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Siccità in Sicilia, arrivano 4 dissalatori (con le tubature al palo): il punto, pro e contro

Secondo gli attuali piani del progetto, l’attivazione dei nuovi impianti a Cefalù e negli altri siti scelti è prevista entro giugno 2025, che cosa sappiamo finora

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 25 novembre 2024

Per far fronte al problema della siccità, il governo Schifani sta pensando di adottare i dissalatori come soluzione di medio-lungo termine, consentendo ad alcune province di rendersi maggiormente indipendenti dal punto di vista idrico rispetto alle quantità di precipitazioni avvenute nel corso dell’anno.

La cabina di regia per l’emergenza idrica, presieduta dal vicepresidente del Consiglio e dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, ha così approvato lo scorso 15 novembre la realizzazione di un dissalatore a Cefalù, che sulla carta dovrebbe fornire acqua potabile a una popolazione di 300.000 persone, e il riammodernamento degli attuali dissalatori di Trapani, Porto Empedocle e Gela, che soffrono attualmente di diversi problemi strutturali dovuti alle tecnologie obsolete, essendo dismessi da più di 10 anni.

Ad affermare ciò è Pietro Tota, manager per l’Italia dell’azienda Acciona, società spagnola leader mondiale in dissalatori, che per una spesa di 100 milioni di euro riuscirebbe ad assicurare 600 litri al secondo di acqua, con una potenzialità massima di 1000 litri al secondo.
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Secondo gli attuali piani del progetto, l’attivazione dei nuovi impianti a Cefalù e negli altri siti scelti è prevista entro giugno 2025, in tempo quindi per l’arrivo della prossima stagione estiva, che potrebbe colpire nuovamente la Sicilia con la siccità e il tragico fenomeno degli incendi.

Per quanto i dissalatori contribuiranno enormemente a rendere la situazione idrica della nostra regione sicuramente migliore, bisogna tuttavia ricordarsi che uno dei problemi principali di cui soffre il nostro sistema idrico non è tanta la carenza di risorse ma lo stato tragico in cui versano le tubature.

La Sicilia è infatti una delle regioni che perdono le maggiori quantità di acqua a seguito dei danni presenti nelle tubature: secondo Istat e i dati elaborati dalla Cgia, il 51,6% dell’acqua distribuita ogni giorno finisce dispersa nei campi o lontano dalle case.

I valori peggiori si registrano nella provincia di Siracusa, dove la dispersione arriva al 65,2%, mentre la provincia di Messina segue al 56,5%.

Gli ambientalisti si domandano quindi quanto dell’acqua potabile fornita dei dissalatori di disperderà nell’ambiente, con un elevato costo ambientale ed economico, considerando che questi impianti lavorano principalmente a benzina e tramite due dispendiose tecnologie industriali: la distillazione termica e l’osmosi inversa.

Nel primo caso, l’acqua marina viene pompata tramite delle tubature all’interno dei dissalatori, dove viene riscaldata fino a produrre grandi quantità di vapore, da cui si separa il sale.

In seguito, il vapore viene fatto condensare, producendo dell’acqua di acidità media (ph 7). Nell’osmosi inversa, invece, il processo di dissalazione avviene attraverso delle membrane semi-permeabili, che fungono da filtro e bloccano le molecole di sale. Una volta consumati, questi filtri devono essere cambiati e gestiti come rifiuti particolari.

Pensare di restaurare buona parte delle tubature che collegherebbero i dissalatori alle principali città sarebbe opportuno, proprio per non rendere inutile il lavoro svolto nei pressi dei 4 impianti (che in futuro potrebbero aumentare di numero).
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