STORIA E TRADIZIONI
Nobile, ribelle e pure patentata: la prima in Italia a guidare l'auto è stata una siciliana
Vi raccontiamo la vita avventurosa di Francesca Mancusio. Dietro la sua incredibile voglia di vedere il mondo si celava anche una cocente delusione d'amore
Francesca Mancusio (foto tratta da letteraemme.it)
Forse qualcuno dall'animo particolarmente curioso avrà fatto una ricerca al riguardo, ma senza dubbio non è una domanda che tutti ci siamo posti, nonostante abbia una grande rilevanza storica.
Forse perché oggi diamo per scontato che una donna possa guidare, ma un tempo non era così. Un'attività che oggi è la normalità una volta non era concessa alle donne. Ebbene forse non tutti sanno che una delle prime donne a prendere la patente, se non addirittura la prima, è una siciliana: Francesca Mancusio.
Questo nome risulterà familiare nella zona del messinese, poiché alcune strade sono intitolate a lei. Francesca Mirabile Mancusio nacque nel novembre 1893 a Caronia, in provincia di Messina, nel cuore dei Nebrodi. A lei è dedicato il tratto di lungomare di Caronia Marina, adiacente la sua dimora.
Nella sua villa a Caronia, si trovano in esposizione diversi cimeli della donna, tra cui immancabile un'auto, una Lancia Appia. Al Museo dell'automobile di Torino si trova, invece, la sua Isotta Fraschini, ricevuta dal padre nel 1909.
Il padre le regalò l’Isotta Fraschini, costata 14.500 lire, quando lei aveva soltanto sedici anni, ma per guidarla Francesca avrebbe dovuto attendere il raggiungimento della maggiore età.
Dall'intervista (pubblicata su ''La Repubblica - Palermo'' il 5 maggio 2019) di Paola Pottino ad Andrea Alessi, presidente dell’Aicas, l’Associazione cultori auto di interesse storico di Messina che ha ricostruito la storia di Francesca, si evince che il primato italiano femminile della patente di guida, spesso conteso con la torinese Ernestina Prola, spetta invece alla donna siciliana:
«Mancusio è stata la prima donna a ottenere la patente di guida, da non confondere con la semplice licenza che altre signore come Franca e Giovanna Florio o Ernestina Prola ottennero nel 1907», dice Alessi.
Il nipote Giulio Persico racconta che dopo la morte del marito, Francesca girò l'Europa, perché voleva visitare tutti i luoghi visti da Napoleone. Si dilettava in viaggi lunghissimi, che duravano anche mesi, raggiunse due volte Capo Nord.
Dietro la sua incredibile voglia di vedere il mondo, non c'era solo desiderio di esplorare, ma si celava anche una delusione d'amore: un avvocato palermitano con cui aveva avuto un flirt giovanile l'aveva lasciata per sposare un'altra donna.
Lei viaggiò tanto anche per dimenticare questo dolore. Dedicherà parole toccanti all'amato: «A te che sei stato il compagno invisibile della mia vita, la luce velata che ha rischiarato il grigiore dell’esistenza, [...] l’unico che ho desiderato mio, il solo che ha parlato ai miei sensi e al mio spirito», scrive in un libro autobiografico, ''Due anziane signore e un gatto con un’Appia al Circolo polare artico'' (edito dallo Stabilimento tipolitografico Renna nel 1965).
Non sappiamo se i suoi viaggi abbiano sanato in qualche modo il suo cuore spezzato, ma una cosa è certa, la sua determinazione l'ha portata a girare il mondo e a dare un esempio intenso per quei tempi, un forte gesto di autodeterminazione che non dovremmo dare per scontato.
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