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Se i (veri) influencer sono nati in Sicilia: chi fu Cacicia, l'ultimo "bannituri" di Palermo

Un mestiere che di moderno ha ben poco tranne la tecnologia usata per fare pubblicità. Vi raccontiamo la storia di una persona vissuta nell'antica città

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 6 ottobre 2023

Piazzetta del Capo - Dipinto di Clark Hulings

Oggi abbiamo gli influencer che ci dicono cosa comprare, quali vestiti indossare, dove andare in vacanza, in quale ristorante mangiare, in quale hotel pernottare. Facce sconosciute che iniziamo a vedere continuamente dappertutto sui social media.

Si sa, la pubblicità è l'anima del commercio. È questo oggi il modo di catturare l'attenzione dei clienti, ed è ormai spopolato in tutto il mondo.

Alcuni influencer vengono pagati fior fior di quattrini per pubblicizzare un prodotto e i riscontri in termini di fatturato pare vi siano per le attività che richiedono il loro servizio.

Ma siamo sicuri che si tratti di un lavoro moderno? No di certo. Di moderna c'è soltanto la tecnologia che viene utilizzata per fare pubblicità. Grazie ai social si può pubblicizzare qualsiasi cosa contemporaneamente in tutto il mondo.

Forse è questa la novità, ma il succo rimane lo stesso: spingere la gente a spendere, a comprare.
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In passato esisteva un mestiere molto simile a quello degli influencer, sicuramente più caratteristico e che aveva uno stretto contatto con il luogo in cui operava, in quanto era un mestiere che si dedicava alle attività commerciali cittadine, non era così planetario come oggi.

Stiamo parlando dello strillone, il banditore, "u bannituri". Il banditore era un mestiere povero, non aveva certo il potere di far arrivare la sua voce o ciò che aveva da dire molto più lontano rispetto a dove operava, però godeva di grande notorietà nelle città ed era ben voluto, i suoi non erano semplici momenti di divulgazione commerciale, erano veri e propri spettacoli, scenette da teatro e la gente non vedeva l'ora che si esibisse.

Uomini semplici muniti di "tammurini", piccoli tamburi che battevano il tempo della narrazione, scuotevano le masse e gli regalavano una grassa risata. Forse abbiamo perso un patrimonio essendoci dimenticati dei banditori e perciò vale la pena almeno ricordarli. Che rullino i tamburi in loro memoria.

A Palermo nell'Ottocento ce n'era uno molto famoso, Cacicia si chiamava, prestate attenzione! Era talmente noto che nel 1861 il nome Cacicia divenne il titolo di un giornale palermitano e la sua figura stilizzata venne stampata nella testata di ogni numero del giornale.

Dice Giuseppe Pitré che «Allora tutti andavano da lui, tutti gli facevano onore, perché egli, Cacicia, disponeva della pubblicità del nostro popolino. Egli bandiva la sincerità del vino d'una nuova bottega, la finezza del pane d'un nuovo forno, la freschezza della carne d'una nuova macelleria.

A lui faceva capo chi intendeva mascherarsi; e Cacicia con quella sua figura tra sempliciona e furba accettava, e riceveva i tre carlini che il candidato gli faceva, come caparro, sdrucciolare nella mano.

Cacicia nell'esercizio delle sue funzioni carnevalesche era, come di solito e più ancora del solito, un banditore pericoloso. Se nel camminare con la Tubbiana s'avveniva in una bella o in una brutta donna, diventava compromettente, faceva una sonata per chiamare a raccolta tutta la folla, ed alternando rullo e parola, fingeva di sdilinquirsi per quelle bellezze, e caricava di barzellette, di qui pro quo, tutt'altro che lusinghieri quel mostro.

E il popolo a ridere a crepapelle, perché in Cacicia la lepidezza si faceva strada da tutte le parti, cominciando dagli occhi piccoli e scerpellini, che dopo il 1860 vennero coperti da un gran paio di occhiali».

Ad un certo punto un'ordinanza comunale vietò ai banditori l'uso dei tamburi, così Cacicia e i suoi colleghi ebbero vita difficile ma solo giusto il tempo di trovare un'alternativa, e l'alternativa gli venne in mente, sostituirono il tamburo con un campanaccio di latta, quello delle mucche.

Non era la stessa cosa, ma meglio di niente.

In realtà Cacicia «dal giorno in cui dovette smettere di suonare il suo enorme tamburo, alle cui battute alternava i suoi esilaranti, piccanti strilli egli perdette la sua potenza, animata e sostenuta dal più fino umore, dà frizzi più arguti».

Pare che riposi al cimitero dei Rotoli, chi sappia dove ne indichi il luogo, magari qualche influencer si prenderà la briga di cercarlo per rendere onore all'ultimo dei banditori.
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