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Pure Eros veniva preso a colpi di "tappina": storie di un metodo educativo senza tempo

Zoccolo, pantofola o tappina, che dir si voglia, in Sicilia, e in genere al Sud, prima che una calzatura, il detto strumento ha sempre avuto una funzione educativa

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 19 febbraio 2021

Afrodite "sculaccia" Eros. Dettaglio di un vaso del MARTA, il Museo Archeologico Nazionale di Taranto,

"Lo disse Cesare, lo affermò Pilato, che il compito in classe l’ho sempre copiato". Ogni volta che il giorno delle pagelle (più brutte che belle) recitavo questa grandissima fesseria col botto, puntualmente dall’altra stanza mia nonna mi lanciava una tappina, scientificamente conosciuta con il nome di pantofola, che pure se mi nascondevo sotto il tavolo prendeva l’effetto e mi colpiva lo stesso.

Io però, rispetto al mio compagno di banco, non mi potevo lamentare perché suo nonno usava quei bellissimi zoccoli di legno della Dr. Scholl che negli anni '90 calzavano ai piedi dei meglio masculazzi (non per niente in quegli anni nasceva il Telefono Azzurro).

Se esistono corsi particolari per imparare a lanciare le pantofole questo non l'ho mai capito; in compenso, però, mi sono appassionato alla storia di questo sadico dottore che produceva zoccoli di distruzione di massa e che nella mia mente avrebbe dovuto essere condannato per crimini contro l'umanità.
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Con grande sorpresa invece scoprì che William Scholl era un ragazzo di diciassette anni che nel 1899 si trasferì a Chicago trovando lavoro in un piccolo negozio di scarpe. Incuriosito dalla quantità di persone che avevano papole ai piedi (vesciche, ndr) William decise quindi di iscriversi alla facoltà di medicina per studiare meglio il piede (Freud gli avrebbe dato del feticista).

Zoccolo, pantofola o tappina, che dir si voglia, in Sicilia, e in genere al sud, prima che una calzatura, il detto strumento ha sempre avuto una funzione educativa che ha radici molto più antiche di quanto si possa immaginare. Le varianti sono tante, passando dalla cinta, il battipanni, il nerbo-che altro non è che un frustino ricavato dal pene del vitello, allungato ed essiccato con dei pesi per tenerlo in tensione e infine intrecciato- e l’intramontabile cucchiaio di legno (in Australia sono stati più scaltri perché hanno inventato un cucchiaio di legno che si lancia e torna indietro: il boomerang).

I più grandicelli potranno sicuramente parlarne meglio del sottoscritto e qualcuno magari si porta ancora il segno addosso come un trofeo.

Per tornare al metodo della tappina in quanto predecessore del metodo Montessori possiamo farla addirittura risalire dall’antica Grecia.

E siccome noi al sud siamo amanti del bello e innamorati dell’amore, non potevamo che affezionarci sin da subito ad Afrodite (Venere per i romani) e ad Eros (Cupido sempre per i Romani).

Ebbene, che ci crediate o no, a Taranto, al museo archeologico, è esposto un labete nuziale (un vaso) del 360 a.C. in cui è rappresentato il momento in cui Eros aveva combinato qualche marachella e Afrodite, tenendolo per le mani, gli cafudda quattro colpi con tutti i sentimenti nel culetto da puttino che si ritrova.

Se proprio dovessimo azzardare, potremmo pensare che uno dei posti dove volavano colpi di tappine a tinchitè (a quantità) doveva essere sicuramente la bellissima Erice, proprio perché sull’antico monte Eryx, oggi conosciuto come monte San Giuliano, sorgeva un antico tempio dedicato alla Venere Erycina, ovvero Afrodite, che sicuramente era anche la protettrice delle madri che scannavano i figli a colpi di tappina. Secondo i miti, ma si fa per dire, Eros era figlio di Afrodite e di Ares.

Si fa per dire perché quando si parla di Monte Olimpo e questioni amorose dell’antica Grecia l’Hotel Eufemia al confronto era è la casa lavoro e preghiera. Afrodite, non meno dei parenti, era stata una picciotella bella vispa e quattro spaghi se li era mangiati.

Era stata con Adone e aveva avuto Priapo, con Anchise che gli aveva dato Enea, con Poseidone aveva avuto Rodo, da Pigmalione ebbe Pafo e si fece pure qualche scappatella con Ermes e Dionisio. Manco Ares, che stava antipatico a tutti, ci scherzava.

Fra le sue amanti figurano Eos, Aglauro, Demonicie, Enio, Sterope, Altea, ed altre che a scanso dei nomi erano tutte belle donne: insomma, la classica famiglia del Mulino Bianco. E siccome da buon albero buon frutto, dall’unione di questi due bellissimi elementi non poteva che nascere Eros che, per carità, se pur dio dell’amore non era certo uno stinco di santo.

A noi ragazzini normali, figli degli anni '80, il massimo del lusso che poteva capitare tra le mani era una fionda o nel peggiore dei casi una pistola ad aria compressa… e già facevamo danni così. Provate a pensare uno come Eros che al posto della fionda aveva un arco che sparava frecce che facevano innamorare chi ne veniva colpito.

Una tragedia! Il gatto che si accoppiava col cane, in canarino che moriva annegato perché si tuffava nella vasca del pesce rosso con le peggio intenzioni, il nonno Zeus che basta che respiravano lui era apposto e Narciso che poverino stava tutto il giorno chiuso in bagno perché era innamorato di se stesso.

La questione si complica quando non si parla più di antica Grecia in generale ma ci si sposta specificatamente a Sparta dove venivano formati i soldati più incredibili della storia del mondo. Avete presente quando si dice che ci vuole pure fortuna a farsi un uovo fritto? Bene, se si nasceva a Sparta in quei tempi con qualche difettuccio fisico ti prendevano e ti buttavano dalla montagna.

In compenso però ai bambini sani veniva assegnato un terreno alla nascita, pure se puzzavano dalla fame, in modo che tutti potessero avere il famoso pezzo di terreno dove farsi la casa. Stranamente anche se noi siciliani non abbiamo legami con gli spartani ci è rimasta sta cosa che appena vediamo un pezzo di terreno, pappiti!, e in una notte gli facciamo spuntare pure noi la casa abusiva. La cosa più assurda però era che all’età di sette anni i bambini venivano strappati dalle famiglie e venivano avviati alla carriera politico militare che prevedeva prove durissime.

Avrebbero vissuto nei campi militari fino all’età di trentanni e solo dopo gli sarebbe stato concesso di fare ritorno in quel famoso pezzo di terra per farsi casa e famiglia; noi male che vada a trentanni ci stiamo dando l’ultimo esame all’università. L’addestramento era così spietato che i bambini per mangiare erano costretti a rubare il cibo dei servi altrimenti rimanevano digiuni.

E il fatto che la vergogna più grande non fosse il rubare ma farsi beccare, la dice lunga sulla potenza della classe politica che ne emergeva e sicuramente deve una qualche parentela con quella nostrana che ci da tante soddisfazioni. Escludendo il metodo spartano, se la tappina ha, e ha avuto, un ruolo pedagogico questo non sta a me stabilirlo.

L’unica cosa certa è che ogni mattina, in Sicilia, un bambino si sveglia e sa che dovrà correre più veloce della tappina altrimenti sarà mala giornata; ogni mattina, in Sicilia, una mamma si sveglia e sa che dovrà lanciare la tappina più veloce del bambino altrimenti resterà solo una calzatura.
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