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Oltre i ruderi di Sant’Ignazio in Sicilia: tra i gioielli (più belli) della città delle 100 chiese

Tra gambero rosso appena pescato o una granita fresca, finalmente può iniziare la visita di un luogo mistico e… religioso. I passi conducono dritti alla Piazza Plebiscito

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 5 giugno 2024

La chiesa di Sant'Ignazio a Mazara del Vallo

L’intrepida passione dei viaggiatori porta dritti alla città delle 100 chiese. Tra le strette viuzze e un quartiere arabo - la "Casbah", Mazara del Vallo è una comunità che ha saputo fondere più culture e religioni.

Non lontano dalla Cattedrale, con la brezza marina proveniente dal Mar Mediterraneo a "spingere" nei meandri antichi, si presenta ai curiosi una struttura architettonica molto interessante: la Chiesa di Sant’Ignazio. Prima di addentrarci alla scoperta, nonché alla ricerca storica della stessa, i sapori mazaresi riescono a impadronirsi delle nostre "attività sensoriali".

Tra gambero rosso appena pescato o una granita fresca, finalmente può iniziare la visita di un luogo mistico e… religioso. I passi conducono dritti alla Piazza Plebiscito accanto al Collegio dei Gesuiti. Con stupore e meraviglia si erge una facciata barocca in pietra d’intaglio.

La bellezza dei lineamenti è presagio di un passato glorioso, in movimento. Gli attenti osservatori comprendono subito la presenza di due ordini. Nel primo figurano quattro colonne tuscaniche, sporgenti, al centro delle quali è collocato un portale barocco. Questo è arricchito da un fregio rotondo con il busto marmoreo di Sant’Ignazio (opera di Ignazio Marabitti).
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Il secondo ordine è caratterizzato da due colonne composite che sorreggono un timpano a linee curve spezzate, mentre al centro figura un altro portale con un architrave decorato da volute e un fregio. Nonostante il primo “assaggio” abbastanza soddisfacente, è il percorso storico il prossimo protagonista indiscusso.

Fu disegnata (sui resti di un palazzo dei nobili mazaresi Adamo) dagli architetti Angelo Italia e Giacomo Napoli (gli stessi a posare la prima pietra per la costruzione del Collegio della Compagnia di Gesù) nel 1701.

In seguito al decreto di soppressione della Compagnia dei Gesuiti - la cui chiesa prende il nome dal suo fondatore (Ignazio di Loyola) - nel 1780 la struttura religiosa fu donata dal Vescovo Ugo Papè ai Padri Minimi di San Francesco di Paola. Durante i restauri del 1901, la basilica funse anche da cattedrale e successivamente, fu chiusa al culto.

Tristemente noto è il 1933 (per alcuni il 1936), quando cedette parte della stessa (causa crollo). Le informazioni di natura storica sono accompagnate dalla curiosità.

Quale? L’entrata. Non è possibile accedere alla ricerca di ogni angolo “macchiato” di arte o segnato dalle brillanti opere architettoniche, ma è pur sempre uno spiraglio da non sottovalutare.

Infatti, in origine la chiesa aveva una pianta ovale. Era formata da otto coppie di colonne tuscaniche, sei altari laterali e uno maggiore al centro, con una grande cupola e due campanili gemelli (questi ultimi furono demoliti in seguito ai bombardamenti del 1943). Molti elementi sono andati perduti nel tempo.

Tutti o tranne uno (forse)! La chiesa comunicava con il Collegio (dei Gesuiti) attraverso un passaggio vicino all’altare. L’occhio indiscreto e attento cerca - invano - di soddisfare a pieno questa eventualità.

Rimane e rimarrà un passaggio a vuoto. La chiesa - nel corso degli anni - è stata trasformata in sala per riunioni consiliari, cinema e comizi elettorali. Un ruolo di secondo piano, poco affine alla sua originalità.

Anche il Satiro Danzante (il museo si trova a poche decine di metri) "sconsolato" penserà allo stato di abbandono in cui vige l’edificio. È doveroso intervenire per salvare il salvabile e conservare, ove fosse possibile, almeno la facciata esterna.

Oltre alla sacralità che si percepisce una volta messo piede nel luogo. Un aspetto che nessuno (mai) potrà cancellare.
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