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Se ami il caffé non perderti queste delizie: le tre ricette (estive) delle monache siciliane

Nell'Ottocento il caffè era un bene prezioso e costoso, nei monasteri le monache lo regalavano come dono per alcune festività: vi presentiamo tre antiche ricette

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 9 luglio 2024

Il gelo di caffè

Oggi in Sicilia si torna con successo a coltivare il caffè, a più di un secolo di distanza dal primo esperimento all’Orto Botanico di Palermo. Il caffè è una bevanda che si ottiene macinando i semi di alcuni alberelli tropicali. Tra i suoi benefici più noti vi è quello di stimolare il sistema nervoso centrale, riducendo la sensazione di sonno e aumentando la sensazione di benessere.

Ormai da tempo immemorabile “la tazzina di espresso” è per i siciliani, a casa o al bar, un rito mattutino irrinunciabile; è uno dei piccoli piaceri della vita che quotidianamente ci possiamo concedere senza grandi sensi di colpa. Un tempo era un privilegio che non tutti potevano permettersi; le monache di Palermo ad esempio nell’Ottocento, quando il caffè era molto costoso, ne regalavano un pacchettino al confessore o al predicatore, per “complimento”, ossia come dono, in occasione di particolari festività.
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Le monache di Santa Caterina acquistavano il caffè alla fine del XIX secolo, insieme allo “zuccaro” e alla “cioccolatta”, dalla pasticceria Valenti; mentre in anni più recenti per fare il caffelatte alle studentesse del loro pensionato compravano la miscela ovvero il surrogato, un prodotto più economico.

Bere una tazzina di caffè aiuta a recuperare energia e a superare la stanchezza, ma vi è anche un indiscusso piacere nel gustare questa cremosa bevanda e nell’ apprezzarne l’aroma; piacere che può essere purtroppo limitato o addirittura negato a causa dalle alte temperature estive.

Di seguito riportiamo allora tre fresche, deliziose antiche ricette per gli amanti del caffè che non vogliono rinunciare anche nell’afosa estate siciliana alla loro amata bevanda: gelato bianco di caffè, caffè ammantecato e gelo di caffè.

Gelato di Caffè bianco
I registri delle spese dei monasteri ci rivelano che le monache, come tutti i siciliani del resto, erano ghiotte di gelati e sorbetti. Il gelato di caffè bianco era una specialità che le monache di Marsala preparavano nell’Ottocento nel periodo estivo. Erano solite offrirne una coppa anche al sacerdote che celebrava ogni mattina la Santa Messa.

A Marsala c’erano un tempo tre monasteri femminili: San Pietro e Paolo, San Girolamo e Santo Stefano. I marsalesi erano soliti dire “San Petru , ‘u sfarzusu ,San Girolamo, ‘u’mmiriusu, Santu Stefanu, ‘u pirucchiusu !” (San Pietro monastero sfarzoso, Dan Girolamo monastero invidioso e Santo Stefano monastero pidocchioso!).

Santo Stefano era detto pidocchioso non perché fosse povero: aveva refettorio, pollaio, dispensa, mulino, panetteria, forno, cucina, lavanderia, magazzini dove riporre il frumento, infermeria, chiostro con porticato, cisterna, giardini, luogo per la sepoltura delle monache, sessanta celle e una torre maiolicata con belvedere.

Era detto "pidocchioso" per lo stesso motivo per cui San Girolamo era detto invidioso: perché nessuno dei due era un monastero aristocratico! Mentre il Monastero agostiniano di San Pietro era sfarzusu, ossia lussuoso, riservato alle fanciulle che provenivano da famiglie nobili, gli altri due erano considerati di lignaggio inferiore.

I tre monasteri femminili di Marsala furono soppressi a causa delle leggi di confisca del 1866 ma le monache si lamentarono perché non veniva liquidata a nessuno di loro la pensione e la loro protesta, appoggiata dal consiglio comunale di Marsala giunse fino alla Camera: per sei lunghi mesi le religiose rimasero senza un tetto sulla testa e senza mezzi di sussistenza, a carico delle loro famiglie.

In occasione della riapertura della Chiesa dei santi Pietro e Paolo, una pasticceria Marsalese ha voluto ricordare le prelibatezze che un tempo le monache erano solite preparare, offrendo a tutti i presenti una specialità della pasticceria conventuale: il gelato di caffè bianco.

Ingredienti
250 g caffè in grani, 200 g acqua, 200 g zucchero, ¼ l panna.

Procedimento
In un tegame unite i grani di caffè e 150 gr di acqua. Portate a ebollizione, togliete dal fuoco e aggiungete lo zucchero. Mescolate di tanto in tanto fino a che lo zucchero sia sciolto e lasciate raffreddare il composto. Dopo aver utilizzato un colino filtrate lo sciroppo per eliminare i grani di caffè, unite la panna e versate nella gelatiera.

Il Caffè ammantecato
Il caffè ammantecato era molto diffuso un tempo a Trapani, dove veniva anche chiamato “caffè degli ziti”. Ricordava Elio D’Amico, in un articolo del 31 Marzo 1994 su “Trapani Nuova”, che in occasione dei festeggiamenti di nozze, dopo la cerimonia, parenti e amici sedevano in cerchio e la madre della sposa, all’interno del cerchio di sedie, si muoveva con grazia, reggendo come un equilibrista tra le braccia un grande vassoio (guantiera), offrendo dolci di mandorla, biscotti da zita, sciampellette con glassa di zucchero.

Ogni invitato prendeva un pasticcino e se ne restavano si procedeva a un secondo giro. Seguivano balli e canti per festeggiare l’evento. La suocera provvedeva a sostenere gli infaticabili ballerini con rosolio e “caffè degli ziti”: caffè ammantecato, con cannella e liquore.

Il termine "ammantecato" deriva dallo spagnolo manteca, burro ma col tempo ha assunto il significato di “reso morbido e cremoso con burro, panna o altro”. Il caffè ammantecato è preparato con il latte di mandorla al posto dell’acqua: la mandorla è del resto da sempre uno degli ingredienti principali della pasticceria siciliana.

La ricetta è veramente facile: si prepara la moka per fare il caffè e si sostituisce nella parte bassa sotto il filtro l’acqua con il latte di mandorla. A questo punto si aggiunge la miscela e si pone la macchinetta sul fornello, a fiamma bassissima. Quando il caffè sarà pronto, basterà servirlo aggiungendovi un pizzico di cannella o liquore a piacere.

Gelo di Caffè
Le monache benedettine del monastero di Santa Chiara amavano preparare il gelo di caffè. Il termine “gelo”, che deriva dallo spagnolo “hielo”, ghiaccio, in Sicilia indica un dolce particolare, la gelatina. Il più famoso esempio è “il gelo di mellone” (anguria): una ricetta palermitana, la definisce nei suoi ricettari la scrittrice Simonetta Agnello Hornby.

Il gelo siciliano è un dolce particolare, perché diversamente dalle altre gelatine non viene preparato con la colla di pesce, ma con l’amido.
La ricetta delle monache di Santa Chiara era semplicissima: la celleraria (adetta alla cucina) annotava nel registro delle spese solo tre ingredienti: caffè, zuccaro e amito (caffè, zucchero e amido).

Un dolce dunque facilmente replicabile anche oggi in casa. Per tenerlo in fresco le monache utilizzavano la ghiacciaia e acquistavano la neve. Noi possiamo lasciarlo raffreddare e servirlo dopo averlo riposto per un paio d’ore in frigorifero.

Ingredienti
Mezzo litro di di caffè ristretto; 150 g di zucchero; 100 g di amido.

Procedimento
Preparare il caffè ristretto e fatelo raffreddare. Aggiungere al caffè l’amido, mescolate bene in modo da evitare che si formino i grumi. Versare gradualmente anche lo zucchero, continuando a mescolare. Mettere sul fuoco con un pentolino antiaderente e continuate a mescolare fino a che giunga ad ebollizione. Spegnete la fiamma. Fate riposare la crema di caffè in alcuni stampi per dolci che poi metterete in frigorifero. Servite freddo.
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