MISTERI E LEGGENDE
Senza di loro Palermo non sarebbe la stessa: l'affascinante storia di pupi e pupari siciliani
Dai cantastorie ai teatri dell'opera dei pupi, quella dei paladini di Francia e delle loro avventure è una storia che affascina sempre e che a Palermo ha dei veri e propri pilastri
Pupi siciliani (paladini di Francia)
“L’Opra di Pupi “ (l’Opera dei Pupi), è un teatro di marionette con protagonisti Carlo Magno ed i suoi Paladini che prese spunto dalle vicende epiche descritte nella “Chanson de geste” e dai poemi del Boiardo e dell’Ariosto.
Storicamente l'Opra dei Pupi è la rappresentazione degli scontri medievali tra i cavalieri cristiani e quelli mori e trasmettono alti codici di comportamento che sin dall’antichità hanno interessato il popolo siciliano, codici come la cavalleria, il senso dell'onore, la lotta per la giustizia e la fede, gli intrecci amorosi e la brama di primeggiare. Per questo motivo per primi furono “adottati“ dalle classi più umili, in quanto incarnavano oltre ai sentimenti sopra citati anche la voglia di resistere alla sopraffazione dei potenti ed il riscatto sociale.
Il Puparo è l'artista-artigiano vero fulcro dell'Opra dei Pupi. Alle sue dipendenze lavoravano almeno due aiutanti-apprendisti e richiedeva la collaborazione del fabbro-ferraio per la realizzazione delle armature dei pupi e del pittore per la realizzazione del cartellone suddiviso in riquadri con cui si rappresentavano gli avvenimenti principali dello spettacolo.
I Pupi siciliani, a differenza degli altri Pupi dell’Italia meridionale, furono dotati di alcuni fili metallici al fine di muovere gli arti, il movimento della spada, l’originaria armatura di cartone fu costruita con la latta. La parte più difficile era la realizzazione della testa del Pupo, che si realizzava utilizzando il legno o la creta.
A Palermo c’era il maggior numero di Pupari, Catania contava una maggiore "anzianità" e fantasia per quanto riguardava i teatrini.
La Sicilia ha avuto celebri dinastie di Pupari che si avvalevano dell’opera dei familiari. Ogni Puparo aveva i suoi trucchi e tecniche sceniche, il suo repertorio era personalizzato ed era talmente geloso che rivelava i suoi trucchi soltanto ai suoi aiutanti-familiari
Tra i più bravi pupari palermitani si ricordano: Francesco Sclafani, nato nel 1911, a sedici seguì i figli di Achille Greco in piazza San Cosmo e dal 1928 aprì un teatrino per conto suo nel rione del Capo. Tra i suoi allievi spiccarono i fratelli Villarà suoi nipoti, ma soprattutto Nino Cacioppo e Santo Cacioppo, figli del noto Puparo Giuseppe Cacioppo. Nino Cacioppo, inoltre, diversificò la sua opera dipingendo i Pupi di Zucchero ( Pupaccena ) per la ditta Amato nel vicolo degli Orfani al Capo.
Anche la città di Monreale ha un’antica tradizione dell’Opra dei pupi. La nascita dell’opera dei pupi a Monreale si deve principalmente all’iniziativa di Ignazio Munna, nato a Erice nel 1879, si ricordano anche Vincenzo Rossi, detto Enzo, Peppino Celano, Ciccio Scalisi ed il figlio Piero Scalisi, Francesco Sclafani.
Intorno al 1970, l’Opra di Pupi ebbe un periodo di grave crisi a causa del dilagare del cinema e della televisione. Quasi tutte le Compagnie di Pupari siciliani rinunciarono al loro “mestiere” (per mestiere si intende tutto il patrimonio di pupi, fondali, macchine sceniche, piani a cilindro), e rischiarono di scomparire, diversi i pupari, poveri e senza amicizie importanti, furono costretti a chiudere la propria attività.
Proprio il Museo delle Marionette , nato inizialmente per tutelare la grande tradizione dell’Opera dei Pupi, si disinteressò a preservare questo patrimonio e non tenendo conto dei loro problemi economici acquistò a poco prezzo i loro Pupi. Ciò accadde perché questi Accademici non consideravano il Puparo come un artista. Chiusero perciò le loro attività Giuseppe Argento, Nino Canino, Nino Cacioppo, Paolo Galluzzo, Rocco Lo Bianco, i Cuticchio, Piero Scalisi e Salvo Bumbello, Onofrio Sanicola di Marineo.
Nel 1995, una legge regionale riconobbe il Museo Pasqualino come spazio culturale d’interesse pubblico e perfezionò una legge non che non era stata bene applicata negli anni.
Nel 2008, l’Unesco ha iscritto l'Opera dei Pupi tra i Patrimoni Orali e Immateriali dell’Umanità dopo averla originariamente proclamata nel 2001. Fu il primo Patrimonio Italiano ad essere inserito in tale lista. Nonostante questo grande riconoscimento i Pupari erano quasi scomparsi.
Tra i Pupi più importati ricordiamo: Carlo Magno, imperatore di Francia, figlio di Pipino il breve. Orlando, nipote di Carlo Magno è il più celebre dei Pupi perché è un cavaliere forte e leale, con un abito rosso, impugna la Durlindana, caratteristica spada ricurva ed è protetto dallo scudo ed un elmo con un cimiero raffigurante un'aquila. Noto per il suo strabismo ha poca fortuna con le donne. Combatte contro i Mori che sono in numero sovrastante e fa strage di nemici ma tradito da Gano di Magona muore a Roncisvalle.
Rinaldo di Montalbano, rappresenta lo spirito ribelle che fuggì dal seminario per inseguire le avventure amorose con donne pagane. E’ cugino Orlando, vestito con abito verde e un cimiero raffigurante un leone rappresenta il simbolo dell'uomo scaltro. E’molto amato dal pubblico per la sua generosità e l’eleganza.
Angelica è il più famoso personaggio femminile dell'Opera dei Pupi. Principessa pagana, venuta nelle Corti francesi per creare scompiglio, a causa della sua bellezza e del suo carattere intrigante e provocatorio, perfino Orlando e Rinaldo si sfidarono per amore suo; il suo matrimonio con Medoro è causa della pazzia di Orlando.
Gano di Magonza è il patrigno di Orlando e cognato di Carlo Magno. E il cattivo e traditore. E’ invidioso del proprio figliastro Orlando, per i favori concessi dal Re Carlo. Per questo motivo, con l’inganno fa cogliere di sorpresa a Roncisvalle la retroguardia franca di ritorno dalla Spagna, capitanata da Orlando. Smascherato, avrà una punizione orribile per il suo tradimento: sarà squartato vivo e i suoi resti bruciati e sparsi al vento. È rappresentato con un volto barbuto, claudicante nel camminare e dall'aspetto sgraziato, probabilmente per esaltare la differenza tra bene e male.
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