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Palermo tra luci e ombre, la lettera della guida turistica: "È bellissima ma sporca"

Riceviamo e pubblichiamo un appello alla città di una operatrice turistica che mette in evidenza come qui continuino a convivere la bellezza e l'abbandono

Balarm
La redazione
  • 21 agosto 2024

Panorama di Palermo e Monte Pellegrino

Riceviamo e pubblichiamo una lettera alla città da parte di una guida turistica Manuela Randazzo, che mette in evidenza luci e ombre di Palermo.

Cara Palermo,
sono una guida turistica da ormai 7 anni e accompagno, per le tue strade affollate e i tuoi vicoli suggestivi, persone che vengono a conoscerti da ogni parte del mondo. Difficile esprimere a parole lo stupore e la meraviglia riflessi nei loro occhi quando entrano nella Cappella Palatina, nella chiesa della Martorana o in quella di Santa Caterina d’Alessandria.

Commovente è quando rimangono estasiati al cospetto del nostro barocco sfarzoso o del rutilante luccichìo degli ori siculo-normanni. Cara Palermo, non sei solo arte e storia: capire le tue origini millenarie è soprattutto un viaggio nei profumi e sapori della tua cucina.

Il cibo in Sicilia è, d’altra parte, un riflesso di tutte le diverse influenze culturali che ci sono state sull’isola e degli ingredienti locali coltivati sulla sua terra.
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Dai tocchi greci e arabi a quelli spagnoli, il cibo siciliano ha molte influenze che parlano dell’importanza geografica dell’isola lungo le rotte commerciali: i greci inventarono piatti a base di olive, insieme a uva e fichi; gli arabi portarono zucchero, riso e spezie, tra cui lo zafferano e la cannella; gli Spagnoli hanno lasciato la loro influenza sul cibo siciliano attraverso l’uso di pomodori, peperoni e il famoso cioccolato di Modica.

Pertanto, una parte imprescindibile del mio lavoro è guidare i turisti alla scoperta dei pittoreschi mercati storici palermitani, che rappresentano il luogo ideale per un autentico tuffo nel passato e nelle tradizioni più antiche della città e dell’isola, o della sensuosa pasticceria conventuale, perché nei dolci, ancor più che negli altri cibi, si trova tutta l’anima dei siciliani: la loro storia, i loro miti, la loro cultura, i loro valori, il loro modo di vedere la vita, la loro ironia, le loro emozioni a tinte forti, la loro dolcezza, la loro sensualità.

La pasticceria conventuale, antesignana della vera e propria pasticceria moderna, diffusissima fino al XIX secolo soprattutto in Sicilia, consentiva alle monache di dare libero sfogo alla fantasia, all’immaginazione, alla creatività e costituiva l’unica forma di libertà concessa dentro le mura claustrali, l’unica possibilità di venir meno alle rigide regole del convento, che imponevano loro la mortificazione dei sensi, in ottemperanza alle prescrizioni religiose dell’epoca.

In essa, dunque, le suore potevano veicolare sotto forma simbolica oltre alle esigenze estetiche, artistiche e culturali della loro epoca, anche i propri bisogni di dolcezza e di sensualità, i propri desideri, le proprie istanze represse, espresse a volte con forme e denominazioni che diventavano persino allusive, impertinenti o irriverenti.

I monasteri palermitani, un tempo inaccessibili ai più, sono oggi aperti al pubblico ed è possibile, pagando un biglietto di ingresso, scoprire i segreti un tempo celati in essi.

Goderne il silenzio, il tempo lento, i profumi, i sapori. In questi luoghi, un tempo prigioni dorate, separate dal mondo, oggi è ancora possibile immaginare, sognare, rilassarsi guardando un veliero in marmo o il cielo azzurro mentre si assapora un cannolo, comodamente seduti su una panchina di un chiostro, tra rose, plumelie e alberi di arance.

Ma poi, come quando ci si sveglia da un bellissimo sogno, come quando si viene espulsi dal comodo e rassicurante ventre materno, varcata l’uscita, si viene catapultati fuori, nella triste e spietata realtà di una città che sembra allo sbando, dalla persistente fisionomia caotica, sporca e drammatica. Una situazione molto difficile e reiterata nel quotidiano in cui siu registrano episodi di violenza e la sporcizia sembra invincibile.

Un tempo, Goethe venne a Palermo e rimase colpito dal fatto che le strade della città fossero piene di escrementi di cavalli e quando chiese il motivo di tutto ciò gli risposero che essi rendevano "soffice" le strade, con gran comodità di dame e cavalieri che abitualmente si spostavano in carrozza.

Oggi, dame e cavalieri certamente scarseggiano, al pari delle buone maniere, e oltre agli escrementi equini e canini, non manca neppure l’immondizia, che si accumula un po' ovunque, lungo le strade e sui marciapiedi.

Ammetto che non nutro più sentimenti di speranza e quando un turista mi chiede il perché di tutto questo sfacelo, perché abbandoniamo i rifiuti per strada, perché il rumore è costante e sovrastante tanto da rendere impossibile il mio lavoro, un adolescenziale rossore, un senso di vergogna, un’incapacità di articolare un discorso di senso compiuto in grado di dare una parvenza di motivazione, mi assalgono e scopro che nulla posso dire, non c’è quasi alcuna ragione plausibile.

Io rispondo, con voce malsicura e implorando clemenza.

Non serve, certamente, fare di tutta l’erba un fascio, ma in generale mi sento di rispondere che le aree comuni - strade, giardini, piazze -, sono spesso considerate terra di nessuno, non-luoghi in cui il controllo formale delle forze dell’ordine e il controllo sociale informale di vicinato non funzionano come dovrebbero e, di conseguenza, possono essere sporcati indiscriminatamente, senza alcuna seria conseguenza.

E a questa totale mancanza di senso civico da parte di molti cittadini, si deve aggiungere l'inefficienza e inadeguatezza, dell’amministrazione comunale su diversi fronti.

Cari palermitani, non vi sentite comunità? Dov’è il vostro senso civico tanto decantato ma che stenta a farsi vedere e a trovare nuovi estimatori? Dov’è un’idea collettiva di città?

Alzati, Palermo! Non rimanere seduta, deresponsabilizzata, senza una visione del futuro!
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