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Palermo omaggia Giuni Russo: una via in suo nome
Ad otto anni dalla scomparsa della cantante palermitana, l'amministrazione di Palermo, su segnalazione di cittadini, propone di dedicare una via a Giuni Russo
Pochi sanno che la carriera artistica di Giuni Russo ebbe inizio per strada. Una palermitana caparbia, lei: avendo ricevuto un netto rifiuto dal padre, alla richiesta di prendere lezioni di canto - in casa bastava già la madre, soprano naturale - appena tredicenne ebbe l'idea di pagarsi le lezioni da sé, all'insaputa dei genitori, facendo qualche lavoretto in una fabbrica di imbottigliamento a Palermo. Poi il colpo di scena, poetico e commovente per tutti: in una domenica di passeggio al Politeama sale sul palchetto della musica accompagnata da un'orchestrina: dopo aver spiazzato il pubblico passante, incredulo dei vocalizzi della ragazzina, ci vuol poco a convincere i genitori - rimasti a bocca aperta, pure loro - che la sua era qualcosa di più di una semplice passione adolescenziale.
Arriva dopo otto anni dalla sua scomparsa e dopo cumuli di richieste e proposte inoltrate dai cittadini all’amministrazione, la decisione di indicare alla commissione toponomastica, l'idea di intitolarle una strada cittadina a ricordo di Giuni Russo: "una cittadina illustre", la definiscono dicono l'Assessore Giambrone ed il Sindaco Leoluca Orlando. A chi non comprende quanto la cantante possa essere un orgoglio palermitano e più in generale siciliano, va forse ricordato che la scia del suo passaggio in quel mondo così sbrilluccicante ed impietoso del divismo musicale, ha lasciato segni che vanno ben oltre le meravigliose hit “Un’estate al mare” o “Alghero”, che l’hanno resa celebre.
C’è sempre stata nella voce e nei brani di quella donna nata e cresciuta nel quartiere di Borgo Vecchio, il racconto della Sicilia più impalpabile e sincera: sono storie consacrate dalla firma di Franco Battiato, che, dotato di buona lungimiranza trovò nella voce di Giuni Russo, non solo un caledoiscopico strumento per modulazioni sonore mai sentite prime in musica (dopotutto lei stessa cantava: “Ti potrei cantare la norma di Bellini, con dei fonemi sardi oppure giapponesi, o le trifonie dei mongoli) ma anche l’anima interpretativa perfetta per omaggiare una terra fatta di sole che brucia e persiane abbassate che conciliano la calura e poi oblio e passione.
Ha saputo tutto della “palermitudine”, Giuni Russo: del desiderio di immobilità voluttuosa, della pigrizia, delle facce meditative che sono "quelle del nulla che voglia scrutare gli enigmi del nirvana”. E se è vero che la Palermo che ha lasciato si dice proiettata fuori dalla “Crisi metropolitana”, un omaggio (che resti nel tempo) ad una cantante che la sua città l'ha pure un po' guarita, pare quantomeno doveroso.
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