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Montalbano stanco di tutto, forse persino di Camilleri

  • 1 agosto 2005

A pochi mesi da un ennesimo successo commerciale, il nostro autore ne combina un'altra delle sue e tira fuori dal cilindro (o dal pacchetto di sigarette?) "La luna di carta" (Sellerio editore Palermo, pp 267, prezzo 11 euro). Andrea Camilleri - per il quale oramai anche aggettivi come prolifico, vulcanico, inesauribile, risultano inadeguati – richiama urgentemente il suo commissario dalla breve vacanza concessagli con "Privo di titolo" e lo mette di nuovo al lavoro, prima o poi il Maestro dovrà misurarsi con le ire della bella Lidia.

Il povero Salvo in questo romanzo ha a che fare con una torbida storia di sesso, droga, corruzione, sporche manovre poliziesche, avvenenti fimminune sicule e colichette notturne del suo omonimo figlioccio, neonato erede di Augello.
Vittima del momento è un informatore farmaceutico, attualissimo stereotipo di losco figuro, privo di scrupoli e "ovviamente" dedito a corruzione, sesso facile e via discorrendo, infatti viene ritrovato cadavere, orrendamente sfigurato e in condizioni apparentemente tutt'altro che equivoche. La vicenda si intreccia e si intorbidisce seguendo schemi ben rodati ai quali Camilleri ci ha già abituati da tempo sfociando, pagina dopo pagina, verso la sua ovvia conclusione. Montalbano in questo romanzo, pur dimostrando ottimo appetito, e immutata attenzione verso tutto ciò che di bello incontra, appare decisamente stanco. Non si alza più all'alba ed ha bisogno addirittura della sveglia, dirada le tonificanti e vigorose nuotate di un tempo preferendo abbandonarsi sul bagnasciuga per lasciarsi pulire l'animo dalla risacca (richiamando alla memoria un altro eccezionale e purtroppo poco noto personaggio di Camilleri: il vegliardo de "La stagione della caccia"), va in giro in auto lento e distratto come un ragioniere in pensione guadagnandosi gli improperi degli altri automobilisti, risulta sempre meno tollerante nei confronti dei suoi subalterni (povero fedele Mimì...) e sempre più rassegnato alla presenza ingombrante dei suoi superiori.

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Pur invischiato nella trama gialla e debilitato dalla sua stanchezza, il nostro caro commissario, che forse meriterebbe veramente un lungo periodo di riposo e cure da parte della sua morbida e dolce compagna, ancora una volta non perde l'occasione di dire la sua su una serie di argomenti spinosi. E tuttavia preoccupa la sua stanca rassegnazione nel constatare le solite vicende di mimetismo politico, di sporchi e sotterranei legami tra "buoni e cattivi", di vicende in cui la luna è appunto quasi sempre di carta e la verità è molto diversa da quello che appare. Vicinissimo nella sua stanchezza e nel suo disincanto ad un simbolo della letteratura siciliana, il Principe di Salina, Montalbano ci inquieta e ci preoccupa perché come Fabrizio Corbera, non è affatto di carta. E' un personaggio vero il Commissario Salvo Montalbano, stanco e disilluso. E' il ritratto di alcuni milioni di suoi conterranei prigionieri senza speranza della stessa stanchezza e della stessa disillusione. Il romanzo è scritto ovviamente bene e grazie a Camilleri non fa più impressione un intercalare siculo in bocca a un laziale o un lombardo. Nonostante non si possa dire ai livelli di altri titoli, "La luna di carta" risulta comunque molto godibile e come sempre avvincente, l'ideale insomma per una lettura estiva con la quale rilassarsi, divertirsi e magari guardarsi un po' in faccia... ma per carità senza prendersi troppo sul serio nemmeno questa volta.

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