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Raffinato e con la gallina al guinzaglio: chi era uno degli ultimi Gattopardi di Sicilia

Vi raccontiamo il principe Notarbartolo, uomo di grande cultura, poliglotta, amico di personaggi di spicco della nostra storia. La sua vita tra lusso e usanze bizzarre

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 30 settembre 2024

Il principe di Notarbartolo con la moglie

“Papà nacque a Palermo al Palazzo Reale, nonna Coletta era figlia del Generale Scipioni che si trovava lì come sede e lì abitarono”. Inizia così il racconto di quello che è stato uno degli ultimi Gattopardi, Francesco Notarbartolo Sandoval e Pignatelli Principe di Sciara e Castelreale, uomo di grande cultura, poliglotta, amico di personaggi di spicco della nostra storia.

I Notarbartolo sono una famiglia storica, lo stesso Principe in una lettera scrive “1150 anni mi dividono dal capostipite Bartolo (Bartolo Wangeni dei Signori di Adernach in Alsazia) il primo venuto in Italia insieme all’imperatore Ottone III nel 951 per ricoprire il ruolo di Notarius, Guardasigilli, incaricato di registrare gli atti di corte”.

Dal “Notarius Bartolo” a Notarbartolo che il figlio Luchino farà diventerà il cognome del Casato. Lo Stemma è un leone rampante coronato d’oro su campo azzurro, accompagnato da 7 stelle in ricordo delle vittorie navali a cui contribuirono i Notarbartolo contro i Ghibellini. Giunti a Catania dal 1296 con Federico D’Aragona, i Notarbartolo si divisero in seguito in due Rami quello di Sciara e quello dei Villarosa, situazione che creò contese e attriti tra le due famiglie.
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A questo Ramo appartenne anche il Marchese Emanuele Notarbartolo di San Giovanni, Sindaco di Palermo e prima vittima della mafia, reo di aver cercato di risanare il Banco di Sicilia, a cui è dedicata una via centrale della città.

Ricordiamo anche che la madre di Franca Florio, Clementina, era una Notarbartolo. A seguito dei bombardamenti di Palermo, Francesco e la famiglia andarono in uno dei loro feudi a Grottamurata, li vi furono le prime scorribande del Principe ragazzo, che mostrò un carattere curioso e libero. Tornati a Palermo, ad una festa di Gualberto e Alfonsina Carducci, conobbe la bellissima e giovanissima Ketty che sposò nel 1954 con una cerimonia intima e privata alla Cappella Palatina.

Il loro fu un grande amore ed una condivisione assoluta con uno stile di vita da veri spiriti liberi come erano entrambi. Dall’unione sono nati 3 figli Nicoletta, Gaetano a cui passerà il titolo e Donatella. Ketty diventerà un’affermata pittrice, allieva e musa di De Chirico, che sarà ospite della famiglia.

Ricordo la casa dei Notarbartolo con tanti artisti, ospiti, tele e colori. Abitando nello stesso stabile a Via Dante, capitava di restare a colazione. Il Principe presenziava come se fossimo delle Dame con vivande assolutamente insolite e di alta cucina; ricordo un incredibile pane indiano speziatissimo che accompagnava un pasticcio di carne.

Affascinante, seduto a capotavola, con la massima serietà e travolgente simpatia intratteneva noi bimbette, servite da personale in livrea. I camerieri dello Sri Lanka furono la prerogativa dei Notarbartolo, Udian o Cresan lo accompagnavano anche in quella che fu la sua grande passione: il mare.

La figlia rammenta le loro uscite con il gommone o con la prestigiosa Riva Ariston, la barca della dolce vita una delle più belle e lussuose. Con questo gioiello amava portare gli amici anche quando il mare era agitato e sulla prua di mogano su una tovaglia candida di fiandra, posate d’argento e bicchieri di cristallo, iniziava un pranzo raffinatissimo, uno schiticchio principesco.

Lasciati i famosi circoli nautici La Vela e il Lauria, si fermava al loro moletto e con un turbante in testa (non amava scottarsi) dava il via al banchetto servito dal cameriere, condiviso tra nobiltà e gente comune come il fidato meccanico della Jaguar che portò sino a Londra.

Memorabile l’uscita in barca con Giovanni, portiere di via Dante. Con la cambusa piena di whiskey (altra grande passione) cameriere e vettovaglie varie, rientrarono i due a notte fonda con la moglie del portiere agitatissima per questa uscita.

Il Principe era così, incurante di regole o convenzioni, molti lo ricordano con la gallina Ashpury al guinzaglio, che portava in barca. Il nome fu coniato insieme al cameriere durante un’uscita Palermo-Vulcano.

Il Nobile e la famiglia furono ospiti di una puntata di “Fenomeni” condotta da Chiambretti, che chiese a Notarbartolo se sposando la figlia Donatella, sarebbe diventato a sua volta Principe. Questi rispose con un sorriso ironico “No, deve essere Nobile”.

Abituati a residenze prestigiose, abitarono nel Palazzo settecentesco a Piazza Castelnuovo, si trasferirono per un anno a Parigi dove il Principe lavorò per il Credit Lyonnaise, senza dimenticare che la meravigliosa Zisa apparteneva a questo Ramo prima di essere espropriata nel 1955.

Scaramantico, ricorda lo scrittore Vittorio Lo Jacono un pranzo con amici. Lungo la strada si accorse che sarebbero stati in 13, preoccupato fece fermare la macchina e chiese a una persona che passava di lì di unirsi alla comitiva.

Piuttosto perplesso il tizio alla fine accettò; conclude la storia lo scrittore “Nessuno seppe mai il nome del commensale, per tutti rimase il Signor 14”. Il Principe fu un uomo capace di vivere le parole di Seneca: “Essere libero a metà? nessun uomo saggio può abbassarsi a questo… Il più grande sperpero della vita è rimandarla, tutto ciò che deve ancora avvenire giace nell’incertezza, vivi immediatamente”.

Francesco Notarbartolo fu incurante di stereotipi. regole e avverse fortune. Gli ultimi mesi del Nobile sono stati difficili per varie patologie di cui soffriva, benché la figlia l’abbia portato con sé a Milano, per farlo curare.

Con amore approssimandosi la fine, con un’ambulanza che ha attraversato tutta l’Italia, l’ha riportato nella sua adorata Palermo. Uno degli ultimi Gattopardi se n’è andato, mi piace immaginarlo ora felice, alla guida del Riva Ariston con il suo profilo svevo, incurante di vento e onde, inseguendo capodogli, giocando con delfini, ascoltando le lusinghe di sirene dalla coda scintillante, sdraiate languidamente a prua.
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