CINEMA E TV
Yimou torna a danze e combattimenti, ma non convince del tutto
La foresta dei pugnali volanti
Cina 2004
di Zhang Yimou
con Zhang Ziyi, Takeshi Kaneshiro, Andy Lau
Il wuxiapian (il “cappa e spada” cinese, in bilico tra lo storico e il fantastico) è stato ormai abbondantemente sdoganato anche in Occidente, Italia compresa, conquistandosi un sempre più alto numero di estimatori e soprattutto d’incassi. Non stupisce quindi che esca nei nostri cinema questo “La foresta dei pugnali volanti” senza il colossale ritardo che ha accompagnato il suo predecessore “Hero”. Questa è infatti la seconda incursione di Zhang Yimou in uno dei generi che più hanno segnato la cinematografia di Hong Kong. E, viene da dire, il problema principale è proprio questo. Yimou aveva già stravolto i canoni del wuxia con “Hero”, portando all’estremo una poetica fondata sulla netta prevalenza della forma rispetto al contenuto, e davvero non c’era più nient’altro d’aggiungere. Anzi, “La foresta dei pugnali volanti” rappresenta un passo indietro nei confronti di una linea estetica di pura stilizzazione visiva. In primo luogo perché Zhao Xiaoding sostituisce alla fotografia Christopher Doyle e il suo pur abile lavoro non può essere minimamente paragonato alle fantasticherie cromatiche del maestro australiano (ad eccezione forse della visionaria conclusione sull’altopiano innevato). In secondo luogo perché qui Yimou vuole dare maggior forza all’aspetto narrativo a scapito della purezza formale, e quindi si concentra di più sulla trama.
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