STORIE
Più forte del terremoto, da qui passarono anche i templari: la chiesa di Sant'Andrea
Nel cuore degli Iblei, tra uliveti e muri a secco, affioramenti lavici e gole calcaree, ci si può imbattere in un luogo pregno di storia e leggende
Di siti medievali in Sicilia se ne contano numerosi e molti anche ben conservati, ma nel Val di Noto sono pochi gli edifici che hanno superato indenni le vibrazioni dei numerosi terremoti che lo hanno scosso più volte, in particolare di quello del 1693.
Per questa ragione testimonianze come la commenda di Sant’Andrea sono ancora più preziose. Con il termine commenda nel medioevo si intendeva l’affidamento da parte della chiesa delle rendite di un’abazia ad un abate o anche ad un laico. Sant’Andrea infatti non era solo una chiesa ma un vero e proprio complesso monastico.
Nell’ambito di questa politica, iniziata dal re Ruggero II e perseguita con molta determinazione dal nipote Federico II, si colloca anche l’edificazione di questa chiesa gotica che oggi rimane solitaria testimone di un’epoca remota, di un periodo buio della nostra storia. In queste contrade viveva una comunità musulmana le cui tracce rimangono nel toponimo di Rachalmemi, poi diventato Ragamele, che in arabo significa “casale del miele”.
Terminata la sua funzione, alla fine del 1500, la chiesa cadde nell'oblio e venne riusata di rado come luogo di culto. Alla fine del secolo scorso è stata oggetto di un restauro conservativo che ce l’ha restituita nelle stesse condizioni in cui la possiamo ammirare attualmente.
L’edificio è a pianta rettangolare con navata unica, orientato con l’abside ad est e l’ingresso originario a ovest sormontato da un piccolo rosone. Successivamente l’ingresso fu spostato in corrispondenza dell’abside. Sui due fianchi della chiesa sono presenti due bei portali con arco a sesto acuto.
Su chi fossero i custodi affidatari della commenda sono più di una le ipotesi in campo, chi la vuole in mano ai cavalieri teutonici, chi ai templari; quella più accreditata rimane la tesi che Federico II la affidò ai monaci cistercensi. A rendere più difficile e misteriosa la storia della commenda sono i numerosi graffiti che sono rimasti scolpiti per almeno otto secoli sui blocchi di tenero calcare utilizzati per costruire le mura. Su tutti spicca una evidente traccia del “nodo di Salomone”, un simbolo esoterico tipico dei templari che simboleggia l’unione tra l’uomo e il divino.
È molto probabile che i monaci guerrieri da qui siano solo transitati, in viaggio verso la Terra Santa. L’incertezza di chi veramente abbia abitato questi luoghi per restituirli alla cristianità nulla toglie al fascino che sprigionano, grazie anche al contesto in cui ci si trova immersi.
La chiesa di Sant’Andrea è anche un ottimo punto di partenza per delle piacevoli escursioni nei dintorni. La Valle Cupa, attraversata dal torrente Sant’Andrea, separa due territori molto diversi. Da un versante, lo stesso della commenda, la campagna iblea dove si coltivano prevalentemente ulivi, della varietà tonda iblea, un’eccellenza da cui si ottiene un olio EVO pluripremiato.
Sull’altro versante spicca il verde delle pinete, rimboschimenti della forestale che seguono il profilo delle colline da contrada Due Fontane fino alle pendici di monte Santa Venere, interessato in passato da attività vulcanica. Seguendo le indicazioni all’interno dell’area demaniale si può raggiungere il rifugio Case Santa Venere o, in un’oretta di cammino, la piccola area attrezzata di Valle Ragamele, la maniera migliore per concludere la visita all’ennesimo angolo di Sicilia che merita indubbiamente di essere conosciuto.
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