LIBRI
Versi in onore di un rivoluzionario
La storia di Peppino Impastato sembra ormai vivere di vita propria. L’eroe di Cinisi, il siciliano figlio di mafiosi che si ribellò a Cosa Nostra, colui che la osò definire una «montagna di merda». Oggi che la mafia la respiriamo di nuovo a pieni polmoni, che la gran parte di noi isolani si preoccupa più che altro di essere abbronzato anche a Natale grazie al solarium, che ci siamo assuefatti ai posteggiatori minacciosi diventando con un euro loro amici da rispettare, la storia di Peppino ha assunto più significati e più sembianze.
L’identificazione col film di Giordana è ormai inevitabile, e chissà quanti hanno spento la rabbia quando si sono riaccese le luci del cinema, dopo gli ultimi titoli di coda. Ma Peppino è anche un’icona ribelle, come il Che, da poster appeso in camera, da sogni in gola che vivono di rivoluzioni altrui. Alcuni invece ce l’hanno proprio dentro, magari ne ricordano ancora l’odore, sono i compagni che lo hanno accompagnato negli anni della lotta: «per i suoi compagni è ancora una parte viva e pulsante del proprio essere», scrive l’amico Salvo Vitale. In qualsiasi modo se ne parli, e qualsiasi sia il significato che può avere, ciò che importa è che questa storia dal tragico epilogo continui a girare il mondo e a spolverare le coscienze di chi si è illuso che qualcosa sia cambiato.
Scrivono gli amici, scrivono i ragazzi delle scuole elementari e medie, da Cinisi a Brescia, persino da Cuba, giovani e meno giovani esprimono con orgoglio la loro fede nel diritto alla libertà, ripudiando il cancro del potere mafioso. Ogni testo quasi un urlo che viene da dentro, che ha voglia di farsi sentire, e fa riflettere Antonio da Nassiriya: «Vado dove non conosco la lingua perché mi piace vedere e lì sosto ammutolito, stupito d’esser ancor lì. Non avrei mai pensato di trovarti. E adesso io mangio senza appetito urtando sensibili sensazioni con la mia tossica identità d’italiano in Iraq».
L’identificazione col film di Giordana è ormai inevitabile, e chissà quanti hanno spento la rabbia quando si sono riaccese le luci del cinema, dopo gli ultimi titoli di coda. Ma Peppino è anche un’icona ribelle, come il Che, da poster appeso in camera, da sogni in gola che vivono di rivoluzioni altrui. Alcuni invece ce l’hanno proprio dentro, magari ne ricordano ancora l’odore, sono i compagni che lo hanno accompagnato negli anni della lotta: «per i suoi compagni è ancora una parte viva e pulsante del proprio essere», scrive l’amico Salvo Vitale. In qualsiasi modo se ne parli, e qualsiasi sia il significato che può avere, ciò che importa è che questa storia dal tragico epilogo continui a girare il mondo e a spolverare le coscienze di chi si è illuso che qualcosa sia cambiato.
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E proprio grazie a Salvo Vitale e all’impegno dell’Associazione Culturale Onlus Peppino Impastato nasce la raccolta di poesie e canzoni “Peppino è vivo”, testimonianza in versi di come la dignitosa forza contro il sistema mafioso si rinnovi e si riproduca spezzando il tempo e sfidando il silenzio della morte, i cui introiti della vendita saranno impiegati per la realizzazione delle attività antimafia dell’associazione. Dal ‘78 al 2006 cambiano i mezzi e cambiano i termini per comunicare, dalla penna su carta si è passati al web, ci si esprime sui blog, si lasciano messaggi in rete, ma le emozioni che emergono dalle poesie per il giovane Impastato hanno tutte in comune l’affetto profondo e rinnovato per lui e la voglia insopprimibile di libertà. I versi dedicatigli e quelli per la madre Felicia, le canzoni, tutto il materiale contenuto in questo libro è stato raccolto sul sito www.peppinoimpastato.com o prodotto dalle scuole, ma anche trovato semplicemente sulla tomba del nostro sensibile eroe, pezzi di carta arrivati da ogni dove per testimoniare solidarietà e passione per la giustizia vera.Scrivono gli amici, scrivono i ragazzi delle scuole elementari e medie, da Cinisi a Brescia, persino da Cuba, giovani e meno giovani esprimono con orgoglio la loro fede nel diritto alla libertà, ripudiando il cancro del potere mafioso. Ogni testo quasi un urlo che viene da dentro, che ha voglia di farsi sentire, e fa riflettere Antonio da Nassiriya: «Vado dove non conosco la lingua perché mi piace vedere e lì sosto ammutolito, stupito d’esser ancor lì. Non avrei mai pensato di trovarti. E adesso io mangio senza appetito urtando sensibili sensazioni con la mia tossica identità d’italiano in Iraq».
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