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Musica, musikanten! Un film più forte della realtà

  • 9 febbraio 2006

MUSIKANTEN
Italia, 2005
Di: Franco Battiato
Con: Alejandro Jodorowsky, Sonia Bergamasco, Fabrizio Gifuni, Michela Cescon, Chiara Muti, Manlio Sgalambro, Juri Camisasca, Chiara Conti, Antonio Rezza, Lucia Sardo, Valter Malosti

Nella sala ovviamente gremita del Cine Teatro Metropolitan è andata in scena l’anteprima dell’opera cinematografica seconda di Franco Battiato, “Musikanten”, la cui uscita è prevista nelle sale il 17 di questo mese distribuito direttamente dalla società di produzione “L’Ottava” in collaborazione con Rai Cinema. Presentato all’ultima edizione veneziana nella sezione “Orizzonti”, occorre dirlo, fra molti dissensi di critica e pubblico. Mario Azzolini ha fatto da moderatore al dibattito, presenti Franco Battiato, il filosofo Manlio Sgalambro, cosceneggiatore della pellicola e come ospite d’eccezione, il buon Enrico Ghezzi, uno fra gli estimatori di “Musikanten”. Alludendo con eleganza al vezzo assai trendy dei fischi in sala in occasione delle kermesse veneziana, Azzolini ha definito Ghezzi “l’ospite che viene dal continente”, degno demiurgo di tutti i “Fuori Orario” della nostra vita. Dal canto suo, Ghezzi, celebre per la sua retorica fluviale ed ellittica, questa volta è stato quasi lapidario spezzando una lancia a favore del film visto in una proiezione privata, prima di Venezia, dove si è trovato in “non troppa buona compagnia”. Il critico asincronico ha pure fatto un confronto tra il precedente film di Battiato, “Perduto amor”, che ha come fulcro il concetto di “Tempo”, e questo suo ultimo.

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I ricordi prendono corpo: la figura femminile, vero e proprio sintomo della sicilianità tutta materna, in “Musikanten” è l’attrice Sonia Bergamasco che incarna la dimensione del “fantastico”. E ricordi da filosofo-cinefilo, visto che l’attore principale è il mitico Alejandro Jodorowsky, qui nel ruolo del compositore Beethoven (la somiglianza con Klaus Kinski-Paganini in quel suo ultimo film maledetto è impressionante). Battiato si è naturalmente soffermato ad indicare i nessi e le ispirazioni di questo suo secondo, travagliato lavoro cinematografico, tirando in ballo “Amata immortale”, polpettone di qualche anno fa, dove la figura di Beethoven è stata resa in modo grottescamente caricaturale da Gary Oldman. Il funambolico Sgalambro ha definito questa impresa medianica, sottolineando il personaggio di Marta (la Bergamasco), sceneggiatrice televisiva che rimane coinvolta a tal punto da Beethoven e dalla sua musica da arrivare a vivere un’altra esistenza nei panni del principe Lichnowsky, amico del compositore, nel 1827: una vera e propria identificazione che ha condotto alla suddivisione del film in più movimenti come un concerto. Un film dove la musicalità è tutto e dove qualsiasi suono, anche il più sporco, fa da contrappunto alla sordità di Beethoven, che qui è raccontato quando non era più in grado di percepire neanche gli applausi in platea. Niente a che fare, insomma, con i classici biopic: Battiato crea una struttura narrativa ipnotica (è uno sciamano ad introdurci nell’aurea dimensione) per la sua calata negli antri paradisiaci dello stile di Beethoven (ma sono pure utilizzati brani di Lully, Boccherini ed Händel) per soffermarsi sugli ultimi anni di vita del compositore cogliendone la febbrile ansia creativa.

Ne viene fuori un film “bizzarro”, la definizione è della brava Marina Fabbri, in uno di quei imperdibili servizi realizzati per RaiSat Cinema World quando “Musikanten”, dopo la vetrina veneziana, è stato ospite del festival di Sulmona. Le 46 proiezioni in tutta Italia, a detta di Battiato, non hanno mai evidenziato nessuna reazione negativa da parte del pubblico. Ma come hanno reagito, l’altra sera, gli spettatori palermitani? Con un caldo applauso, naturalmente, anche se qualche perplesso giudizio aleggiava nei commenti al foyer. E’ vero che un film come “Musikanten” non lo vedi tutti i giorni, ma per il riscontro definitivo al botteghino bisogna aspettare l’uscita ufficiale. Noi abbiamo colto alcune intriganti citazioni, come l’immagine al computer dei dervisci danzanti (amatissimi da Battiato e molti li ricorderanno in una delle sue canzoni più famose, “Voglio vederti danzare”) e una da Kieślowski quando Sonia Bergamasco, in un negozio di dischi (il film è ambientato in due dimensioni cronologiche, tra ieri e oggi) e si mette ad ascoltare Beethoven in cuffia come avrebbe fatto Irène Jacob in “Film Rosso”.

Un film che ha anche un chiaro retrogusto politico, come si deduce dal finale che non sveliamo, anche se Azzolini insisteva a raccontarlo (“tanto non è un giallo” ha detto) redarguito da una parte del pubblico che non ha voluto farsi rovinare la sorpresa.
La meritoria anteprima è stata organizzata dalla Kasba Comunicazioni di Fabio Bagnasco e Massimo Pollina (entrambi hanno un’apparizione amichevole nel film), definiti ironicamente "il Gatto e la Volpe”, coppia inossidabile dello spettacolo siciliano. Azzolini si è poi attardato ad evocare una “canzone meravigliosa” come “La cura”, una delle gemme del miglior Battiato, musicista sperimentale, impagabile quando prova a rendere musicalmente concreti i “mondi lontanissimi” dell’altro reale. Nessun paragone ci sembra possibile tra il musicista e il cineasta: a noi “Musikanten” è piaciuto poco ma ci riserviamo di motivare il nostro dissenso in altra sede. Quello che conta è che la serata sia riuscita, che Battiato abbia sciorinato il suo bel carisma e che il pubblico si sia mostrato disposto a seguire quel pifferaio magico che è Ghezzi, un Caronte davvero ispirato a cui è difficile negare un atto di fede, quando si mostra così disposto ad accompagnarci per mano nei territori di un cinema più forte della realtà, (forse troppo) al di là della dimensione del bello e del brutto.

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