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Palermo si riappropria di un tassello di "sacra bellezza": la nuova veste del Museo Diocesano

Lo spettatore potrà adesso attraversare idealmente otto secoli di produzione artistica siciliana, mediante l'integrale riordino di tutte le sale espositive rispetto alla configurazione del 2004

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 14 ottobre 2021

«La via della bellezza – ricordava Karol Wojtyla – ci conduce a cogliere il tutto nel frammento, l'infinito nel finito, Dio nella storia dell'umanità». Sono queste le parole più vicine e prossime a sintetizzare l’importanza della riapertura del nuovo polo museale Diocesano si Palermo che si è rifatto il look.

Dallo scorso 10 luglio la città si è finalmente riappropriata di un tassello prezioso di “sacra bellezza” messa a disposizione dalla Curia palermitana attraverso la volontà del nostro Arcivescovo Corrado Lorefice che, sotto la direzione di mons.

Filippo Sarullo, ha volutamente spalancato le porte del quattrocentesco Palazzo Arcivescovile con nuove stanze, nuove opere e un rinnovato percorso espresso dal nuovo allestimento eseguito sotto la direzione della Soprintendenza ai B.B. C.C. di Palermo in sinergia col raffinato ordinamento curato brillantemente da Pierfrancesco Palazzotto direttore del corso di laurea in Storia dell'arte L.M. 89 di Unipa, in cui è altresì docente di Museologia e di Didattica valorizzazione e comunicazione museale.
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Se messi in ordine uno dopo l'altro, l'odierna “veste estetica” del Museo Diocesano si inquadra come il quinto ordinamento nella storia personale del museo, dopo quelli storici del 1927 seguito da mons. Guido Anichini (Arcivescovo Cardinale Alessandro Lualdi), del 1952 dovuto a mons. Filippo Pottino (Arcivescovo Cardinale Ernesto Ruffini), del 1972 di mons.

Paolo Collura (Arcivescovo Cardinale Salvatore Pappalardo) e del 2004 curato dalla prof.ssa Maria Concetta di Natale inaugurato dal Cardinale Salvatore De Giorgi, con continuità di intenti e mission culturale pressoché immutata ma, è questo odierno il primo a contemplare l'utilizzo intensivo dei piani rialzato (accoglienza), primo (le stanze dei vescovi) e seminterrato (scultura) in un viaggio che, come spesso accade nelle realtà museali palermitane contempla la narrazione della nostra bellezza millenaria integralmente dall’archeologia all'architettura, dalle arti alle arti decorative.

Un vero e proprio viaggio iniziatico, gemello quasi rispetto al vicinissimo Museo del Tesoro della Cattedrale Normanna, capaci insieme di raccontare oltre alla storia dell'annuncio evangelico della Diocesi del capoluogo e non solo, la storia dell'arte attraverso le opere letteralmente uscite dai manuali specifici di settore.

Sono i ritratti dei Cardinali ad accogliere il visitatore nella prima sala del museo che oltre alla biglietteria e al piccolo bookshop ospitano il ritrovato dipinto del Cardinale Lualdi eseguito magistralmente nelle texture luminose da Onofrio Tomaselli, tutti posti ad anticipare dunque il connubio tra bellezza ed opere esposte delle restanti 26 sale in cui si dispiega la visita dei tre livelli che lungo il prospetto sulla Via Bonello finiscono per ospitare circa 300 opere in quella parentesi temporale che al netto dei ritrovamenti archeologici, si dipana tra l'avvento normanno e l'alba della belle époque.

Il nuovo percorso, adattandosi planimetricamente allo sviluppo parallelo alla via Bonello, nel prospettare privilegiato in direzione dell’invaso del piano della Cattedrale, consente adesso ai visitatori di ammirare uno spettacolare panorama della fabbrica normanna direttamente dalle finestre dei saloni di rappresentanza degli arcivescovi in cui da adesso “vedremo” letteralmente con gli occhi dei vescovi.

Fatto salvo il criterio espositivo di successione cronologica, l'itinerario proposto si articola mediante diversi intermezzi tematici di natura artistica, iconografica, devozionale e teologica, capaci di interessare e coinvolgere un pubblico più ampio e non i soli addetti ai lavori.

Tale condizione consente di attraversare idealmente otto secoli di produzione artistica siciliana, mediante l'integrale riordino di tutte le sale espositive rispetto alla configurazione del 2004, con l’apertura di nuovi ambienti funzionali a nuove narrazioni, mostrando finalmente opere celate alla vista da molti decenni come il luminosissimo gruppo ceramico rinascimentale in terracotta invetriata della Madonna con bambino di Andrea della Robbia, rotto e ricomposto, a tratti esaltante.

Quest'ultimo posizionato a terminale della Sala Spadaro ospitante i 48 pezzi di maiolica per lo più siciliana donati dal magistrato Giacomo Spadaro e qui permanentemente allestiti nella sala a lui dedicata.

Risulterebbe lungo e pedante l'elenco delle centinaia di opere d'arte liberate per la diretta fruizione ma è possibile, nel tentativo di suggestionare il lettore alla visita diretta, accennare ad alcune delle icone di cui il museo è custode.

Se nella prima sala è l’iconografia Mariana a porsi come invito al viaggio attraverso la visione medievale del ruolo della Vergine, con la Madonna con bambino, Odigitria, del latte e della Spersa, è la successiva sala delle Croci, sette, tutte poste a complemento della trifora gotica fiammeggiante a rappresentare il primo snodo col sottostante livello archeologico, dove un lungo corridoio anticipa tutta la bellezza della scultura nelle opere di Laurana e Gagini con le sante patrone Agata, Ninfa, Oliva e Rosalia e con frammenti della straordinaria tribuna gaginiana il cui ricordo perduto è affidato alla magia del plastico in scala 1:10 realizzato all'interno dei corsi di Scultura di Salvatore Rizzuti.

La risalita al primo livello offre la nuova disposizione e fruizione ad anello delle sale delle antiche devozioni con le opere pittoriche esaltanti di grande formato di Pietro Ruzzolone, Mario di Laurito, Simone de Wobreck, Vincenzo da Pavia alternate ad opere scultoree come La Madonna nera di Monserrat a fare da fuochi di invito alla visita.

Ma è forse la piena fruizione del piano superiore a rappresentare il cuore del nuovo allestimento, che prosegue nella Sala Martinez-Rubio col ricchissimo campionario di opere d'arte decorativa poste dentro teche tra cui paliotti, pissidi, tabernacoli, turiboli, ostensori realizzati tra il XVI-XVII sec.


Qui, prima di giungere alla Cappella Borremans, è possibile l’affaccio diretto sul campanile ottocentesco Neomedievale, dal balcone reso volutamente fruibile. Degno di un lento incedere resta la sala dell’Alcova del Cardinale Gravina in cui è stata ricostruita una vera e propria pinacoteca tra cui è possibile ammirare persino una Marina di Michele Catti tra molteplici opere pittoriche e la suggestiva ricomposizione dell'abito cardinalizio e gli arredi originali, tutti sapientemente tenuti insieme secondo il criterio dell’allestimento “ad incrostazione” tipico delle residenze e delle gallerie principesche a partire dalla seconda metà del XVI secolo e fino agli inizi del XIX secolo.

Suggestiva e determinante per la comprensione del culto della Santa patrona di Palermo è appunto la sala dedicata a Rosalia Sinibaldi con la prima opera a lei intitolata e frutto della poetica artistica di Vincenzo La Barbera, il reliquiario di Lorenzo di Bartolomeo Ferruccio, il ritratto del Cardinale Giannettino Doria a cui si deve proprio l'esplosione della fortuna iconografica della Santa, il delizioso ritratto scultoreo di Mons. Pottino realizzato dal talentuosissimo Cosmo Sorgi. Spicca infine la Sala Rossa impostata come tributo a Pietro Novelli e ai pittori caravaggeschi, in cui si segnalano tra i pavimenti maiolicati, i soffitti decorati e l'illuminazione con lampadari di Murano, L’annunciazione, il San Francesco di Paola e il Compianto sul Cristo morto del Monrealese.

A terminare la visita sono le ultime due sale in cui è possibile ammirare la pienezza delle pale d’altare di Giuseppe Velasco e Vito D’Anna, il paliotto architettonico di Placido Carini e la coppia di reliquiari, i due volti delle allegorie serpottiane della Fede e della Clemenza, la Madonna Nera di Ugo Attardi opera quest'ultima più recente dell'intero progetto museografico.

Chi avesse voglia di rifarsi gli occhi e di arricchire di bellezza il proprio spirito magari provato lungamente da questa alienante crisi pandemica, ha finalmente il suo tonico culturale a due passi dalla cattedrale resa eterna dai Re normanni.

Il costo del biglietto varia dai 7 euro (intero) ad 1 euro (bambini), il museo e visitabile ogni giorno in orario continuato 9.00/18.00 e domenica 10.00/18.00; obbligatori mascherine e greenpass, indispensabile il desiderio di stupirsi e la predisposizione al racconto della nostra grande bellezza italiana Glocal.
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