ITINERARI E LUOGHI
Qui c'è il segreto dell'elisir di lunga vita: sei in Sicilia nel "borgo dei centenari"
Lunghezze scarse, due casette antiche e tanti ricordi. Il silenzio è una delle caratteristiche principali. La frenesia della grandi città è un lontano ricordo. Dov'è
Il castello di Federico II a Giuliana (tra Palermo e Agrigento)
Perché non calarsi nella parte dell’intrepido avventuriero per scoprire la verità? Raggiungere la ridente cittadina non è così complicato. Messo piede fuori dal territorio agrigentino (Sambuca di Sicilia) o provenienti dalla frazione di San Carlo (anche da Corleone volendo), su un colle ripido si erge un tesoro a cielo aperto.
Il comune palermitano apre le porte a qualsiasi visitatore decida di ritornare indietro nel tempo. Accompagnato dai profumi della “Giarraffa” (olio pregiatissimo prodotto nel territorio), si lascia pervadere dai misteri che aleggiano nelle strette viuzze. Il primo impatto è a dir poco meraviglioso.
Abituati ai lunghi viali, le stradine sono ridotte a pochi metri. La via Garibaldi, Corso Umberto e via Roma sono “striminzite”. Lunghezze scarse, due casette antiche e tanti ricordi. Il silenzio è una delle caratteristiche principali. La frenesia della grandi città è un lontano ricordo. Passeggiare a Giuliana è una rara forma di distacco dal mondo attuale.
L’obiettivo principale è la visita del Castello di Federico II. È alto il rischio di rimanere intrappolati nella singola architettura. Durante la camminata è compito del turista trovare angoli, scorci e spigoli da immortalare. Archi secolari e strutture religiose datate emergono prepotentemente.
Prima di calarsi nei panni degli “Svevi”, cerchiamo di descrivere un itinerario dai contenuti “più che storici”. Ottocentotrentanove anni fa, sul monte dove sorge il paese attuale, era ubicato un casale che apparteneva alla "Gens Giulia”. Ceduto dall’imperatore Guglielmo il Buono ai vescovi, trovò la sua quadratura urbanistica grazie alla storica famiglia dei Ventimiglia prima e Peralta dopo. Nel 1997 ri-ottenne lo “Status Julianae" (con tanto di celebrazioni rievocative).
Mentre ci accingiamo a leggere i contenuti, i nostri passi trovano affermazione nel membro superiore. Per un attimo mescoliamo gli argomenti, in un can-can alla "siciliana". Affiorano gli studi geologici. Il territorio si divide in tre sezioni. La superiore è con andamento orizzontale e si forma un piccolo altopiano.
A essa fanno breccia quello medio e inferiore. Rocce eruttive a contatto con una fascia milonitica e materiali dolomitici limitati da due faglie sono le caratteristiche da non sottovalutare. E improvvisamente lo spirito d’osservazione sposta gli equilibri. Dalla teoria si passa alla visita. A distanza di qualche centinaio di metri svelano la loro importanza le chiese del SS. Crocifisso, Trinità, S. Nicolò Bari, del SS. Rosario e Chiesa Madre.
Un tourbillon di emozioni acceca tutto il resto. Siamo nella storia! La Chiesa del SS. Crocifisso domina in lungo e largo la scena. Sorge nell’omonima piazza. Ha un’unica navata. Splende la volta a botte lunettata, con soprastante tetto a falde. Policromi, marmi, balconate in ferro battuto e coro ligneo compongono la struttura barocca. Di notevole rilievo è l’ischelitro “Crocifisso”. La Chiesa della SS. Trinità fu costruita in sette anni.
Anch’essa ha un’unica navata. È illuminata da alte finestre ovali e presenta un portale manieristico con uno stemma olivetano. Tra modifiche, legge di soppressione dei beni ecclesiastici e restauri, la Chiesa (con annesso convento benedettino) di San Nicolò di Bari manifesta coinvolgimento storico-religioso.
Stucchi e decori di grande interesse si trovano all’interno della Chiesa del SS. Rosario. Invece, al culmine di una bella passeggiata tra odori provenienti dalle abitazioni e gatti spensierati alla ricerca di un luogo dove riposare, spicca la bellissima Chiesa Madre.
Fatta edificare da Federico II come Duomo, presentava l’impianto basilicale a tre navate senza transetto. Dopo la demolizione avvenuta negli anni Venti, venne costruita l’attuale Chiesa Madre (anni Trenta). Non lontani dal castello, una vocina singhiozzante merita lo spazio necessario.
Se fosse uno dei centenari? No, è un giulianese che descrive - con profonda amarezza - il rapporto vecchia-nuova generazione. «I nuovi scappano alla ricerca di un lavoro, altrimenti rischiano di ritrovarsi in mezzo alla terra, come umili contadini. Le opportunità non mancherebbero, eppure, con dispiacere, Giuliana merita molto di più».
Parole struggenti che vanno lette con disfattismo, purtroppo. La visita continua, infatti, mancano poche decine di metri e, dopo “n’acchianata” faticosa, finalmente l’obiettivo è raggiunto.
Dell’imponente fortezza è stato detto tutto, o quasi. Magari sfuggono piccole curiosità. Dall’alto è possibile delineare i confini di ben quattro province (Trapani, Agrigento, Palermo e Caltanissetta) e (fonte sicura) il territorio di 35 comuni. È un record? Poco ci manca. Sicuramente a non mancare sono li maccaruna.
Non siamo a Carnevale però, il formato di pasta (anticamente fatto con un ferro da calza) condito con sugo di carne e caciocavallo merita un assaggino. Magari accompagnato da una ciotola di dolci con mandorle giulianesi (amaretti e abbruscati). Tra sagre, festività religiose e ricorrenze di ogni tipo, a Giuliana non mancano le prelibatezze, le degustazioni e la possibilità d’imparare a lavorare il legno e la ceramica. Nel paese delle meraviglie la natura è padrona del territorio.
Il Parco di Sant’Anna nasconde contenuti stimolanti. Oltre a essere (meglio dire era) uno svago per bambini e adulti, al suo interno è ubicato l’ex eremo omonimo. Ventisei ettari di puro amore attraverso una vegetazione ricca fino alle pendici del “Costone di San Marco”.
Attualmente il cancello è chiuso. Rappresenta l’ennesimo smacco alla comunità giulianese, in preda a uno spopolamento evidente. E forse, a ripensarci bene, con il senno di poi, basterebbe poco per ritornare a sognare i fasti di Federico II e non lasciare morire il piccolo borgo.
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