MUSICA
Studiodavoli, indie-rock italiano dal respiro internazionale
Definiti dalla critica la più bella sorpresa della scena indie-rock-pop italiana, gli Studiodavoli sono il gruppo più chiacchierato dell’ultima stagione. Per il lancio del loro secondo lavoro discografico, "Decibel for Dummies", la band pugliese ha intrapreso un denso tour su e giù per lo stivale che li vedrà far tappa anche a Palermo venerdì 5 maggio, alle ore 22.30 sul palco dei Candelai (via Candelai 65, ingresso 5 euro).
La formazione è composta da Matilde e Roberto De Rubertis, voci del gruppo e rispettivamente impegnati su chitarra e analog synth e organo (nonché realmente fratello e sorella, non come vogliono far credere di essere i White Stripes), insieme a Giancarlo Belgiorno al basso e Riccardo Schirinzi alla batteria. Nati come Valvole Davoli nel 2001, l’anno successivo partecipano ad Arezzo Wave vincendo quasi all’unanimità inaspettatamente, e da allora è stata un’ascesa continua. Bisogna subito ammettere che lo stile musicale di questi ragazzi pugliesi non ha nulla da invidiare a tante produzioni internazionali, uno stile intrigantemente sospeso tra sonorità vintage, dal pop alla lounge condito con una sensuale psichedelia e ritmi elettronico-contemporanei d’impatto. L’accezione rock è riferita, più che altro, alla diversa modalità di composizione delle canzoni: in un certo senso più matura e meno vincolata dagli stilemi pop rispetto a "Megalopolis", loro primo lavoro discografico.
Il sound è perfetto per fare un viaggio all’interno di questi paesaggi ma non risente minimamente di queste influenze. Gli arrangiamenti raffinati e la ricerca di una sonorità nella quale prevalga la semplicità e la leggerezza, formano canzoni costruite su pochi efficaci accordi. Così come efficace risulta essere l’unica concessione ad un cantato in madre lingua (tutte le canzoni hanno testi in inglese) nell’omaggio alla canzone d’autore: quella "Senza fine" di Gino Paoli che si spera possa essere di buon auspicio per una band che merita l’attenzione e il giusto riconoscimento da parte di un pubblico colto.
La formazione è composta da Matilde e Roberto De Rubertis, voci del gruppo e rispettivamente impegnati su chitarra e analog synth e organo (nonché realmente fratello e sorella, non come vogliono far credere di essere i White Stripes), insieme a Giancarlo Belgiorno al basso e Riccardo Schirinzi alla batteria. Nati come Valvole Davoli nel 2001, l’anno successivo partecipano ad Arezzo Wave vincendo quasi all’unanimità inaspettatamente, e da allora è stata un’ascesa continua. Bisogna subito ammettere che lo stile musicale di questi ragazzi pugliesi non ha nulla da invidiare a tante produzioni internazionali, uno stile intrigantemente sospeso tra sonorità vintage, dal pop alla lounge condito con una sensuale psichedelia e ritmi elettronico-contemporanei d’impatto. L’accezione rock è riferita, più che altro, alla diversa modalità di composizione delle canzoni: in un certo senso più matura e meno vincolata dagli stilemi pop rispetto a "Megalopolis", loro primo lavoro discografico.
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Contornata da leggeri tocchi di elettronica, nastri reverse, suoni d’organo e piano, chitarre elettriche cristalline, acustiche romantiche, la voce di Matilde calda e soffusa penetra nell’animo, come un oggetto prezioso e delicato che non si vuol toccare per paura di rompere. Onirici e psichedelici, con influenze jazzy e beat, gli Studiodavoli sembrano gli Air che flirtano con Beck in vacanza coi Radiohead a casa degli Stereolab! Un disco stupefacente che dimostra ancora una volta come gli Studiodavoli siano musicalmente molto più vicini a Londra che a Melpignano; ascoltandoli però si pensa alla Puglia, alla sua vita, al calore del sole e del mare, ad una terra arida coperta di ulivi e attraversata da strade lunghe e diritte, una terra carica di storia, vicende e tradizioni, patria di gruppi che l’hanno miscelata con stili quali il rap, il dub e il reggae. Il sound è perfetto per fare un viaggio all’interno di questi paesaggi ma non risente minimamente di queste influenze. Gli arrangiamenti raffinati e la ricerca di una sonorità nella quale prevalga la semplicità e la leggerezza, formano canzoni costruite su pochi efficaci accordi. Così come efficace risulta essere l’unica concessione ad un cantato in madre lingua (tutte le canzoni hanno testi in inglese) nell’omaggio alla canzone d’autore: quella "Senza fine" di Gino Paoli che si spera possa essere di buon auspicio per una band che merita l’attenzione e il giusto riconoscimento da parte di un pubblico colto.
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