ITINERARI E LUOGHI
Salvare la "chiesa dei marinai" a Favignana: testimone di un pezzo della storia dei Florio
Posta al limite del vecchio complesso della tonnara, è forse l’ultima testimonianza dell’attività svolta da Damiani Almeyda, architetto dei "Leoni di Sicilia"
La Chiesa di Sant'Antonio da Padova a Favignana
Il bene, però, corre il rischio dell’abbandono, e del decadimento senza ritorno, dopo una sequenza di richieste di aiuto e sensibilizzazioni che non ne hanno mutato in meglio il destino.
Aperta al culto l'11 aprile del 1898, è un esempio piuttosto raro di edificio sacro concepito e realizzato secondo i dettami dell'Art Noveau, ma da mani artigianali. Il pavimento a piastrelle bianche e nere, le decorazioni floreali, le corone di gigli che incorniciano le figure, persino le ali degli angeli in procinto di spiccare il volo, recano l'impronta inconfondibile del Liberty.
Il progetto della chiesa fu affidato all'architetto e ingegnere Giuseppe Damiani Almeyda, un grande tecnico che avrebbe lasciato numerose tracce della sua ricca attività al servizio della famiglia Florio e non solo.
La necessità di un restauro costoso, che l'Arcivescovado di Trapani aveva iniziato negli anni scorsi, senza la possibilità di ultimarlo, è apparsa più volte un’urgenza indifferibile.
Già nel 2014, l’allora parroco dell’isola, Padre Antonio Vettorato, ha organizzato una sottoscrizione a cui si poteva partecipare con offerte donate in loco, nella stessa chiesa finalmente aperta, o attraverso un bonifico bancario intestato alla Parrocchia Immacolata Concezione.
Nello stesso anno, alla presenza del vescovo di Trapani, Pietro Maria Fragnelli, il piccolo gioiello in stile ‘art nouveau’, che si affermò in tutt’Europa tra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale, e che fa parte del sistema della tonnara assieme alla casa dell’Amministratore e alla Palazzina Florio (e che era nella proprietà della banca di credito cooperativo ‘Toniolo’ di San Cataldo, che l’ha donata alla Diocesi del capoluogo), ha riaperto i battenti.
«Questo luogo ha costituito un presidio di speranza e di fede delle marinerie e delle loro famiglie – ha dichiarato in quell’occasione il presidente della Banca, Salvatore Saporito, nell’affidare le chiavi della chiesa e la proprietà delle mura alla Curia Vescovile –. Affidare alla Diocesi e a tutta la gente di Favignana un simbolo monumentale dell’isola e del suo culto, è un segno di fiducia nell’avvenire della comunità. Nei prossimi mesi inizierà il lavoro più importante: quello della ricerca dei fondi e della progettazione dei restauri per la completa restituzione estetica della chiesa alla sua bellezza».
Una riapertura parziale, quella di allora, nell’attesa che venissero eseguiti gli interventi di restauro, in occasione della festa di Sant’Antonio da Padova che la chiesa celebra il 13 giugno.
La chiesa è rimasta aperta in quell’anno nel periodo estivo, tutti i giorni, nelle ore serali, per permetterne la visita ai turisti, sia italiani, sia stranieri che normalmente affollano l’isola, e ha ospitato nel tempo esposizioni di quadri dedicati ai carismatici personaggi che hanno fatto la storia di Favignana.
Opere che ritraggono la bellezza della "grande farfalla", come quelle, ad esempio, dell'artista favignanese Giovanna Guccione, dedicate anche ai Rais, ‘sciamani del mare’, e nei pressi della stessa si è radunato, in occasione delle manifestazioni natalizie organizzate puntualmente dall’Amministrazione comunale del tempo, il Corteo dei Re Magi, con l’esibizione della Christmas Junior Band, eccezionale risorsa di talenti dell’isola.
La chiesetta fu costruita sul finire dell’800 per volere dei Florio che lì avevano la tonnara e lo stabilimento di lavorazione del tonno: era una chiesa per i propri dipendenti, i marinai, in un periodo in cui il lavoro del pescatore era meno tecnologico di adesso, il mare era più misterioso e la vita di chi vi lavorava era effettivamente nelle mani di Dio.
È stata ristrutturata nel 1997, ma all’interno probabilmente sono stati messi a posto solo gli affreschi del soffitto della navata, perché il resto è rimasto malridotto.
Posta al limite estremo del vecchio complesso della tonnara, la chiesa probabilmente è l’ultima testimonianza dell’attività svolta da Damiani Almeyda quale architetto della famiglia Florio a partire dal 1868.
Lo schema planimetrico di questa fabbrica è basilicale a tre navate, di cui la principale ha maggiore sviluppo in altezza, con accentuazione dell'asse ingresso-altare dovuta alla presenza di un nartece, nonché di un abside che accoglie l'altare, in corrispondenza del quale, ai due lati, sono allineati due ambienti che concludono in senso longitudinale lo spazio delle navate laterali.
Tanto la presenza del nartece biabsidato che le pseudo cappelle laterali all'abside, rimandano per la composizione dell'impianto planimetrico a modelli paleocristiani di area orientale o ravennate.
Oggi la chiesa conta sull’impegno condiviso, tra il Comune e la Curia, per la sua salvezza. La proposta è stata lanciata nei giorni scorsi dal sindaco delle Isole Egadi, Francesco Forgione, nel corso di un convegno organizzato dall’Associazione Nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale, Italia Nostra, in collaborazione con la Diocesi di Trapani e con il patrocinio dello stesso Comune.
«La chiesa di Sant'Antonio è un luogo fondamentale dell'identità, della storia di questa isola, anche nella costruzione dell’itinerario culturale, nel rapporto con il mare, con il lavoro, con l'industria e con i tonnaroti - ha detto Forgione -. Noi stiamo lavorando per valorizzare, nel complesso, i Florio e tutto ciò che hanno rappresentato e rappresentano per quest’isola. La chiesa è di proprietà della Curia.
Raccogliendo l’appello della sezione di Trapani di Italia Nostra e del suo presidente Totò Pellegrino, che ringrazio per l’iniziativa, siamo disponibili a collaborare per provare a individuare insieme nuovi finanziamenti che consentano di recuperare integralmente l’edificio e restituirlo alla comunità».
«La proprietà giuridica è nostra e siamo sicuramente disponibili - ha detto il vescovo Pietro Maria Fragnelli - ciò che però mi preme sottolineare è la proprietà morale, quella è di tutti, ogni favignanese deve dire: questa chiesa mi appartiene».
Disponibilità è stata espressa anche dal deputato regionale Dario Safina, che ha dichiarato: «Verificherò con l'Assessorato la possibilità di individuare le risorse necessarie per recuperare la chiesa di Sant'Antonio, che ha un valore antropologico fondamentale, racconta la storia dei Florio, della mattanza dei tonni, di un’isola che ricordava i suoi defunti mettendoli nei visi degli angeli delle pitture parietali.
Non si può disperdere questo pezzo di storia, anzi va valorizzato all'interno di un percorso che deve ricordare cosa hanno rappresentato i Florio assieme ai loro tonnaroti».
Mariarita Signorini, restauratrice e già presidente nazionale di Italia Nostra, intervenendo a conclusione dei lavori, ha invitato a fare presto al fine di non pregiudicare ulteriormente le già precarie condizioni della chiesa.
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