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Sepolta a Monreale, fu amica della Santuzza: Margherita, regina (straniera) di Sicilia

Non dobbiamo dimenticare che è stata regina in terra straniera e non ha certo avuto vita facile, sin dal primo momento in cui ha messo piede sull’isola

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 26 febbraio 2025

La Regina di Sicilia Margherita di Navarra (opera di Luis Ricardo Phalero)

Margherita di Navarra, regina di Sicilia, è stata una donne coraggiosa e determinata, che ha saputo reggere le sorti del regno, durante la minore età del figlio.

Proprio la sua intelligenza e il suo carattere fermo, la sua abilità politica nel circondarsi di ministri stranieri ma molto capaci, hanno fatto di lei un personaggio scomodo: ecco perchè spesso è stata dipinta dai contemporanei che volevano sminuirne la figura come donna infedele ed è passata alla storia (soprattutto a causa del ritratto velenoso fatto dal cronista Ugo Falcando) come una lady Macbeth ambiziosa e manipolatrice.

Non dobbiamo dimenticare che Margherita è stata regina in terra straniera e non ha certo avuto vita facile, sin dal primo momento in cui ha messo piede sull’isola.

Facciamo un passo indietro: nel 1146 viene stipulato un accordo matrimoniale per combinare le nozze tra Margherita e Guglielmo d’Altavilla, figlio di Ruggero II, re di Sicilia.
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La promessa sposa arriva dalla Spagna della Reconquista: la nonna paterna Cristina era figlia di Rodrigo Ruiz de Vivar, il celebre Cid Campeador, suo padre García Ramírez IV, aveva restaurato l’antico regno di Pamplona; e sua madre, Margherita apparteneva ad uno dei più grandi lignaggi di Francia, quello dei signori della contea carolingia del Perche, tra l’Île de France e la Normandia.

Probabilmente le nozze vengono celebrate tra il 1149, quando Guglielmo è investito duca di Puglia, e il 1151, anno in cui diventa coreggente. Nel 1154, alla morte del padre, Guglielmo I viene incoronato re di Sicilia e Margherita diventa regina.

La figura di Guglielmo, quarto figlio di Ruggero II è sempre stata molto controversa. Ritratto da Ugo Falcando come uomo debole, incapace, ipocondriaco, eccessivo nel favorire i suoi sostenitori e nel persegui tare i suoi nemici, è stato riabilitato nel XIX secolo da Michele Amari, che lo ha dichiarato vittima per sette secoli di immeritate censure.

Per quanto riguarda Margherita invece scriveva Laura Sciascia che una regina è soprattutto «un corpo di donna, o meglio un utero, la cui funzionalità assicura alla sua famiglia la sopravvivenza e il mantenimento del potere».

Nel corso di tre secoli in Sicilia la corona si trasmetterà per ben sei volte a sovrani bambini o adolescenti, affidati alla tutela di madri o sorelle: Adelasia del Vasto, Margherita di Navarra, l’imperatrice Costanza, Costanza di Svevia, Elisabetta di Carinzia e le figlie Costanza ed Eufemia, Bianca di Navarra.

Tutte queste regine saranno il cemento di una monarchia fragile, che grazie a loro sopravvive. Margherita farà il suo dovere, mettendo al mondo quattro maschi: Ruggero, duca di Puglia, Roberto, principe di Capua, Guglielmo ed Enrico.

Mentre il marito Guglielmo è in vita Margherita cerca di mitigarne gli eccessi e di orientarne le scelte politiche: la lapide sulla tomba nel duomo di Monreale definisce la sovrana vox regis, voce del re. Nel tentativo di limitare il potere della nobiltà isolana i sovrani cercano l’aiuto del primo ministro Maione da Bari.

I signori del Regno cominciano allora a far circolare la voce che il Cancelliere vuole prendere il posto del re, con la complicità della Regina, che secondo alcuni sarebbe la sua amante.

Il 10 novembre 1160 il perfido Matteo Bonello, signore di Caccamo, che ha ordito nel suo castello una congiura contro Maione, lo uccide in un’imboscata. Il tentativo di deporre il re, incoronando il figlio Ruggero, di nove anni, finisce in tragedia: Guglielmo liberato colpisce con un calcio mortale il figlio che gli andava incontro, e il bambino va a morire tra le braccia di Margherita, sua madre.

Il re, sedato il tumulto nell’estate 1161, si vendica con una spietata e sanguinaria repressione nei confronti dei traditori, guadagnandosi secondo Ugo Falcando il soprannome che ancora oggi gli resta appiccicato addosso come un’etichetta: "il malo".

Per Margherita le difficili prove non sono finite, perché prima del 1166 muore anche il figlio Roberto. In quello stesso anno il re, colpito da una grave forma di malessere intestinale, predispone la sua successione e nomina il terzogenito Guglielmo erede al trono, confermando all’altro figlio, Enrico il titolo di principe di Capua.

Affida alla moglie Margherita la cura e l’amministrazione del Regno, sino alla maggiore età di Guglielmo. Il re stabilisce inoltre che la sovrana sia affiancata da un Consiglio di reggenza.

Guglielmo il Malo si spegne a 46 anni il 7 maggio 1166, forse avvelenato. Verrà sepolto nella cripta della Cappella Palatina del Palazzo Reale di Palermo. La morte del re viene tenuta nascosta, per predisporre la successione e preparare l’incoronazione di Guglielmo II.

Dopo tre giorni dalla morte del padre, il giovane erede, non ancora quattrodicenne, si mostra in pubblico e viene acclamato dalla cittadinanza. Per cinque anni reggente sarà Margherita, che non esiterà a fare appello ai suoi parenti, richiamati in Sicilia per controbilanciare la nobiltà locale, per riuscire ad affrontare accuse, calunnie e complotti; per evitare che il Consiglio di reggenza la esautori e che i grandi feudatari si rendano autonomi, approfittando della minorità del figlio.

Secondo Romualdo Guarna di Salerno, Margherita è «donna saggia e discreta», che fa grandi concessioni per guadagnarsi il favore dei sudditi. Libera detenuti e condona debiti.

Richiama in Sicilia i conti e i baroni costretti in esilio durante il regno di Guglielmo I e restituisce loro i feudi confiscati. Dona nuove terre a ecclesiastici, conti, baroni e cavalieri.

Margherita chiede consiglio allo zio, vescovo di Rouen, che invia a Palermo un giovanissimo cugino della regina, Stefano di Perche. Ricevuto con grandi onori, nominato cancelliere nel 1166 e arcivescovo di Palermo nel 1167, diventerà il principale punto di riferimento di Margherita.

L’Arcivescovo si rende però impopolare, per il rigore con cui perseguita la corruzione e gli abusi, per il tentativo d’introdurre norme e costumi francesi e per l’accentramento burocratico, attuato a danno dei poteri locali.

Come era già accaduto con Maione, i potenti danneggiati da Stefano, mettono in giro la voce che l’eccessiva familiarità e gli sguardi della regina nascondano, sotto il pretesto della parentela, un amore che nulla ha di casto.

Dopo due anni di lotte con la potente feudalità siciliana Stefano di Perche è costretto alla fuga in Terrasanta: vi morirà poco dopo, logorato da un’esperienza amara e violenta.

Con Stefano fugge, per tornare in Francia, anche Pierre de Blois, intellettuale di grande prestigio, che aveva studiato teologia a Parigi e giurisprudenza a Bologna e che per un anno era stato il precettore del re adolescente. Margherita è in contatto anche con uno dei più celebri e significativi personaggi del tempo: Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury.

Becket verrà assassinato nella sua cattedrale nel 1170, su istigazione di re Enrico II d’Inghilterra, e sarà santificato dopo soli quattro anni dalla morte.

L’arcivescovo indirizza alla regina una lettera di ringraziamento, per aver accolto in Sicilia suoi sostenitori esiliati dall’Inghilterra; afferma di stimare molto Margherita, pur non conoscendola personalmente, perché ne ha sentito esaltare le molte e grandi virtù.

Dopo la canonizzazione di Thomas Becket, Reginald Fitz Jocelyn, vescovo di Bath, donerà alla regina un ciondolo d’oro, contenente reliquie del sangue e delle vesti di Becket: sul gioiello è raffigurata anche la regina, nell’atto di ricevere la benedizione del santo-martire.

Ecco perchè nel duomo di Monreale, tra i santi martiri, si trova anche l’immagine di Tommaso di Canterbury: questo suggerisce la partecipazione, come committente o ispiratrice, della regina madre al grandioso progetto della chiesa.

Dopo la partenza del cugino il nome di Margherita continua a figurare negli atti pubblici, accanto a quello del figlio, ma il vero potere è passato in realtà nelle mani dei consiglieri regi.

Nel dicembre 1171 Guglielmo II diventa finalmente maggiorenne e inizia a regnare da solo. Lontana dagli intrighi di palazzo, la regina madre si scrolla di dosso un pesante fardello; ma non resta con le mani: si dedica a edificare e dotare edifici monastici, come il monastero benedettino di S. Maria di Maniace.

Secondo lo storico gesuita Ottavio Caetani, Rosalia Sinibaldi, la nobile fanciulla nata ed educata a Palermo presso la Curia regia normanna e destinata a diventare santa e patrona della città di Palermo, sarebbe stata particolarmente cara a Margherita.

La sovrana, che nel 1172 aveva dovuto affrontare anche la morte del figlio minore Enrico, muore a Palermo il 31 luglio 1183 e verrà sepolta in uno splendido sarcofago di marmo, nel duomo di Monreale, dove saranno trasferite anche le spoglie del marito Guglielmo I, dei figli Ruggero ed Enrico e dove, dal 1189 riposa in eterno anche Guglielmo II, ricordato come "Guglielmo il buono", perché raramente un sovrano ha lasciato un ricordo di sé tanto splendido: persino Dante Alighieri scrive che "s’innamora lo ciel del giusto rege" ( Paradiso, Canto XX).
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