LIBRI
"Santa Palermo", un libro specchio di una città
"Santa Palermo" è la seconda prova letteraria di Maria Cubito, edita da Officine Trinacria, un ritratto dei mille volti e delle tante voci di Palermo
Ci sono libri che sono come specchi: alla prima occhiata ti restituiscono già qualcosa di te, che tu voglia o no.
Puoi sfogliarli distrattamente, oppure tuffarti dentro le prime righe e riemergere solo all'ultima parola dell'ultima pagina; puoi tenerli in borsa e assaggiarne un pò alla volta, sull'autobus o nella sala d'attesa del dentista, oppure saltellare senza logica da un capitolo all'altro…niente da fare: alla fine la sensazione è sempre la stessa. Quella di guardarsi allo specchio.
Se siete palermitani, o se Palermo l'avete nel sangue (che è un pò lo stesso), potreste sperimentarlo voi stessi. Basta leggere "Santa Palermo", edito da Officina Trinacria, seconda prova letteraria di Maria Cubito.
Quarantadue anni, speaker radiofonica e blogger, catanese (ma solo all'anagrafe, praticamente per sbaglio), lei Palermo ce l'ha anche in punta di penna oltre che nel dna. Ché se non fosse così difficilmente avrebbe potuto raccontarla in modo così sapiente.
A pennellate veloci, incisive, fulminanti, una per ciascun capitolo, e con il suo personalissimo stile, quello di chi scrive come chiacchierando con un amico davanti a un caffè nella cucina di casa: così Maria Cubito torna a evocare (e invocare, persino nel titolo) la sua Palermo, tre anni dopo il suo fortunatissimo debutto con "Palermo è fimmina, con rispetto parlando".
Dalle infinite sfumature (e "sbafature") linguistiche a quelle gastronomiche (che già da sole basterebbero a riempire intere enciclopedie), dagli stili di vita alle abitudini quotidiane, dai luoghi più noti e frequentati a quelli "interiori", dai vizi alle virtù, c'è dentro una specie di condensato della palermitanità. Dolce e amaro insieme. O sarebbe meglio dire agrodolce, per restare in tema.
C'è il palermitano alla guida: quello della doppia fila, quello del posto prenotato, quello che i fimmini non sono cosa. E c'è il palermitano a tavola: quello delle "iris" e delle ravazzate, e quello dei broccoli in pastella, che tanto si mangiano "senza pane". E c'è il palermitano on the road, quello delle vasate, quello delle taliate.
Ma soprattutto c'è Palermo. I suoi tanti volti, le sue mille voci. E gli infiniti modi in cui questa città si lascia amare, compatire, detestare, sopportare, dimenticare persino. Il suo talento nell'incantare. E nel farti imbestialire. C'è Palermo che è tutto, è sfondo ed è primissimo piano, è movente ed è alibi, è comparsa ed è protagonista.
E non a caso proprio a lei, a questa città da ridere e da piangere, si rivolge l'autrice nella bella lettera che chiude il libro (Spero che tu ti alzi di nuovo e ricominci a camminare. Spero che ti torni il desiderio di impuparti perché bella sei. Ma non te lo ricordi più). Ci sono libri che sono come specchi. "Santa Palermo" è uno di quelli.
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