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Sgarbi: no definitivo per la candidatura a Cefalù
Arriva il no definitivo alla candidatura a Cefalù: Sgarbi non può concorrere poiché è stato amministratore del Comune di Salemi, sciolto per infiltrazioni mafiose
Vittorio Sgarbi non potrà candidarsi a sindaco di Cefalù: la corte d'appello di Palermo ha confermato quanto stabilito dalla sezione civile del tribunale di Marsala. I giudici di Marsala avevano preso la loro decisione sulla base di una norma del Testo Unico sugli enti locali: Sgarbi non può concorrere perché è stato amministratore del Comune di Salemi, sciolto per infiltrazioni mafiose.
Pesante la replica del critico d'arte, che tramite un comunicato stampa ha dichiarato: «Ringrazio la Corte di Appello di Palermo che, dichiarandomi incandidabile, mi consente di andarmene dalla Sicilia, ritenendolo un luogo dove la democrazia non è condizionata dalla mafia ma dallo Stato». E ha aggiunto: «Adesso ho la certezza di aver avuto davanti una corte di uomini ingiusti, indifferenti alla verità ed ai fatti, e che non hanno alcuna cultura né alcun interesse a combattere la criminalità. Ora possiamo essere certi che non c’è giustizia in Italia e in Sicilia. La mia ultima speranza è che un giudice libero, in Cassazione, cui farò ricorso, ristabilisca la verità contro i ladri di giustizia che hanno umiliato e umiliano la Sicilia».
Nello specifico, ad essere interessato è l'articolo 143 della legge 267 del 2000, il quale recita che “gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo”. Le vicende relative allo scioglimento del Comune di Salemi risalgono allo scorso febbraio: nel momento in cui Sgarbi ricopriva la carica di primo cittadino, secondo gli ispettori inviati dal ministero, l'attività amministrativa era stata condizionata da Giuseppe Giammarinato, interessato da un'inchiesta che ha condotto al sequestro di beni per 35 milioni.
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