ARTE E ARCHITETTURA
Ole Henrik Hagen: l’ossessione del vedere
Tante Palermo una dentro l’altra, una matrioska insomma, come nelle opere di Hagen, dove dietro un’immagine ce n’è un’altra, e un’altra ancora
Né fotografia né pittura. L’opera di Ole Henrik Hagen (Oslo, 1955) è una riuscita fusione di entrambe le tecniche, un risultato inaspettato che spinge l’occhio a farsi più astuto e la mente a volerne sapere di più. La sua mostra (visitabile tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 20 in poi, fino al 21 novembre; testo critico di Giulia Scalia) è esposta ad Arèa Contenitoreartecontemporanea, in piazza Rivoluzione 1 a Palermo, dove ad accogliere i visitatori c’è il riconoscibile satiretto, il Genio di Palermo, che da alcuni anni a questa parte dà il nome alla manifestazione palermitana di arti visive, grazie a cui Ole Henrik Hagen è stato due mesi a Palermo, quest’estate, all’interno di un programma di scambi tra il Genio e la Künstlerhaus di Amburgo, dove Hagen vive e lavora. Il soggiorno palermitano lo ha portato a creare queste inedite opere sulla nostra caleidoscopica città. La mostra, in collaborazione con il Centre Culturel Français de Palerme et de Sicile e il Goethe Institut di Palermo, si intitola, in modo velatamente ironico, “Avanti popolo”. Dice lo stesso artista: «Per piazza Rivoluzione non potevo che scegliere un titolo così!».
E forse l’ironia è stata la chiave giusta per parlare di una città così piena di contraddizioni come la nostra, le cui facce appaiono mille, come quelle che l’artista ha provato a raccontare: pistole, cani randagi, alberi secolari, chiassosi festeggiamenti che si colorano di rosa nero. Tante Palermo una dentro l’altra, una matrioska insomma, come nelle opere di Hagen, dove dietro un’immagine ce n’è un’altra, e un’altra ancora, fatta di gesti segnici che si fondono con colori che cambiano con la luce (l’artista usa infatti colori industriali per automobili). Il mio pensiero non può che andare a Gerhard Richter, l’artista tedesco che, oltre ad usare la medesima tecnica di ridipintura di foto, era animato da un’ossessione del vedere e per il quale lo sguardo umano non era mai abbastanza acuto. Ed è il caso che anche il nostro sguardo si affini e provi a penetrare i vari strati dell’arte di Hagen, e insieme, magari, della nostra bella e confusa Palermo.
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