CINEMA E TV
Spider-Man 3, per una ragnatela in più
Spider-Man 3
U.S.A., 2007
Di Sam Raimi
Con Tobey Maguire, Kirsten Dunst, James Franco, Thomas Haden Church, Topher Grace, Bryce Dallas Howard, James Cromwell, Rosemay Harris, J.K. Simmons, Theresa Russell, Willem Dafoe, Cliff Robertson
Anche i cattivi hanno un’anima, magari tormentata e spesso predisposta al perdono. Ce lo ricorda l’ottimo terzo capitolo della saga di “Spider-Man”, blockbuster da 300 milioni di dollari (il più costoso di tutti i tempi) che l’anima mostra di averla e come. Qui c’imbattiamo in Flint Marko (Thomas Haden Church), ladro per forza con figlia malata a carico (e la cui moglie è Theresa Russell, attrice che è sempre un piacere rivedere). Inseguito dalla polizia, finisce intrappolato nella centrifuga di una centrale nucleare trasformandosi nel famigerato Uomo Sabbia, uno dei nemici eletti di Peter Parker, alias Spider-Man, al quale egli tempo prima (quando era ancora un criminale dalle molecole integre) ha ucciso lo zio Ben (Cliff Robertson). E ritroviamo Harry Osborn (James Franco), amico e nemico di Parker - Ragno al quale ha giurato vendetta per via del padre, da lui stimato per quello che non era, ovvero Green Goblin il terribile (Willem Dafoe), fatto fuori dall’agile giustiziere nella prima parte della serie. Dunque, Harry e Peter sembrano legati da un destino che li accomuna, anche se su fronti avversi. Il film sottolinea l’elemento speculare, il riflesso dell’immagine paterna nell’abitazione di Harry, il continuo specchiarsi (anche interiore) di eroi e antieroi al momento della metamorfosi che diventa presto un modo per fuggire da se stessi. Ma in questo logorante processo di sdoppiamento anche i confini tra il bene e il male sembrano confondersi. Una creatura simbiotica aliena, venuta fuori da un meteorite precipitato sulla Terra, s’impadronisce dell’onesto Parker colorando di nero la sua celebre tuta a ragnatela.
Così tra epica e kammerspiel, Sam Raimi ci offre una lettura intimista del suo fumetto prediletto trasformato in uno splendido, avvincente film (qui siamo vicini al capolavoro). Si sa che i supereroi Marvel hanno sempre dichiarato un retrogusto esistenzialista (in una scena Stan Lee, il creatore del fumetto, dice al “suo” Peter: “Sai ragazzo, penso che una persona possa fare la differenza”). Orientato a tessere, nel suo raffinato ordito, un racconto morale sulla necessità del perdono, Raimi regala uno spessore psicologico credibilissimo ai suoi personaggi. Flirtando con la magnifica retorica del mélo (senza mai eccedere), dona con grazia un respiro mitologico alla narrazione. E questo fino al commovente finale, che stavolta vede buoni e cattivi dichiarare i propri traumi originari disponendosi alla redenzione: così Peter elabora il suo lutto per lo zio ammazzato mentre Harry, riscoprendo l’amico, comprende la vera identità del padre cercando la possibilità sacrificale di una nuova consistenza che sappia restituirgli la propria dimensione extra- umana.
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