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Se ami la natura (e il silenzio) in Sicilia c'è un posto unico: dov'è la latomia del Filosofo

Un luogo solitamente non visitato dai turisti ma che offre un panorama eccezionale. Non meno interessante la sua storia da cui deriva anche il nome

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 9 febbraio 2025

La latomia del Filosofo

Una prigione di pietra - gelida d’inverno e rovente d’estate - dove trascorrere istanti in solitudine e, al contempo, trovare l’ispirazione per l’opera della vita: è la latomia del Filosofo. Fra le più antiche di Siracusa, parliamo di una cava nella parte più alta della città in Contrada Bufalaro sull’Epipoli; quartiere dell’antica Pentapoli sopra il livello del mare e nord-ovest della città.

Una latomia, ad oggi non visitata dai turisti, i cui blocchi lapidei li ritroviamo in costruzioni storiche a scopo difensivo come il Castello Eurialo e le Mura dionigiane (402 a.C e 397 a.C). E oltre all’importanza dell’uso architettonico, ancora più affascinante è la storia che nasce tra i suoi fianchi rocciosi; a partire dal nome.

Il filosofo a cui fa riferimento è Filosseno di Citera (435 a.C. circa) discepolo del poeta e musicista greco Melanippide e confidente di corte del tiranno Dionisio. Persona erudita e stimata su cui pesa la colpa di aver tentato di sedurre l’amante del tiranno, una certa Galatea. Ma questa ipotesi, testimoniata dal greco Ateneo di Naucrati, è solo una delle colpe.
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Pare che il poeta abbia avuto anche l’ardire di esprimere la sua opinione riguardo alle doti poetiche di Dionisio, non proprio eccellenti. Così, caput! Spedito direttamente nella latomia. Intendiamoci, niente a che vedere con il destino più funesto di schiavi e prigionieri che, una volta varcata la soglia in pietra, non vedevano più la luce. Per Filosseno la situazione è diversa: dopo alcuni giorni torna a corte.

Ascoltati di nuovo i versi del tiranno, il poeta non esita a esprimere di nuovo la sua opinione. Punizione reiterata. La prigionia da atto restrittivo di libertà, diventa fonte di ispirazione per il filosofo che scriverà l’opera definita il suo capolavoro: “Ciclope”.

Primo esempio di una satira comica che, a quanto pare, si riferisce proprio al tiranno. Filosseno usa quasi l’opera come uno specchio che pone Dionisio di fronte alla parte più feroce di sé: Polifemo.

Il gigante omerico nella versione di Filosseno ha un nuovo personaggio: la ninfa Galatea, di cui il ciclope si innamora. Un idillio che poi trova il culmine nel canto a solo di Polifemo recitato dal vivo, con tanto di lira, ricordato per bellezza nella storia della musica greca.

La fama quindi di Filosseno, filosofo controcorrente, valica i confini di Siracusa e a renderla tale sono le doti poetiche e anche la fedeltà a una propria idea. Fedeltà assoluta sposata anche a costo dell’incolumità.

Consci della sua libertà di pensiero e compositiva, Alessandro Magno porterà con sé le poesie di Filosseno nel viaggio in Asia, mentre il commediografo greco Antifane dirà di lui un "dio tra gli uomini, conoscitore della vera poesia".
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