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Si chiama Palazzo Primavera e dal suo attico vedi il Giardino Inglese: il "bello" di Palermo

Un elegante edificio a nove piani fuori terra e due livelli sotterranei che l'ingegnere Giorgio Fernandez progetta e realizza nel difficile decennio 1952/1962

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 6 giugno 2022

Palazzo Primavera Fernandez a Palermo

Sorge tra le vie Duca della Verdura e Marchese di Villabianca l’elegante edificio a nove piani fuori terra e due livelli sotterranei che l'ingegnere Giorgio Fernandez progetta e realizza nel difficile decennio 1952/1962 nell'area di proprietà paterna acquistata poco prima nei terreni dell’ex Fondo Amato.

È qui, nel pieno del boom edilizio in cui la città storica muta volto, storia e condizioni di vivibilità in direzione del sorgere di sempre più scarsa edilizia condominiale, che il giovane progettista mette in campo l'intero potenziale del proprio talento creativo in una delle sue prime esperienze progettuali di matrice residenziale che regge ancora le prove del tempo.

Dalla terrazza del luminosissimo piano attico che Fernandez elegge a propria residenza e studio, si gode di una delle viste più suggestive proiettate sulle alte chiome del Giardino Inglese mentre parte degli spazi interni conservano oggi in suo prezioso archivio privato, già opportunamente vincolato dal Mibact e al piano ammezzato l’atelier musealizzato della moglie Marilù Tringali Fernandez.
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L'ingegnere reduce dagli orrori del secondo conflitto mondiale, allievo di Salvatore Cardella, Edoardo Caracciolo e Salvatore Caronia Roberti, progetta un edificio dall’elegante ritmo delle due facciate in cui gli spazi loggiati ben strutturati nel rapporto tra pieno e vuoto, nella loro originaria configurazione, non hanno mai subito superfetazioni di alcun tipo. Canonica la scansione funzionale dei piani: negozi al piano terra, piccoli uffici al piano ammezzato e appartamenti nei restanti livelli.

Ma è l'estetica a qualificare ulteriormente la costruzione che porta benissimo i segni dei suoi primi sessanta anni. Un'architettura di “facciate” urbane, il cui equilibrio stilistico cammina equilibrato nell'incontro mai scontato ma armonico tra il cromatismo dei diversi materiali e il potenziale funzionale e dinamico delle strutture intelaiate in cemento armato.

E se suggestivo e in pieno accordo con la lezione delle opere dei suoi maestri appare il confronto tra la realizzazione e le prospettive acquarellate di progetto, i rapporti armonici che sottendono il disegno dei prospetti e la costruzione dell'esile copertura articolata da una sequenza di falde inclinate in serie, sono tutti elementi che proiettano e inquadrano l'intero edificio all'interno di quella necessaria antologia dell’architettura contemporanea palermitana ancora troppo poco indagata e divulgata, ma che i tempi maturi ormai impongono quale atto necessario e dovuto alla nostra grande bellezza contemporanea.
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