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Sicilia e rischio default, tanto rumore per nulla?
Attacchi, controffensive e botta e risposta tra governo regionale e nazionale. Al centro delle polemiche, la salute economica della Sicilia
Prima l'attacco di Moody's, le dichiarazioni di Lo Bello e l'ultimatum di Mario Monti, poi la controffensiva di Lombardo, che ha sparato a zero contro tutti; adesso la smentita da Roma sul rischio default per la Sicilia: le ultime ventiquattr'ore sono state tutt'altro che tranquille. Lo scontro istituzionale è stato molto aspro, da una parte il governo Monti che ha sottoposto al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il "caso Sicilia", dall'altro la difesa del governatore siciliano che ha deciso di contrattaccare.
«Non c'é rischio default per la Sicilia. Il problema non è strutturale ma di temporanea mancanza di liquidità ed è stato risolto con trasferimenti per 400 milioni di euro già programmati»: la conferma, relativa al trasferimento di una prima tranche di 400 milioni su 1 miliardo di crediti vantati dalla Sicilia nei confronti dello Stato, arriva da ambienti governativi nazionali.
«Questa è la smentita di quanti, non disinteressatamente, hanno parlato di default e di rischi fallimento per la Sicilia con articoli, interviste e prime pagine di quotidiani nazionali». Lo dice il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo. «Il bilancio della Sicilia è di 27 miliardi, il debito di 5,5 miliardi, il PIL di 85 miliardi di euro. Se confrontiamo il nostro con quello nazionale capiamo meglio: lo Stato ha un PIL di 1600 miliardi e duemila miliardi di euro di debito. Inoltre, lo Stato ci deve circa un miliardo» - continua Lombardo.
L'ex presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, aveva parlato, nei giorni scorsi, di un concreto rischio fallimento: «La Regione Sicilia si trova sull'orlo del fallimento, vicina al default». «Vorrei che taluni imprenditori facessero davvero il bene della Sicilia. Lo Bello - ha replicato Lombardo in conferenza stampa - l'ho incontrato alcune volte nel caso di inaugurazione di impianti fotovoltaici, tipo di investimenti che si è visto essere nelle mani dei mafiosi. Perché non fanno le cose positive invece di dire certe cose?».
E sulle dimmisioni il presidente è netto: «Per quanto mi riguarda è come se mi fossi dimesso ieri. Non voglio però che la Sicilia diventi merce di scambio, in caso di elezioni contemporanee con le politiche, per un ministero in più. Si deve votare prima».
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