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Stokka e MadBuddy, appunti di vita quotidiana

  • 19 settembre 2005

L’hip-hop palermitano batte un colpo: sabato 24 settembre, infatti, verrà presentato allo Zsa Zsa di Palermo (piazza Campolo) il nuovo disco di Stokka e MadBuddy, "Blocknotes", prodotto dall’etichetta "Vibra Records" e distribuito da Self. Il duo di punta della scena palermitana, titolare anche della sigla "GoTaste", ha già all’attivo due lavori autoprodotti, "Palermo centrale" del 1999 e "La cura del microfono", Ep del 2002. "Blocknotes" è un disco di 18 tracce, interamente composto e arrangiato dai due rapper di Palermo, a parte alcune importanti collaborazioni tra le quali spicca quella coi "Cor Veleno", nota formazione dell’hip-hop romano, e quella coi palermitani "Dual Shock". La produzione è affidata interamente a Stokka, tranne tre pezzi prodotti rispettivamente dal veneziano Dj Shocca, dal bolognese Frank Siciliano e dal dj dei "Cor Veleno", Squarta.

Il passaggio da un’autoproduzione a un’etichetta indipendente come la "Vibra Records", specializzata in musica black e hip-hop italiano, non segna alcuna inversione di tendenza nella "politica" di Stokka e MadBuddy. Come confida a Balarm.it il rapper-produttore palermitano, «l’etichetta non ci ha mai posto vincoli di alcun tipo. Inoltre, è un’esperienza interessante, perché noi abbiamo consegnato il lavoro finito e loro si sono occupati di stamparlo e promuoverlo con la pubblicità e attraverso le riviste specializzate nel settore come "Groove" e "Rumore". Dovrebbe uscire una recensione anche su Rolling Stone. Inoltre, stiamo cercando di evolverci anche in altre direzioni, lavorando da musicisti e non da "integralisti"». I testi parlano di storie fatte di quotidianità: «noi siamo sempre molto legati al posto dal quale veniamo - afferma Stokka - Ci piace molto parlare delle nostre situazioni personali, che possono essere cose molto intime oppure spaccati della nostra vita quotidiana, o ancora, riflessioni sulla società moderna. Gli argomenti sono molto vari. C’è un pezzo, "Curriculum", che parla con una certa dose di sarcasmo del classico girovagare per trovare lavoro. Cerchiamo comunque sempre di usare un linguaggio molto comune, anche per fare riconoscere chi ci ascolta in quello che diciamo».

Un’ultima riflessione va alla scena hip-hop italiana, data in stato di perenne crisi: «si tratta di un genere musicale che in Italia è difficile da fare attecchire. In altri paesi c’è una componente maggiore di immigrati che "grazie" al loro status sociale possono offrire una credibilità maggiore in questo senso. Qui invece si tratta solitamente di gente che ha la passione per questa musica, anche se magari lo fa molto bene. Penso comunque che questo sia un problema comune a molti generi musicali, se non fai le cose in modo che piacciano all’"italiano medio", difficilmente avrai successo. Se parliamo di educazione all’ascolto, non c’è il background culturale adatto».
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