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Palermo brucia: inferno dantesco e code dei gatti

Secondo alcuni agenti della Forestale, vengono incendiate le code dei felini che, dimenandosi dal dolore riescono ad appiccare il fuoco su più fronti

  • 7 agosto 2012

Cielo rosso, pioggia di cenere, scintille di fuoco. Sembrava la scenografia di un film d’azione, uno di quei film che, con un po’ di fantasia, sconfinano in una catastrofe naturale, in un incendio indomabile che distrugge tutto quello che trova intorno. Qua però, non servono gli effetti speciali. Non esistono attori e comparse, neppure controfigure.

Esistono solo uomini strozzati dalla paura del fuoco che, senza sosta, arde bruciando tutto quello che trova lungo la sua strada. Questo è il nemico cui si è piegata Palermo negli ultimi giorni. Un nemico che uccide e cancella tutto ciò che trova, un nemico che divampa prorompente senza metterti alla pari, schiaffandoti all’angolo inerme. Un nemico che è un titano della natura e che ti rende piccolo piccolo.

Già nei giorni scorsi l’emergenza incendi è stata di una portata incontrollabile. Fuoco e fiamme ovunque, dalla Riserva dello Zingaro, alla discarica di Bellolampo. Incendi che mettono in ginocchio la popolazione, non ultimo quello che si è verificato a Poggio Ridente, collina compresa tra Baida e Sammartino delle Scale che guarda dall'alto la città di Palermo. Una muraglia cinese, visibile non dallo spazio, ma dalla stessa città, nel buio della notte di lunedì 6 agosto, ha messo allerta gli abitanti che hanno subito chiamato aiuto.

Il ritardo nella tempestività dei vigili del fuoco e del corpo forestale, impegnati in altre manovre di soccorso, ha fatto sì che quello che inizialmente era un semplice focolaio divenisse un vero e proprio inferno. Una trappola di fuoco che si è trasformata in un’avanzata inesorabile. Gente evacuata dalle proprie abitazioni e riversata per strada, in un angolo, nel silenzio di una notte scandito solo dal crepitio del fuoco che spietato ha bruciato la vegetazione, gli alberi, le case, persino i pali della luce e del telefono.

Ma è possibile che un disastro simile sia scatenato solo dalla combustione di una sigaretta? Perché è questa la prima risposta che gli addetti ai lavori danno. Incendi causati - a detta loro - da fumatori noncuranti che buttano il mozzicone ai bordi delle strade, in prossimità di zone boschive. E da lì è un attimo. Fuoco, calore, luce e gas si estendono a macchia d’olio senza controllo, scatenando un effetto domino difficile da gestire. Soprattutto durante la notte, nella quale i canadair non hanno l’autorizzazione a volare.

E se si trattasse invece di incendi intenzionali? Sì, di quelli che la giurisprudenza chiamerebbe “dolosi”, quelli appiccati dall’uomo stesso. Chiamarli piromani a volte, appare riduttivo. Soprattutto per le ragioni che stanno dietro la piromania. Spesso si tratta infatti di “ratio lavorative”, spesso, con un’illazione, si sospetta siano gli stessi uomini della forestale che, subiti i tagli al personale, cercano di procacciare “nuovi lavori”.

Una curiosità è rappresentata dalla modalità di diffusione di questi incendi. Da una prima fase di ignizione, dove le fiamme sono ancora basse e soprattutto gestibili, si passa, in un climax crescente, attraverso una rapida propagazione, al cosiddetto flash over, il brusco innalzamento della temperatura con annesso aumento della quantità di materiale che partecipa alla combustione. Escludendo l’arsura di questi giorni e il caldo torrido, tutto ciò come può accadere? Benzina? I famosi mozziconi di sigaretta? Fiamme libere? Certo, pure il vento di scirocco ha fatto la sua parte. No. Niente di tutto questo. O almeno, forse in parte.

Del resto sembra non si possano escludere neanche i metodi apparentemente più strani, se è vero che per scatenare questo "spettacolo pirotecnico", piromani professionisti o improvvisati chiamano in proprio aiuto i gatti. I gatti? Sì, secondo alcuni agenti della Forestale, talvolta vengono incendiate le code dei felini che, dimenandosi dal dolore e correndo alla ricerca di una fonte di salvezza, riescono ad appiccare il fuoco su più fronti, dando origine all’inferno sulla terra. Quello che neppure Dante avrebbe saputo descrivere, perchè non sarebbe bastato il solo Lucifero a vegliare dinanzi alle porte dell'aldilà.

Diossina a parte, quella che si respira nell’aria di Palermo da giorni ormai, ciò che siamo costretti a vedere e a sentire è una pioggia di fuliggine mista ad una puzza di fumo nell'aria che spazza via il profumo di zagare, che graffia la gola e ricopre i tetti delle case, le automobili fino alle strade della città. Se dovessimo raccontare ad un bimbo di questo gioco di luci e calore, diremmo che il fuoco è cattivo, è come un orco bruto che arriva e non guarda in faccia, che giunge brutale cancellando i ricordi, spazzando via la speranza e la memoria, è un orco che bussa alla porta ma non chiede il permesso per entrare. Entra e basta, e senza salutare, austero e indifferente, va via, lasciando solo un po’ di cenere e un odore nauseabondo nell’aria.

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