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Simboli della Città del Mito, hanno fatto la storia: dove sono i "Sette scogli" di Sicilia

All’apparenza sembrano sporgenze naturali, ma in realtà sono artificiali. Un luogo emblematico della città antica tanto da segnare anche la sua storia

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 18 febbraio 2025

I Sette scogli di Ortigia, Siracusa

L'acqua li restituisce alla terraferma, possenti e squadrati come caselle di una scacchiera; i raggi del sole e i gabbiani li usano come sosta dal cielo. Per gli estranei sono solo delle sporgenze, per gli aretusei invece i sette scogli. Rocce che emergono a pochi passi dalla Fonte Aretusa e dalla capitaneria di Porto nell’Isola di Ortigia a Siracusa.

Superando proprio la Fonte ci si trova al loro cospetto e con sorpresa, specie degli occhi vergini alla città, ci si chiede: saranno naturali? Cosa ci fanno lì e perché sette?

All’apparenza sembrano proprio delle sporgenze naturali, ma in realtà sono artificiali. Realizzati in cemento armato li troviamo “ancorati” a sette scogli preesistenti.

Su di essi pesa una congettura militare di difesa, con tanto di cannoncino posto sopra in caso di incursioni aeree durante il periodo bellico. Ma questa ipotesi è lontana dalla verità perché «i cannoni antiaerei - dice Alberto Moscuzza, presidente dell’Associazione Lamba Doria di ricerca storica sulla guerra in Sicilia - erano posizionati dagli inglesi al Forte Aretusa, nella parte più elevata, vicino alla Fonte; mentre le mitragliatrici erano sulle terrazze dei palazzi per una maggiore visibilità».
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Scartato dunque l’uso militare, questi sette scogli rappresentano in realtà il punto d’incontro e “scontro” (pacifico s’intende) della vita sportiva cittadina.

In questo tratto di mare, infatti, si svolgevano le gare dei canottieri Ortigia - la società sportiva aretusea fondata nel 1928 - inizialmente di canottaggio, e poi di altre discipline come pallanuoto, nuoto e pallammano.

Attività, le cui attrezzature spogliatoi e imbarcazioni si trovavano nella Villetta Aretusa, a sud della Fontana e nello spazio di uscita dell’Ipogeo sul Foro italico.

I sette scogli così diventano un luogo talmente emblematico che bastava un «Ragazzi, volete giocare a pallanuoto? Venite ai sette scogli» per ritrovarsi con orde di tifosi che aguzzano la vista e scaldano la voce sia alla luce, sia al buio.

Eh già, perché le gare si svolgevano anche in notturna, illuminate da alcuni riflettori. Merito del siracusano Concetto lo Bello, arbitro, allenatore e presidente del Circolo Canottieri Ortigia che convince il sindaco di quegli anni (circa ‘50) a finanziare un impianto elettrico proprio in quella parte di Isola.

Se la fama dei sette scogli nella realtà fa leva sullo spirito sportivo, nella leggenda invece chiama a sé la figura di "Paulinu d’i sette scogghi". Figura quasi mitologica per la velocità a raggiungere a nuoto quei sette scogli e per la sorte fortunata che ha dato a chi era accanto a lui. Una storia non molto lontana dalla solidarietà sportiva.

Se dovessimo, dunque, tradurre la vita fino a questo momento di questi scogli artificiali emersi sarebbe: ritmi scanditi dall’acqua, cambi di direzione repentini e storie d’altri tempi. Quanto avrebbero da raccontare.

Unici scogli ad aver visto oltre a un abisso faunistico anche gambe e piè veloci di chi ha fatto la storia dello sport aretuseo. Grandi atleti incitati da echi notturni e diurni, degni di piccole arene, per gare in cui l’essenziale erano fair play e gioco di squadra.
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