibile, anche se preferisco sognare storie più contorte. A svelare l’arcano potrebbero essere solo gli eredi dei Mangione e dei Verdone citati nel passo della guida che vi ho riportato prima.

Per l’appunto, se ci siete battete tutti i colpi che volete e fateci capire se ci hanno sempre preso in giro... Perdonatemi ma ora mi sono incaponita, data la mole di ricerche fatte, e questo “mistero” se mi fate passare il termine, vorrei svelarlo. Ci sarà un qualche portatore di una mezza verità che unita agli altri pizzuddicchi ci potrà portare alla soluzione, no?
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