ARTE E ARCHITETTURA
Un capolavoro di passaggio: Caravaggio a Palazzo Abatellis
La sua è solo una presenza fugace a Palermo... Dunque, bisogna approfittarne prima che sia troppo tardi. Non voglio trasmettere ansia ai nostri lettori, ma per chi voglia avere l’opportunità di vedere il capolavoro di Caravaggio "Il seppellimento di Santa Lucia", la prima opera siciliana del grande maestro della pittura italiana, ci saranno a disposizione solo poche settimane: il quadro, infatti, normalmente esposto al Museo Bellomo di Siracusa, sarà visitabile presso la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis (via Alloro, 4) solo fino al 17 aprile (apertura ogni giorno dalle 9 alle 13, dal martedì al venerdì anche dalle 14,30 alle 19; biglietto d’ingresso al museo 6 euro, gratuito per under 18 e over 65).
Ma a cosa dobbiamo l’onore di questa temporanea visita palermitana? Alla necessità di compiere sulla tela una complessa serie di indagini specialistiche finalizzate a verificarne lo stato di conservazione, condotte dal Centro regionale per la progettazione e il restauro diretto da Guido Meli. Pertanto, la si potrà ammirare “a cantiere aperto”, mentre gli specialisti, cioè, vi effettuano i loro esami, cosa che rende forse ancora più emozionante la fruizione dell’opera, con la possibilità di una finestra sul mondo del restauro pittorico, quasi del tutto sconosciuto ai non addetti ai lavori. Il seppellimento di Santa Lucia costituisce la prima importante testimonianza del soggiorno siciliano dell’artista, giuntovi nell’autunno 1608 dopo l’ennesima rocambolesca fuga, stavolta da Malta, accolto dall’amico pittore Mario Minniti. L’iconografia risulta abbastanza particolare, visto che non ritrae la santa siracusana durante il martirio ma già morta, in atto di essere sepolta in uno spazio che, secondo le più recenti interpretazioni, sarebbe il risultato di una sintesi di ambienti visitati da Caravaggio in loco (le latomie) e i resti di una catacomba. Lucia è posta al centro tra le figure dei becchini dalla plasiticità michelangiolesca, audacemente scorciata e circondata dalla silenziosa schiera degli astanti.
Come tutte le opere tarde del Merisi, anche questa tela è giocata su toni bruni, su un luminismo quasi livido ma percorso da lampi di chiarore improvviso. Come giustamente notò lo storico dell’arte Roberto Longhi, sottolineandone la novità compositiva, nell’opera spiccano i “contrasti istantanei di misura, sbalzi fra “primi piani” e “campo lungo” che solo il Caravaggio seppe escogitare a quei tempi”. Un’occasione imperdibile, dunque, di vedere almeno uno dei capolavori isolani del Caravaggio, visto che sulla Natività, l’opera palermitana rubata nel 1969, il mistero è ancora fitto e sempre più labili le speranze di poterla ammirare di nuovo.
Ma a cosa dobbiamo l’onore di questa temporanea visita palermitana? Alla necessità di compiere sulla tela una complessa serie di indagini specialistiche finalizzate a verificarne lo stato di conservazione, condotte dal Centro regionale per la progettazione e il restauro diretto da Guido Meli. Pertanto, la si potrà ammirare “a cantiere aperto”, mentre gli specialisti, cioè, vi effettuano i loro esami, cosa che rende forse ancora più emozionante la fruizione dell’opera, con la possibilità di una finestra sul mondo del restauro pittorico, quasi del tutto sconosciuto ai non addetti ai lavori. Il seppellimento di Santa Lucia costituisce la prima importante testimonianza del soggiorno siciliano dell’artista, giuntovi nell’autunno 1608 dopo l’ennesima rocambolesca fuga, stavolta da Malta, accolto dall’amico pittore Mario Minniti. L’iconografia risulta abbastanza particolare, visto che non ritrae la santa siracusana durante il martirio ma già morta, in atto di essere sepolta in uno spazio che, secondo le più recenti interpretazioni, sarebbe il risultato di una sintesi di ambienti visitati da Caravaggio in loco (le latomie) e i resti di una catacomba. Lucia è posta al centro tra le figure dei becchini dalla plasiticità michelangiolesca, audacemente scorciata e circondata dalla silenziosa schiera degli astanti.
Come tutte le opere tarde del Merisi, anche questa tela è giocata su toni bruni, su un luminismo quasi livido ma percorso da lampi di chiarore improvviso. Come giustamente notò lo storico dell’arte Roberto Longhi, sottolineandone la novità compositiva, nell’opera spiccano i “contrasti istantanei di misura, sbalzi fra “primi piani” e “campo lungo” che solo il Caravaggio seppe escogitare a quei tempi”. Un’occasione imperdibile, dunque, di vedere almeno uno dei capolavori isolani del Caravaggio, visto che sulla Natività, l’opera palermitana rubata nel 1969, il mistero è ancora fitto e sempre più labili le speranze di poterla ammirare di nuovo.
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