ARTE E ARCHITETTURA
Restauri eccellenti per due monumenti simbolo della città
Nuovi e importanti restauri sono stati da poco presentati a Palermo, atti a rivalorizzare anelli fondamentali della storia artistica della città. Si tratta in entrambi i casi di imponenti opere marmoree ubicate in due tra i più celebri monumenti cittadini: la Basilica di San Francesco d’Assisi e la Cattedrale. Nel primo caso, la Fondazione Onlus “Salvare Palermo” ha promosso il restauro dell’arco dell’ex Cappella De Chirco, databile al secondo Quattrocento, di forte influenza toscana, non attribuibile a Domenico Gagini, ma probabilmente ascrivibile alla sua bottega o a un artista divulgatore del suo stile.
L’arcone monumentale posto all’ingresso della cappella funeraria, intagliato con motivi a grottesche, elementi naturalistici e mitologici, angeli reggiscudo e testine di cherubini nel sott’arco, conferma il suo intento celebrativo con la presenza di due teste virili di profilo ispirate al tema romano dell’imago clipeata. L’opera presentava una pesante patina di sporco che ne rendeva difficile la fruizione, rimossa grazie al lavoro della restauratrice palermitana Serena Bavastrelli, autrice d’altri recuperi nella Basilica; i lavori sono stati diretti da Vincenzo Scuderi. Il restauro, che verrà presentato mercoledì 14 giugno alle 18 a San Francesco, è stato finanziato dalla Fondazione Banco di Sicilia.
L’apparato si ergeva nella zona absidale per circa 29 m, con tre ordini di statue e formelle, ma fu smontato tra il 1781 e il 1801 per decisione degli architetti Fuga e Marvuglia, autori di alcuni interventi in cattedrale. Attualmente l’opera presenta tre livelli, con le statue di apostoli entro nicchie, le formelle sottostanti e i sei ovali con angeli in altorilievo, soprastanti le nicchie. Il restauro ha permesso di rintracciare sulla superficie marmorea tracce di colore, andato per il resto quasi del tutto perso, di recuperare pezzi mancanti ritrovati per puro caso dal parroco della Cattedrale, Don Gino Lo Galbo, di liberare da superfetazioni in stucco preziose decorazioni e antiche cornici, come pure la figura ai piedi della statua del Redentore di uno dei soldati, celata da un’urna. A questo restauro ha fatto seguito anche quello della statua dell’Eterno Padre nella sacrestia grande, e una risistemazione del tesoro della Cattedrale, con la straordinaria corona di Costanza d’Aragona.
L’arcone monumentale posto all’ingresso della cappella funeraria, intagliato con motivi a grottesche, elementi naturalistici e mitologici, angeli reggiscudo e testine di cherubini nel sott’arco, conferma il suo intento celebrativo con la presenza di due teste virili di profilo ispirate al tema romano dell’imago clipeata. L’opera presentava una pesante patina di sporco che ne rendeva difficile la fruizione, rimossa grazie al lavoro della restauratrice palermitana Serena Bavastrelli, autrice d’altri recuperi nella Basilica; i lavori sono stati diretti da Vincenzo Scuderi. Il restauro, che verrà presentato mercoledì 14 giugno alle 18 a San Francesco, è stato finanziato dalla Fondazione Banco di Sicilia.
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Più imponente ancora l’altro restauro effettuato in cattedrale, quello delle statue e delle formelle del grande retablo posto nella zona absidale e nel transetto, progettato e iniziato tra il 1507 ed il 1510 da Antonello Gagini e completato alla sua morte (1536), fino al 1574, dai figli e dalla sua bottega. L’operazione, finanziata per circa 100mila euro dal Banco di Sicilia, è stata condotta dall’Impresa Ivana Mancino sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza di Palermo e con la direzione dei lavori dell’architetto Giovanni Calabrò.L’apparato si ergeva nella zona absidale per circa 29 m, con tre ordini di statue e formelle, ma fu smontato tra il 1781 e il 1801 per decisione degli architetti Fuga e Marvuglia, autori di alcuni interventi in cattedrale. Attualmente l’opera presenta tre livelli, con le statue di apostoli entro nicchie, le formelle sottostanti e i sei ovali con angeli in altorilievo, soprastanti le nicchie. Il restauro ha permesso di rintracciare sulla superficie marmorea tracce di colore, andato per il resto quasi del tutto perso, di recuperare pezzi mancanti ritrovati per puro caso dal parroco della Cattedrale, Don Gino Lo Galbo, di liberare da superfetazioni in stucco preziose decorazioni e antiche cornici, come pure la figura ai piedi della statua del Redentore di uno dei soldati, celata da un’urna. A questo restauro ha fatto seguito anche quello della statua dell’Eterno Padre nella sacrestia grande, e una risistemazione del tesoro della Cattedrale, con la straordinaria corona di Costanza d’Aragona.
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