CRONACA
Profumi e scorci di una Sicilia islamica: la “Casbah” di Mazara è un talismano di colori
Tra colorati tendoni appesi “al cielo”, graffiti e porte d’ingresso delle case arabeggianti, la mente viaggia dalla Sicilia all’etnico e all’esotico in un attimo
La Casbah di Mazara del Vallo (foto di Roberto Rubino)
Collocata nell’estrema punta sud della Sicilia occidentale, Mazara per secoli è stata osannata dai viaggiatori stranieri come una città viva, sicura ed efficiente: riservata, intrigante e, per certi aspetti, anche lussureggiante. Questa perla che si affaccia sul Mar Mediterraneo ha ancora oggi tutto il fascino dei leggendari racconti de “Le mille e una notte”, soprattutto per il suo attuale impianto urbano di evidente matrice islamica.
Uno dei maggiori simboli di questo intreccio di culture è la “Casbah” (o “Kasbah”) di Mazara del Vallo, un luogo altamente intriso dall’influenza islamica: tra colorati tendoni appesi “al cielo”, graffiti e porte d’ingresso delle case dal motivo arabeggiante, passeggiando tra le sue vie la mente inzia a viaggiare dalla Sicilia all’etnico e all’esotico in un attimo.
«Per poter parlare correttamente di una vera e propria “Casbah” islamica la città dovrebbe essere di una grandezza tale da contenere anche una medina, cosa di cui invece non vi è traccia a Mazara del Vallo, nonostante la presenza in antico di un asse mercato - spiega lo storico e architetto Mario Tumbolo.
Di una Mazara islamica se ne iniziò a parlare intorno agli anni '80 a seguito della pubblicazione di un articolo a firma di un giornalista locale che allora la etichettò impropriamente come "la Casbah siciliana" a causa della presenza di nuovi immigrati provenienti dal Maghreb che colonizzarono e abitarono il centro storico di Mazara».
Nonostante l'uso improprio del termine Kasbah, la persistenza dell’urbanistica islamica a Mazara è comunque evidente dalla struttura del suo centro storico suddiviso in quattro gradi quartieri: la Giudecca, il più grande ma anche il meno noto, il quartiere San Francesco, con i suoi elementi labirintici, il quartiere San Giovanni, da cui prendono piede i principali monumenti come la cattedrale, il municipio e il palazzo vescovile, e infine il più piccolo dei quartieri, la “Xitta” che segue un antico impianto medievale.
«L'impianto architettonico del centro di Mazara del Vallo segue un sistema labirintico, tipico della cultura musulmana, che nel suo diramarsi tende a tutelare da occhi indiscreti i cortili interni abitati i quali sono interamente schermati alla vista rispetto alla via principale esterna di uso pubblico chiamata “Vaneddra” – continua Mario Tumbolo.
Le piccole arterie laterali, anche chiamate “Venule”, che portano fino alla via principale fanno sì, infatti, che chi arriva da fuori scopra la città gradualmente, un passo alla volta».
La “Casbah” di Mazara inoltre è rinata di recente grazie alla street art e all’associazione culturale Centro Studi Padre Gaspare Morello che negli ultimi anni ha realizzato diverse opere di riqualificazione con l'intento di rendere nuovamente fruibili zone degradate del territorio.
«L'idea è quella di usare l'arte contemporanea come strategia di crescita culturale e turistica, facendola diventare così uno strumento per dare nuovo risalto a spazi e scorci che sono solitamente trascurati e ormai privi di una qualificazione – dice l’architetto Sabrina Caradonna, fondatrice dell’associazione culturale in collaborazione con l'avvocato Cristina Barbato.
Da anni l'attenzione è stata posta al centro storico della nostra città e in particolar modo alla via Porta Palermo, storico asse viario che consente l'accesso al dedalo di vicoli che si snodano verso l'interno, e avvalendoci delle opere degli artisti l’arte è diventata l’antidoto per il degrado: dipingere le saracinesche e realizzare istallazioni artistiche e pannelli ha sicuramente ridato vita alle numerose attività commerciali e artigianali che un tempo arricchivano questa via».
Il suono del muezzin si diffonde nell’aria che si respira e questo perché il vento che soffia tra i vicoli di Mazara del Vallo porta anche con se l’ammaliante profumo di forti odori speziati e la magia del cucinare il cous cous dentro l’antica pentola tajine in terracotta.
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