AMBIENTE
Quali sono i mari più inquinati in Sicilia: di alcuni lo sai, di altri (forse) non te l'aspetti
Un approfondimento sui risultati della traversata di Goletta verde, la campagna di Legambiente, che indaga lo stato di salute dei nostri mari: ecco quelli più a rischio
Aci Trezza (foto da Wikipedia)
Essa è una delle campagne di Legambiente più partecipate durante l’anno, che è partita nell’ormai lontano 1986. D’allora ha lo scopo di indagare il livello d’inquinamento dei nostri mari e di sponsorizzare quelle politiche ambientali che potrebbero arginare problemi complessi come il crescente malfunzionamento del ciclo di depurazione delle acque, che colpisce in particolar modo il mezzogiorno e la nostra isola.
Quest’anno la Sicilia è stata toccata dalla campagna nelle giornate che andavano dal 17 al 20 luglio e sono stati ben 26 i punti di prelievo che hanno consentito agli scienziati e agli ambientalisti di indagare la qualità delle acque, di cui 9 in punti critici come foci di fiumi, canali e scarichi artificiali, mentre gli altri 17 sono stai compiuti in mare.
Tra i punti più inquinati abbiamo per esempio Cefalù, nei pressi del porto rinomato per disporre una sorgente di acqua dolce, come anche il mare presso la foce del torrente Ciachea a Carini o il mare di Terrasini. Trappeto è un altro comune che presenta un livello d’inquinanti molto preoccupante nel palermitano, come la foce del fiume Salso a Licata nell’agrigentino o il lungomare Galatea di Aci Trezza, per quanto riguarda la costa orientale.
Lo scenario quindi delineato dai campionamenti non è propriamente ideale, con i bagnanti più attenti che potrebbero cominciare a domandarsi se sia davvero opportuno andare in spiaggia, nelle località presenti all’interno della lista fornita da Legambiente.
Non è tuttavia la prima volta che gli scienziati gridano l’allarme, per quanto riguarda la cattiva condizione dell’acque presenti sull’isola. Lo stesso basso numero di Bandiere Blu nella nostra regione, che ricordiamo essere l’isola più grande del Mediterraneo, con una forte vocazione turistica, dovrebbe in teoria farci comprendere cosa non va, rispetto altre realtà come la Sardegna, che per quanto presenti anch’essa dei problemi gode di un mare e di canali d’acqua dolce meno inquinati dei nostri.
Come spiegano però gli ambientalisti questi dati sconfortanti? Cosa rende il mare così tanto inquinato, cosa è possibile fare per arginare questo problema e soprattutto come effettuano i campionamenti gli scienziati, che sono inseriti all’interno della campagna di Goletta Verde?
Proprio per arginare le eventuali critiche che quasi sempre sorgono quando un’associazione ambientalista diffonde i propri dati, per prima cosa gli organizzatori di Goletta Verde tendono a precisare che i loro studi non coprono l’intera costa siciliana e risultano essere un dato estemporaneo della qualità delle acque di ciascun sito coinvolto nel progetto.
Per comprendere quindi meglio il trend legato all’inquinamento non basta leggere il risultato dei campionamenti di un singolo anno o di una singola regione. È necessario invece leggere i dati nel loro complesso e valutare il livello d’inquinamento nel corso degli anni.
Ciò però non salva la situazione, per quanto riguarda la Sicilia. Come infatti sostenuto dal presidente Legambiente Sicilia, Giuseppe Alfieri, la situazione dei canali e dei tratti di mare vicino le coste siciliane è peggiorata nel corso degli ultimi anni. Sempre più siti risultano inquinati oltre le soglie di legge.
Sempre più luoghi sembrano essere caduti vittima del disinteresse della politica locale, che non sembra voler migliorare le condizioni del territorio, ampliando il numero e la qualità del lavoro dei depuratori comunali, che dovrebbero svolgere in teoria il compito di purificare le acque reflue dagli inquinanti che rischiano di raggiungere il mare.
Sono d’altronde diverse le sostanze e i microrganismi nocivi che giungono in mare, per colpa dell’assenza di questi strumenti che la stessa Unione Europea chiede a gran voce di realizzare.
Fra batteri fecali, microplastiche, prodotti chimici e fertilizzanti, i luoghi più soggetti all’inquinamento sono difatti proprio quelle aree soggette agli scarichi fognari, provenienti dalle campagne e dalle principali città.
Inoltre non si può accusare Goletta Verde di fare ambientalismo scientifico senza un oculato metodo che accoglie tra l’altro anche il lavoro di centinaia di scienziati e volontari, che sono presenti all’interno del Paese.
Legambiente Sicilia infatti chiede per esempio settimane prima ai propri iscritti e alle persone che collaborano con i diversi circoli di contribuire nel processo di monitoraggio, organizzando dei campionamenti che hanno i liberi cittadini come protagonisti e gli scienziati sparsi per il territorio come mezzo, per fornire all’equipe presente sopra l’imbarcazione della Goletta dati biologici e chimici accertati, che dal punto di vista tecnico laboratoriale siano corretti e non abbiano oltre 24 ore dal prelievo.
Non tutto però sembra essere perduto. Per quanto infatti gli scarichi urbani e fognari rappresentano e probabilmente rappresenteranno ancora a lungo una minaccia significativa per i corpi idrici e fluviali, oltre che per il 71% delle acque marino-costiere, alcuni dati usciti quest’anno dalla Goletta risultano essere incoraggianti.
Per esempio, l’incremento della partecipazione giovanile dimostra che sempre più cittadini sembrano aver cura del proprio mare come della salute dei corpi idrici terrestri. Alcune aree che un tempo erano inquinate, come la spiaggia libera di Termini Imerese o del fiume Gattano a Gela, oggi risultano molto meno sofferenti, con concentrazioni di inquinanti entro la norma.
Non sono stati osservati siti in cui bloom algali producevano sostanze pericolosamente tossiche e in generale nella nostra isola sembra esserci un maggiore interesse nei confronti del mare e delle specie che lo abitano. Che futuro dunque ci attende, inerente al nostro mare? Dobbiamo essere pessimisti?
Sono gli stessi scienziati e i volontari che hanno lavorato quest’anno al progetto a chiarirci che no, non dobbiamo essere pessimisti! Dobbiamo essere invece semplicemente realisti, per affrontare un tema così complesso come l’inquinamento marino o fluviale.
Non è detta l’ultima parola inerente allo status di salute delle nostre coste. Basterebbe infatti, secondo gli esperti, anche solo fornire ad ogni comune affacciato nel mar Tirreno come nel Canale di Sicilia e nello Ionio un depuratore e lottare assiduamente contro le discariche abusive, per ottenere degli enormi miglioramenti nel breve-medio periodo.
La presenza d’altronde degli squali, dei delfini e persino degli stessi pesci di cui abbiamo parlato nelle scorse settimane vicino la costa è un sintomo che il nostro mare non è morto, ma solo sofferente. Esiste infatti un ecosistema ancora vivo oltre le nostre spiagge o i nostri argini fluviali, un ecosistema che palpita e che continua a resistere alle molteplici minacce antropiche che favoriscono la perdita di biodiversità.
Goletta verde come i volontari di Legambiente continueranno ogni anno a scandagliare la salute dei nostri lidi più famosi, ma apparterrà a tutti noi il compito di vigilare e di fare in modo che gli inquinanti non raggiungano la riva, dopo aver promosso distruzione fra i flutti delle onde.
Valorizzare e tutelare il nostro mare, come la nostra stessa isola, si può. Basta fare solo delle scelte oculate e spingere i nostri politici locali a dare il meglio, mentre le commissioni nazionali ed europee ci chiedono già di aggiornare il nostro complicato rapporto con la natura e la gestione dei rifiuti.
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